MUOVERSI IN CITTÀ A EMISSIONI ZERO

Qualifiche dell'autore: 
presidente del Gruppo Termal, Bologna

Termal Group, azienda leader in Europa nel settore della climatizzazione di qualità, da anni conduce una politica a favore dell’incremento delle energie rinnovabili e della mobilità elettrica. Con il marchio Wayel, ha investito nella produzione di biciclette elettriche per assecondare le esigenze della mobilità urbana e intelligente. Quindi, il diritto alla mobilità dei cittadini non è necessariamente in contrasto con il rispetto dell’ambiente?

Il Gruppo Termal, avendo operato nel settore dell’importazione di apparecchiature per la climatizzazione, ha avuto l’opportunità di confrontarsi con molti contesti a livello mondiale. Nell’imprenditoria bolognese sono stato fra i pionieri nella “scoperta” dell’Asia: prima il Giappone e poi la Cina. Ricordo che, subito dopo i fatti di piazza Tienanmen, la mobilità di Pechino era ancora bici dipendente. Anche i taxi erano a pedali! Poi in pochi anni si affermò l’uso di biciclette elettriche e oggi la Cina è il maggior produttore e consumatore mondiale di e-bike. Tuttavia, volendo tradurre quell’idea di mobilità in un contesto occidentale, occorreva tenere conto delle differenze culturali del nostro mercato, quindi, produrre biciclette elettriche che dedicassero grande attenzione al design e assolvessero funzioni differenti, a seconda delle diverse esigenze degli utilizzatori. Abbiamo così studiato il primo modello Wayel: One City. È stata la combinazione, tipicamente italiana, di qualità, efficienza e design che ha fatto la differenza rispetto ad altri prodotti simili. 

Una e-bike prima di tutto bella ma anche densa di tecnologia: l’uso del cardano anziché della catena, l’applicazione delle batterie al litio, compatte, leggere ed asportabili per effettuare la ricarica in casa (mentre in Cina si usava il piombo), fanalerie fotovoltaiche, sellino a cuscinetti d’aria. Insomma, un vero e proprio “gioiellino” il cui slogan commerciale è: “0% emission 100% chic”. Costi di gestione: 1 euro di elettricità per 1000 Km. Elettricità che potrebbe teoricamente essere anche di totale produzione rinnovabile. Una prima seppur piccola dimostrazione che la mobilità dell’uomo non è per natura in contrasto con l’ambiente!

Ed oggi come si sviluppa la vostra idea imprenditoriale originaria?

Continuiamo a percorrere la stessa rotta: capire le esigenze del consumatore e offrire prodotti particolari ed orientati a rispondere in modo opportuno ad ogni specificità. Solo cogliendo queste necessità saremo in grado di estendere il numero di acquirenti e quindi di affermare concetti di eco-mobilità. Io sono contrario alla politica del divieto. Va messa in atto una politica virtuosa fatta di soddisfazioni per affermare nuovi modelli culturali. Durante il recente Salone Internazionale del Ciclo e Motociclo, abbiamo presentato tre nuovi modelli veramente unici della nostra linea Wayel. Long Ride, adatto agli appassionati del cicloturismo consente escursioni estremamente lunghe. Prima e-bike con una autonomia di viaggio fino a 120 Km. Oggi è un record mondiale! A completamento della proposta il motore ad alta coppia da salita, l’assetto di guida “gran turismo” con sellino avvolgente e manubrio largo, ruote antiforatura e centralina di controllo delle tre velocità di crociera (max 25 Km/h per legge) con la speciale funzione soft start per partire in assenza di pedalata fino a 6 Km/h. Ai semafori è una bella comodità! Naturalmente, Long Ride può essere equipaggiata anche con batterie di minore autonomia. Siamo infatti gli unici sul mercato a proporre al cliente di acquistare la batteria separatamente, selezionandola in base alle proprie esigenze di autonomia e possibilità economiche. Offriamo tre size: small da 25 Km Medium da 40 Km e Large fino a 120 Km alla minima velocità. Tutte le batterie sono al litio, asportabili e applicabili ai diversi modelli.

E proprio orientate all’impiego delle batterie small, di soli 1,6 Kg di peso, abbiamo costruito le altre due proposte innovative.

E-BIT è l’acronimo di Electric bike in trolley. Si tratta di una bici pieghevole che può essere riposta in poche mosse in un trolley poco più grande di quelli da aereo.

Credo che E-BIT possa diventare un miles stone della mobilità elettrica. Mi sono ispirato alle abitudini dei giapponesi. In Giappone il treno è il principale strumento di mobilità. Chi lavora a Tokyo spesso vive fuori città e recentemente si sta affermando l’uso di modelli di bici pieghevoli (ma non elettriche), che il viaggiatore utilizza dalla propria abitazione alla stazione riponendola nei diffusi armadietti per il deposito bagagli, a destinazione ritirerà un secondo modello dal proprio armadietto e raggiungerà il luogo di lavoro. Soluzioni più economiche del parcheggio auto o del taxi.

Raccolta l’esigenza abbiamo cercato di andare... oltre. E-BIT è dotata di una cinghia dentata al posto della catena per evitare di sporcarsi nelle pur semplici operazioni di “chiusura”. La soluzione del trolley è ottima per il trasporto in auto o in aereo ovvero per lunghe distanze, tuttavia sarebbe un impedimento nell’uso quotidiano. E-BIT piegata e compattata è facilmente trasportabile anche in treno ed in autobus. È infatti dotata di uno speciale piedistallo che si ricava automaticamente abbassando il sellino, fornendo quindi autonoma stabilità all’oggetto. Sta in piedi o meglio rannicchiata da sola! E-BIT pesa solo 14,4 Kg includendo la batteria small da 1,6 Kg, in pratica uno strumento di mobilità personale diventa... un bagaglio a mano.

Ecò è invece il modello al quale abbiamo affidato il compito di promuovere la cultura della mobilità elettrica in Italia. Il modello è semplice, maneggevole e leggero con un peso a vuoto di soli 18,9 Kg. Mantiene i basilari concetti Wayel di assenza di catena (trasmissione a cinghia) e di asportabilità della batteria ed è adatto a percorsi urbani di corto raggio, così da poter fruire della leggerissima batteria small al litio che poi può essere riposta in un cestino borsa asportabile (optional).

Il prezzo molto competitivo, sotto i 700 euro, risulterà essere la caratteristica basilare di questo modello. La mobilità elettrica alla portata di tutti! Fra i modelli customer oriented, ovvero destinati a risolvere le specifiche esigenze della clientela, non possiamo dimenticare il già presente SUV. È la prima grande interpretazione di utilility nel mondo e-bike. L’acronimo sta per shopping utility vehicle. Si tratta di una bici elettrica dotabile di un grande cestino che viene incassato nel manubrio. Potrà quindi trasportare volumi importanti e pesanti per una bici, lasciando l’auto in garage!

Ma non ci fermiamo alle bici a pedalata assistita, abbiamo in fase di studio un ciclomotore molto innovativo e stiamo valutando l’ingresso nel mondo dei quadricicli leggeri. Dobbiamo infatti dare una risposta di mobilità elettrica per 365 giorni all’anno, anche quando piove.

Cosa possono fare le istituzioni per agevolare l’affermazione culturale della mobilità elettrica?

L’industria, pur appena nata, sta dando dimostrazione di una crescita tecnologica molto veloce. Basti pensare che nel mondo bici in meno di 5 anni si è passati da batterie al piombo da 15 Kg a batterie al litio da 1,6 Kg. Le istituzioni sembrano invece in ritardo. A livello governativo occorrerebbero agevolazioni specifiche ovvero destinate esclusivamente alla mobilità elettrica (dalle 2 alle 4 ruote). Non occorrerebbe tanto denaro per innescare una leva virtuosa per il mercato. Oggi basterebbero 100 milioni di euro espressamente dedicati per fare bene impiantare una industria nuova e promettente anche sotto il punto di vista della occupazione. Invece, i contributi dati sono inseriti in altri contesti di normale mobilità tradizionale a due ruote. Si confondono, non emergono non facendo quindi decollare il settore. Occorrerebbe diffondere rastrelliere per bici nei centri storici con possibilità di punti di alimentazione elettrica, dare libero accesso per le 4 ruote nei centri storici al full electric, con possibilità di parcheggio e ricarica gratuita. Sarebbero necessarie le autostrade del ciclo come nei paesi scandinavi. Ovvero piste ciclabili dedicate e in sicurezza che vadano dalle periferie al centro. Alcuni comuni sono più avanti, altri come Bologna sono all’età della pietra. 

Basta girare per la città per vedere piste ciclabili disegnate sui marciapiedi che improvvisamente si troncano, al solo scopo di raccogliere consensi da parte degli elettori, assenza di rastrelliere e biciclette incatenate a ogni palo spesso semismontate e abbandonate, nell’imperante degrado, assenza di punti di rifornimento e ricarica, assenza di parcheggi destinati al full electric. La politica della mobilità alternativa affidata di fatto ad ATC è stata in questi anni un vero e proprio fallimento. 

E pensare che la provincia di Bologna è la provincia in Italia dove hanno sede i più importanti attori del mercato delle 2 e 4 ruote a trazione elettrica.