UN PRESAGIO PER L'EUROPA

Qualifiche dell'autore: 
assessore alla Cultura alla Provincia di Bologna, dottore di ricerca in Estetica

Colgo l’occasione per dire della mia personale soddisfazione, a proposito di quanto ricordava Sergio Dalla Val, in ordine all’attenzione reciproca e forse alla convergenza nel comune interesse verso occasioni d’incontro non superficiali, ma di approfondimento, come quelle che l’Associazione Culturale Progetto Emilia Romagna e il club Il Secondo Rinascimento favoriscono.

Noi sosteniamo un atteggiamento aperto e una visione pluralistica nei confronti della cultura e siamo lieti che le sale dell’Amministrazione provinciale siano frequentate da punti di vista che arricchiscono il dibattito nella città di Bologna.

Quanto al libro di Carlo Sini, La libertà, la finanza, la comunicazione, che discutiamo stasera, vorrei notare che nasce dalle giornate di Villa San Carlo Borromeo, precisamente tra il 26 e il 27 agosto del 2000, e che riprende un saggio, La carta europea dei diritti fondamentali, che è stato pubblicato nella sua prima edizione nel novembre del 2001.

Dico questo perché, insieme a un riferimento molto saldo alla prospettiva teoretica di Sini, il libro dispiega una serie di osservazioni sull’attualità, colta nelle sue strutture significative, e lo fa, sorprendentemente, con una certa visione presaga di quello che sarebbe accaduto l’11 settembre 2001.

Ci sono, poi, aspetti interessanti anche per ciò che concerne questioni di cui mi occupo all’interno dell’Amministrazione provinciale. Ho trovato, per esempio, molto calzanti alcune riflessioni sul turismo ed estremamente pertinente la critica a una certa idea del tempo libero che Sini rivela essere oggi sempre più svuotata di senso, nell’incalzare delle cose che facciamo.

In tema di economia, Sini parte da un’osservazione molto serrata sulla tendenza proiettata verso un’economia affidata ai servizi immateriali e non più alle condizioni materiali della produzione in senso stretto, così come è accaduto tradizionalmente nelle varie fasi dell’industrializzazione sino alla grande manifattura.

La sua critica parte dal dato secondo cui, anche nel nostro paese, abbiamo ormai una produzione immateriale legata ai servizi che sfiora il 65%, una produzione di merci attestata intorno al 30% e un residuo 5% di produzione agricola.

Il riferimento è alla distinzione canonica dei settori produttivi in primario, secondario e terziario — agricoltura, produzione materiale e produzione immateriale —, così rappresentativa del nostro tempo e delle zone attualmente più sviluppate del mondo, che Sini collega con un puntualissimo riferimento al tema degli squilibri internazionali.

Una parte della visione di Sini che mi ha preoccupato è l’atteggiamento severo che egli esprime verso l’Europa. Su questo francamente dichiaro la mia resistenza, nel senso che ho difficoltà a seguire, nelle sue formulazioni radicali e conseguenti, un punto di vista così negativo sull’Europa.

Sini esprime un’idea di razionalismo consapevole dei limiti della razionalità, quindi un’idea che, applicata al campo della politica, riconosce talune distorsioni e talune criticità dei regimi democratici. Proprio per questo credo che sia utile confrontarsi con questo suo testo e con l’analisi in esso contenuta alle disfunzioni delle democrazie più evolute proprio al fine di rendere ancora più robusta e consapevole l’esigenza di un pieno sviluppo dei fondamenti democratici.

In questo senso, il libro s’inserisce in una certa fase che riguarda anche le vicende della filosofia italiana ed europea. Non voglio banalizzare troppo il testo di Sini, collocandolo nella temperie del dibattito filosofico italiano e, in tal senso, provincializzandolo; però sicuramente non mancano espliciti cenni al cosiddetto pensiero debole.

Mi sembra che vi sia, anche a questo riguardo, un arricchimento della prospettiva del pensiero razionale, che non dismette però l’esigenza di costruire adeguate strutture del pensiero, puntando esplicitamente sul carattere correggibile, rivedibile, non definitivo di ogni assunto del pensiero.

Questo libro ha qualcosa, inoltre, di presago. La visione di Sini anticipa questioni che, probabilmente, erano per lui già abbastanza evidenti nel momento in cui egli si è dedicato alla stesura di questo lavoro e che si sono rivelate drammaticamente vere nelle cose accadute successivamente alla redazione del libro.

Il riferimento è soprattutto al confronto interculturale tra i paesi cosiddetti sviluppati e quelli in via di sviluppo e al rapporto tra l’Europa, gli Stati Uniti e il mondo islamico, anche relativamente alla questione femminile.

A questo proposito trovo che le osservazioni di Sini esprimano bene la nostra titubanza nei riguardi di un aut-aut troppo netto verso altre civiltà, nell’ambito d’un confronto interculturale talora molto aspro; e ci rendano più sensibili al fatto che la questione non è quella di costringere nella gabbia delle nostre patologie forme culturali che meritano, invece, in primo luogo, rispetto e soprattutto comprensione, sul piano cognitivo ed etico, come si conviene verso ogni forma di civiltà.