LA CULTURA DELL’ALIMENTAZIONE PER LA SALUTE DI CIASCUNO

Qualifiche dell'autore: 
socio del ristorante Gaya Cafè Project

La salute si avvale dell’alimentazione e Gaya offre l’occasione per esplorare la cultura della cucina sana. Com’è incominciato il vostro progetto a Bologna?

Alla fine degli anni settanta, è stato inaugurato il centro naturista bolognese, una realtà assolutamente nuova in Italia, destinata a divenire una scuola per centinaia di persone. Nel 1994 ho avuto la fortuna di rilevarne la gestione e rilanciare la struttura quando aveva duemila e cinquecento soci, con il ristorante, la sauna, la libreria, il negozio biologico e soprattutto uno dei pochi centri in Italia dove si tenevano corsi sui temi più disparati. Ho gestito il centro per dieci anni e poi sono andato via conservando la memoria di questa esperienza che, qualche anno più tardi, ha comportato che avviassi una struttura analoga a Lugano fino a quando, qualche tempo fa e per una serie fortuita di casi, con Fabio Ghellere abbiamo deciso d’investire anche a Bologna.

Cosa s’intende oggi per cultura dell’alimentazione?

Aldo Busi direbbe che la cultura dell’alimentazione sta nella coltura, io ritengo quindi nella ricerca della materia prima e nella possibilità di valutare le variabili della sua trasformazione.

Anche per questo collaboriamo con i G.A.S. (gruppi di acquisto solidale) di Bologna, per le certificazioni biologiche e l’indicazione della materia prima a chilometro zero. Non ha senso acquistare materie prodotte in paesi lontani, anche se sono di ottima qualità, perché favoriscono l’inquinamento e non sviluppano l’economia locale.

Si parla tanto di alimentazione, ma c’è invece grande ignoranza su questo tema, che spesso è tenuto in secondo piano. Questo pregiudizio comporta che le persone si occupino di alimentazione solo in seguito all’insorgenza di una malattia. Non a caso i tumori più diffusi sono quelli all’intestino o allo stomaco. Anche se c’è chi ritiene che ciò dipenda dal fatto che nel dopoguerra si attuava l’idrogenizzazione dei grassi, non possiamo trascurare la loro forte incidenza nelle generazioni degli anni ottanta, quella degli omogeneizzati. La cultura dell’alimentazione non serve soltanto a mantenere la forma fisica, ma anche a mantenere la salute globale della persona. Per questo ritengo che occorra divenire insegnanti della propria cultura alimentare. Ciascuno può trovare il dispositivo alimentare che gli è più congeniale e sviluppare metodi di alimentazione personali nella scelta del cibo e nel momento in cui gustarlo. Dall’alimentazione può sorgere una strategia per la qualità della vita.

In occidente la cura è intesa come un intervento a cui ricorrere in seguito alla malattia…

Alcune scuole di cucina hanno intenti curativi, ma ritengo che il cibo debba offrire uno stile di vita globale, nel senso che mangiare bene e vivere bene devono coincidere.

Negli ultimi anni, assistiamo a una grande diffusione di allergie e intolleranze e si calcola che in un futuro prossimo ci sarà un aumento esponenziale della celiachia, causata dalla trasformazione genetica del grano negli Stati Uniti, che ha comportato l’aumento della percentuale glutinica nella nostra alimentazione. Nel nostro ristorante dobbiamo confrontarci costantemente con le richieste più svariate della clientela a causa delle intolleranze più diffuse, come quella alle proteine del latte.

Non è un caso che sempre più clienti chiedano un tipo di cucina vegana, che non utilizza nemmeno i derivati di origine animale.

Quali sono gli alimenti che possono dare giovamento a ciascuno?

I cereali biologici integrali, per esempio, possono avere effetti interessanti, ma devono essere lasciati in ammollo prima della cottura. Anche l’acqua è fondamentale perché costituisce il novanta per cento del nostro corpo. Noi abbiamo predisposto un sistema radionico per energizzare l’acqua che prevede la ionizzazione e la decalcificazione in modo assolutamente naturale. Recentemente, abbiamo incominciato a proporre preparati della sana tradizione italiana, come il burro ghee, per esempio, un ingrediente che molti attribuiscono alla tradizione orientale, mentre fa parte di un’antica tradizione della nostra cultura popolare che applicava il metodo di preparazione del ghee per la conservazione del burro quando ancora, non essendoci il frigorifero, gli alimenti grassi erano soggetti più facilmente a decomposizione. Il ghee è un processo di chiarificazione del burro che dura dalle quindici alle diciotto ore: il burro viene lasciato a bagnomaria in modo che tutte le impurità e la parte sierica vengano a galla, consentendo la separazione dei grassi. Con questa procedura il burro acquisisce anche effetti terapeutici avvalorati da una lunga tradizione medica ayurvedica, e non solo, che sono trascritti in molti testi buddisti. Era infatti un prodotto conosciuto non solo in India, ma anche in Giappone, dove era utilizzato come alimento e come medicinale, oltre che nella cerimonia buddista tibetana del pancha karma, che prevede una purificazione profonda attraverso il digiuno e l’assunzione di notevoli quantità di ghee.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Oltre all’apertura di Gaya Project Café in altre regioni italiane, abbiamo in programma d’integrare il ristorante con terapie non convenzionali, come ad esempio lo yoga, per diffondere la cultura dello stare bene non solo rispetto all’alimentazione.

Gaya è infatti il nome della terra e noi riteniamo che adesso occorre integrare i vari elementi della vita, privilegiando l’aspetto più accogliente della terra, che offre i suoi frutti come la madre che aiuta a crescere.