STORIA E SVILUPPO DELLA FOTOGRAFIA A MODENA

Qualifiche dell'autore: 
operatrice museale, Fotomuseo Giuseppe Panini, Modena

Com’è nato il Fotomuseo Giuseppe Panini e quali attività svolge?

L’interesse per la storia locale ha indotto Giuseppe Panini a collezionare nel corso degli anni fotografie e figurine antiche.

Le figurine della sua collezione costituiscono il nucleo principale dell’attuale Museo della Figurina di Modena, nato negli anni novanta in seguito alla donazione al Comune di Modena. Il Museo della Figurina è nato dall’appassionata opera collezionistica di Giuseppe Panini, fondatore, nel 1961, dell’omonima azienda, insieme ai fratelli Benito, Franco Cosimo e Umberto. Nel corso degli anni, egli ha raccolto centinaia di migliaia di piccole stampe a colori che nel tempo sono andate a costituire questa straordinaria collezione diventata museo all’interno dell’azienda nel 1986. 

La sua collezione di fotografie, invece, si è avviata con l’acquisto degli archivi degli antichi studi fotografici Orlandini e Bandieri e di numerosissime cartoline d’epoca. Il Fotomuseo è nato per iniziativa di Paolo Battaglia, nipote di Panini, con la missione di trasformare la collezione fotografica in un archivio on line che arricchisse le ricerche intorno alla storia della città e della provincia di Modena, grazie a un vastissimo repertorio d’immagini. Da qui, il Comune, la Provincia e molti privati hanno incominciato a depositare i loro fondi fotografici più antichi negli archivi del Museo, adeguatamente climatizzati per garantirne la giusta conservazione. Le foto più antiche sono più resistenti di quelle contemporanee, però, vanno conservate in apposite scatole con carte non acide, che non intacchino i sali d’argento e le gelatine. 

Quali sono le altre realtà che si occupano di fotografia storica a livello nazionale?

Sicuramente la Fratelli Alinari è la più antica azienda al mondo operante nel campo della fotografia, dell’immagine e della comunicazione. La nascita della fotografia e la storia dell’Azienda sono legate da un percorso comune di evoluzione e crescita, testimoniato oggi dall’immenso patrimonio di 4.000.000 di fotografie di proprietà, raccolto negli attuali Archivi Alinari. Nel 1852, Leopoldo Alinari, con i fratelli Giuseppe e Romualdo, fondava il laboratorio fotografico cuore di quella ditta che ancora oggi porta il suo nome: era l’inizio di un’esperienza unica che, specializzatasi nei temi del ritratto fotografico, delle vedute di opere d’arte e di monumenti storici, riscosse un immediato successo nazionale e internazionale. Oggi Alinari è un marchio che garantisce un secolare bagaglio di esperienza unito a un’aggiornatissima professionalità tecnologica. Nel 2001 si è inaugurato l’archivio digitale, che continua ad espandersi con un aumento costante ed in progress delle immagini consultabili on line.

Tuttavia, senza eguagliare una simile eccellenza, valide realtà nel campo dello studio e della ricerca sono presenti anche a livello regionale, citiamo per esempio la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia o la Cineteca di Bologna, entrambe le istituzioni custodiscono e conservano archivi fotografici di pregio e li valorizzano attraverso la catalogazione.

Che cosa l’attira in modo particolare degli antichi strumenti della fotografia?

Le lastre di vetro, ovvero i negativi, differenti dai rullini della macchina analogica, sembrano oggetti magici, danno l’impressione di vedere la scena di un film fantasy. Della fotografia antica rimpiango l’aspetto artigianale e le enormi macchine fotografiche in legno, che stavano su un piedistallo. Negli archivi e nei musei si trovano spesso anche gli arredi degli studi fotografici, con l’immancabile fondale, ma anche la colonna a cui potere appoggiarsi, perché prima dello scatto occorrevano ben otto minuti di posa. Ma dell’arte fotografica antica ciò che da sempre mi ha affascinato in modo particolare sono i dagherrotipi, vere e proprie immagini d’argento in cui l’ombra di una persona vivente viene fissata per sempre, in una trasposizione mesmerica dell’essenza umana che tanto affascinava gli uomini della fine del XIX secolo.

Come fare ad attirare il pubblico giovane in un museo di fotografia?

È sicuramente molto difficile portare i giovani ai musei, certamente uno staff giovane come quello del Fotomuseo ha più chance di coinvolgere i coetanei alla partecipazione. Tuttavia, la fotografia storica è un tema abbastanza sentito anche dai giovani. Nel nostro settore godiamo di grande considerazione e riceviamo molte gratificazioni in particolare dal mondo universitario. Certo, rimane un settore di nicchia. Occupandomi di didattica nel corso della mia esperienza professionale, ho notato come i giovani, più che come spettatori passivi, preferiscano essere coinvolti attivamente e in modo creativo. Ecco quindi spiegato il successo di iniziative che li stimolano al contatto con i materiali originali, magari relazionandoli con una loro trasposizione virtuale, mi riferisco ad esperienze come quelle del “sensitive wall” del Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo, o alle nuove prospettive ventilate dalla lavagna interattiva e dai suoi molteplici usi anche nel campo dell’immagine e della simulazione virtuale della realtà (si veda il seguente link: http://sketchup.google.com/intl/it/).