SORBARA, IL LAMBRUSCO INTERNAZIONALE

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presidente della Cantina di Sorbara (MO)

Dal 2008, anno in cui lei è divenuto presidente della Cantina di Sorbara, le bottiglie vendute sono passate da seicentosettantamila a un milione. Quali strategie hanno portato a questo risultato?

Innanzitutto, un importante aiuto è venuto dal mercato, perché mentre alla fine degli anni novanta la moda privilegiava i vini rossi molto corposi, negli ultimi anni è passata a preferire vini più leggeri, spumanti a bassa gradazione alcolica, come il lambrusco e il prosecco. In secondo luogo, come Cantina di Sorbara abbiamo lavorato sulla veste grafica delle etichette e abbiamo iniziato una strategia di commercializzazione più incisiva: se prima il nostro vino era commercializzato soltanto attraverso lo spaccio e il lavoro di un agente che curava la grande distribuzione, attualmente, siamo presenti nelle più importanti fiere in Italia e all’estero come il Vinitaly, il Mia di Rimini, il Vinitaly Tour Miami e il Cibus di Parma. Il nostro obiettivo è quello di riuscire a commercializzare circa tre milioni di bottiglie, anche se la capacità della Cantina sarebbe di otto milioni.

Diceva che siete stati invitati al Vinitaly Tour di Miami…

Fino a un anno fa non esportavamo neanche una bottiglia, oggi, invece, la nuova scommessa con il nostro importatore negli Stati Uniti è lanciare un lambrusco d’alta gamma, organizzando presentazioni nelle enoteche e nei ristoranti. Abbiamo realizzato una bella etichetta di colore arancione per un prodotto che sullo scaffale americano costerà circa tredici dollari, un prezzo che vuole differenziarlo dal classico lambrusco, che purtroppo oltreoceano è visto come un vino per il consumo di massa.

Quali riscontri al Vinitlay 2010?

È stata un’edizione commercialmente positiva e, a testimoniare che il Lambrusco di Sorbara rimane impresso nella mente, due importatori americani che avevamo conosciuto a Miami sono venuti a trovarci allo stand. Ha avuto ottimi riscontri anche il Rosa di Primavera, un rosato semisecco che, grazie alla sua morbidezza, incontra il consenso del pubblico femminile, che rappresenta, nonostante ciò che crede la maggior parte dei produttori, una larga parte del mercato.

Avete raccolto i primi risultati della distribuzione nazionale di qualche vostro prodotto?

Il primo prodotto distribuito a livello nazionale della Cantina di Sorbara è stato il Viola d’Autunno, un lambrusco tratto da mosto ma non novello, pronto a fine ottobre con la vendemmia dell’anno in corso: siamo passati da trentamila a sessantamila bottiglie esaurite a dicembre.

Il successo delle iniziative promosse da un giovane presidente testimonia l’efficacia dell’incontro fra generazioni, fra tradizione e innovazione…

Sicuramente, anche se in altri paesi questo incontro è la regola: l’età avanzata della classe dirigente e imprenditoriale è una peculiarità solo italiana. La tradizione è un punto di forza da cui non possiamo prescindere: senza la tradizione dovremmo metterci in concorrenza con paesi che hanno costi di produzione enormemente più bassi. D’altra parte, però, la tradizione da sola non vende e occorre affiancarla con le tecniche moderne di commercio. Gli investimenti importanti nelle nuove tecnologie che usiamo in Cantina sono al servizio della tradizione, ma la vera novità è che abbiamo imparato a investire anche sulla commercializzazione. E per questo c’è voluto un grande coraggio da parte dei consiglieri, che hanno dovuto superare una diffidenza radicata verso operazioni commerciali come la presenza nelle fiere e la cura nella comunicazione, che non danno solo un riscontro immediato ma accrescono il valore complessivo dell’azienda e del suo prodotto. Nel nostro settore sono auspicabili fusioni e aggregazioni – come quella del 2005, in cui la Cantina di Sorbara ha incorporato la cantina sociale di Nonantola, tra i cui soci, nel 1908, c’era il mio bisnonno –; ma, in attesa di altre occasioni, proseguiamo per la nostra strada, senza bloccare gli investimenti, come può essere avvenuto in passato. La cantina sociale come fenomeno culturale nasceva per difendere il produttore esposto al ricatto del commerciante perché – essendo l’uva deperibile – era costretto a venderla in tempi molto brevi. Trasformandola in vino, invece, l’agricoltore aveva maggiore margine di trattativa. La storia del Lambrusco è ancora più particolare perché s’incominciò molto presto a commercializzarlo in bottiglia, già nel 1900 vinse una medaglia a Parigi e intorno al 1863 un articolo della “Gazzetta di Modena” faceva riferimento all’esportazione del Lambrusco in Brasile, Crimea e Inghilterra, qualificato come vino intercontinentale. La forte domanda proveniente dall’estero o dal resto d’Italia comportava la necessità di fornire partite omogenee, che non si differenziassero da un agricoltore all’altro, necessità a cui la cantina sociale poteva rispondere.

Dall’anno della sua nascita (1923), quando ancora la pigiatura dell’uva avveniva pestando con i piedi dentro ai tini, la Cantina di Sorbara ne ha fatti di passi: oggi le moderne tecnologie consentono di offrire un prodotto di alta qualità, diversificato in varie tipologie e denominazioni DOC.

Sicuramente, e a giugno presenteremo le nostre tre nuove linee di prodotti: il Lambrusco di Sorbara Spumante InPurezza (100% Sorbara), Pignoletto Spumante InPurezza (100% Pignoletto) e Lambrusco di Modena a fermentazione naturale in bottiglia.