QUALE CURA

Qualifiche dell'autore: 
medico, cifrematico

Nel suo libro In direzione della cifra. La scienza della parola, l’impresa, la clinica (Spirali), Sergio Dalla Val narra la sua esperienza di trentasette anni di ricerca, elaborazioni, battaglie, rischio e riuscita insieme ad Armando Verdiglione e altri intellettuali. Leggendo questo libro ci rendiamo conto soprattutto del valore della vita, che nel luogo comune è ridotta a una serie di rappresentazioni e di giustificazioni, pronte a togliere la difficoltà attraverso l’assunzione della sostanza e la scelta della via facile, lungo un’economia del fare, ovvero secondo il principio del risparmio.

Talvolta la vita, l’impresa, i compiti ci sembrano impossibili e quando, invece, ci sembrano possibili ci fanno sentire vittime. Infatti, credendo nella possibilità, ci supponiamo padroni delle cose e pensiamo di potere gestirle, trascurando che essere padroni delle cose ha un’altra faccia della medaglia, cioè essere loro servi. La credenza di potere padroneggiare la vita e i suoi elementi, perciò la parola, ci porta alle rappresentazioni più comuni e più assurde, che possono coinvolgere anche la salute. Spesso non consideriamo che anche il fare apparentemente più semplice non è cosi facile e diamo per scontato quello che facciamo ciascun giorno, considerandolo abitudine, trascurando che niente è naturale. In ogni atto occorre investimento intellettuale più che economico. Quando c’illudiamo che la vita abbia un percorso obbligato con la sua fine naturale, cioè la morte, il fare viene dato per scontato, il rischio negato e la parola risparmiata. La credenza di essere padroni della propria vita e quindi, per altro verso, servi della propria vita porta ognuno alla cura di sé e dell’Altro, perciò alla cura intesa come lotta contro il tempo, contro la morte. Ma il fare lungo il risparmio punta a conservare e a conservarci dalla morte anziché alla battaglia per la riuscita.

C’è poi chi si rappresenta la difficoltà, che invece è originaria, è della parola, non dando per scontate le cose, ma rappresentando la mancanza e l’incapacità di svolgere e concludere il fare: si tratta ancora di un modo per gestire il fare e la parola. Enunciati come “non posso”, “non riesco”, “non sono capace”, “non so”, “non ho tempo” sottolineano il soggetto, sono modi per non occuparsi di quello che occorre fare, ma di preoccuparsi, perdere tempo, ancora scegliendo la via facile.

A pag. 126, nel capitolo L’esperienza di cifra, leggiamo:"Talora, i rimandi e le riserve nei confronti del progetto e del programma sono nutriti dalla paura che le cose finiscano. C’è chi non si stacca dal suo sintomo? Chi non ha dato l’ultimo esame o la tesi? Chi non ha pagato l’ultima rata? Chi non completa la lettura di un libro? Chi non conclude in tempo un articolo o un lavoro? O un contratto? In questi casi è essenziale non cedere all’idea di fine, realizzandola: la riuscita non porta alla fine delle cose, ma alla loro conclusione. Il programma, in particolare, mira a concludere: nessuna riuscita senza la conclusione. Concludere esige non la fine, bensì la finanza, che non è quella presente, quella a cui finalizzare il programma”.

Il disagio viene rappresentato in vari modi, con le malattie o con la paura, che ci impegnano a occuparci della nostra salute e a prendersi cura di sé o dell’Altro, a credere nel male e nella pena, cercando di toglierli e sostituirli con il bene. Ma quale male e quale pena? Quale riscatto? E se non ci fosse nessuna pena da scontare, nessun soggetto alla pena e nessuna vittima? Occorre uno sforzo in direzione della qualità, lasciando alle spalle il bene e il male e tutte le loro rappresentazioni e riscatti. Occorrono i dispositivi della cura, intesa non come cura del soggetto, della vittima, non come cura di sé e dell’Altro, ma come instaurazione di dispositivi di ricerca e di battaglia.

Nessuna conoscenza: ammettendo la conoscenza, accettiamo il bene e il male, affermiamo il soggetto e la vittima, mentre la cura esige l’arte, i dispositivi della parola, il progetto e il programma che riguardano ciascuno, un ambito in cui la psicanalisi e la cifrematica hanno dato un grande contributo.

Ciascuna volta dinanzi alle difficoltà e al disagio, quando ci sentiamo sconfitti, dobbiamo chiederci se per caso ci troviamo in una situazione che non coincide con la nostra idea di bene, un bene ontologico, un’idea di bene dovuta ai principi e alle regole imposti dalla famiglia o dalla società, un’idea generica che trascura l’individuo. In ciascun atto di parola accade qualcosa di originario. Quante volte ci capita di dire: “Io non volevo dire questo”. Allora ci rendiamo conto che è impossibile controllare e gestire la parola, perché è impossibile controllare l’inconscio. Per lo stesso motivo non potremmo mai fissare un’identità che appartenga al bene o al male.

Il disagio e l’impossibilità delle cose in cui ci troviamo non sono altro che occasioni per mettere in questione le nostre convinzioni, il nostro sapere a priori, per poter osare e per rischiare incominciando un viaggio, lasciando alle spalle i dubbi. Se mettiamo dinanzi il dubbio, l’ossimoro bene male, restiamo paralizzati o ipnotizzati a compatirci e a rappresentarci come vittime del destino, della società, della famiglia, del lavoro e così via.

Il viaggio non può essere finalizzato, perché esiste in ciascun atto di parola. Come instaurare la parola perché la vita di ciascuno giunga alla qualità, come far sì che ciascuno possa valorizzare il progetto della sua vita per il quale importa vivere e non morire?

Sergio Dalla Val scrivendo questo libro ha dato un grande contributo alla psicanalisi e alla cifrematica, elaborando i significanti e le questioni più importanti della vita che riguardano ciascuno di noi. Leggendo il libro avremo l’occasione di intendere l’importanza di questioni essenziali come l’amore, l’odio, la famiglia, la comunicazione, l’economia e la finanza.

 

 

**L'articolo di Panteha Shafiei è tratto dal dibattito La scienza della vita, che si è tenuto a Ferrara il 5 marzo 2013, intorno al libro di Sergio Dalla Val, In direzione della cifra. La scienza della parola, l’impresa, la clinica(Spirali).