UNA QUESTIONE DI CERVELLO

Qualifiche dell'autore: 
presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, docente d’Ingegneria Sanitaria Ambientale all’Università La Sapienza di Roma

Saluto e ringrazio le associazioni culturali ferraresi “Il Circolo” e “Il secondo rinascimento” che hanno organizzato questa presentazione del mio libro Il viaggio dell’avvenire, che è un libro un po’ atipico, non è un libro legato alla mia professione, né un libro sui trasporti: è un libro che disegna ciò che potrebbe essere o che sarà il mondo, la vita, sul pianeta nei prossimi decenni.

Voi sapete che la conoscenza acquisita dagli uomini nei secoli è cresciuta pian piano, con un andamento regolare, ha avuto dei picchi nel Rinascimento, ma poi praticamente non sono stati fatti grandi progressi nell’Illuminismo. Negli ultimi due o tre secoli, invece, l’accelerazione è diventata tale che la retta è quasi verticale, dieci anni fa la conoscenza si raddoppiava in cinque anni, cinque anni fa in due e oggi in meno di un anno.
Eppure noi teniamo sempre conto del passato perché siamo dei conservatori nati: facciamo ancor oggi l’automobile come se fosse una carrozza, abbiamo fatto i fari, ma chi l’ha detto che i fari debbano essere due? I cavalli! E misuriamo la potenza dell’automobile ancora in cavalli. Siamo tanto conservatori che lasciamo le strade della provincia di Ferrara com’erano per i cavalli, per la stessa ragione lasciamo come sono quelle del centro storico. È evidente, però, che oggi possiamo e dobbiamo cambiare almeno quelle esterne.
Ma ho sentito nelle parole del consigliere del Comune di Ferrara qui presente e di tanti ferraresi molte assonanze con quello che sento in Calabria, la mia terra d’origine, in cui sono recentemente ritornato. Parole di pessimismo: “Noi siamo isolati”, “Chissà quando faremo, chissà se faremo”, “Aspettiamo che ci diano”. Questo pessimismo di fondo l’ho sentito al Sud, ma io sono andato lì per dire che non devono aspettarsi nulla, che devono lavorare ed essere loro i protagonisti e non aspettare che siano altri. Anche nell’imprenditoria ho sentito dire: “Qui siamo tutti pendolari”. Incredibile. Qui a Ferrara c’è una situazione storica simile a quella del Sud, la gente non è abituata a fare impresa. 
Chi vuole fare impresa oggi nel Sud? I giovani o anche le persone di età media, che hanno fatto esperienza al Nord, in Francia, in Germania o in Svizzera. È un’evoluzione, e questo fenomeno si accentuerà anche qui, perché l’origine è la stessa, qui c’era la classe operaia e contadina, c’era il salariato, non c’era il mezzadro, che era abituato a fare impresa perché doveva produrre dieci quintali di grano per tenerne cinque per sé e doveva industriarsi per riuscire. Il salariato invece è lontano da questo concetto, vuole il due per cento in più di salario alla fine del mese e ci dev’essere qualcuno che glielo dà, altrimenti sciopera: si aspetta la manna dal cielo, si aspetta sempre qualcuno che gli venga incontro. E così fanno gli amministratori. Ciò che sta cambiando invece è la mentalità dei giovani, quelli che sono tornati, che hanno capito come bisogna fare. Devo dire che vengono aiutati dalla normativa oggi, al Sud c’è l’Obiettivo 1, qui c’è l’Obiettivo 2, ma ciò che manca è il senso della programmazione. Allora, io ho insegnato ai sindaci e ai giovani che sono tornati al Sud a fare il project financing. Tutti venivano a chiedere finanziamenti per ristrutturare i cimiteri, per esempio, ma io ho suggerito di fare il project financing e così il pubblico non ha dovuto dare neanche una lira, anzi, con questo metodo, sono avanzati anche i soldi per le infrastrutture. 
La stessa cosa si può fare con l’acqua. Se si gestiscono privatamente le risorse idriche integrate, le società faranno a gara per partecipare. Questo cambio di marcia implica che le regioni non siano abbandonate e non si abbandonino ma utilizzino al meglio ciò che hanno. E qui a Ferrara c’è tanto. È vero che può non essere economico riprendere il discorso della via fluviale, ma è anche vero che quella dell’utilizzo dei fiumi a scopo di sviluppo è una possibilità da discutere: pensiamo alla navigazione interna per far vedere le bellezze del territorio, per raggiungere luoghi altrimenti non raggiungibili, per attirare turismo giovanile scolastico. Questa diventa una miniera. È vero che non c’è la fila degli industriali per fare questo lavoro, ma si può fare in diversi modi, e può esserci l’interesse non solo di chi è di queste zone, ma anche di altri che vogliono venirci. Se si vede il contesto da un punto di vista dinamico, il problema della navigazione interna diventa un’altra cosa. Si deve discutere con gli abitanti di Cremona e con quelli di Mantova, perché il Po va navigato tutto, è una risorsa formidabile per ciò che può significare nelle attività di svago e di turismo. Oggi i tempi di lavoro sono sempre più ristretti, “mancano le strade, allora utilizziamo la telematica”, si dice. Ed è giusto, ma la comunicazione dobbiamo vederla in termini più complessivi. Nella nuova economia, partiamo tutti dallo stesso punto, non siamo nella vecchia economia in cui sono favoriti coloro che hanno il background, tutti sono uguali, anche nelle province più arretrate vediamo decine d’iniziative nuove. Un mio nipote, per esempio, dopo essersi laureato in lingue ha svolto lavori bellissimi d’informatica, tant’è che lo hanno chiamato a lavorare alla Telecom. Ma lui dopo dieci giorni è scappato via perché si è messo in proprio e guadagna tre volte tanto. Non solo, se si rompeva il computer doveva aspettare un’eternità prima che lo riparassero, sembrava di essere al ministero. La nuova economia, insomma, è una questione di cervello.