PER UNA TERRA MIGLIORE

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presidente di Nobili Spa, Molinella (BO)

Il primo brevetto della Nobili è stato depositato nel 1950, quando ancora si chiamava O.N.E., Officine Nobili Efrem, e da allora l’azienda di Molinella, leader nel settore della meccanizzazione agricola e in particolare dell’irrorazione e della trinciatura dei residui colturali, non ha smesso di annunciare al pianeta il secondo rinascimento delle invenzioni per la meccanica al servizio della terra. Nell’anno in cui in Italia si tiene l’Expo dedicata al tema del nutrimento del pianeta, Nobili S.p.A. è giunta a celebrare i primi settant’anni, costellati da una serie infinita di innovazioni per migliorare la qualità della terra e della vita di chi la lavora ciascun giorno. E non solo. Quando acquistiamo un frutto o sorseggiamo un buon vino, per esempio, spesso dimentichiamo che giungono sulle nostre tavole grazie alle mani ingegnose di uomini che hanno progettato, costruito e testato le macchine agricole che contribuiscono al nutrimento della terra. Sono sempre più i paesi del pianeta che si avvalgono delle trince e delle irroratrici a marchio Nobili per la gestione di colture in pieno campo, la frutticoltura e la viticoltura. Anche per questo, ben oltre le facili spettacolarizzazioni, sono diversi i riconoscimenti che avete ottenuto per le vostre innovazioni tecniche e per il suo personale impegno. Fra questi anche quello che le ha conferito il Ministero dell’Agricoltura francese con la medaglia di Cavaliere al Merito Agricolo, che fa parte dell’Ordine della Legion d’Onore. Sono varie le pubblicazioni che raccontano il suo itinerario imprenditoriale, tradotto nell’aforisma che campeggia nella sede di produzione: “La qualità è la quantità del domani”…
L’azienda è stata fondata nel 1945 da Efrem Nobili, geniale inventore di Molinella, il cui busto dimora nel piazzale d’ingresso dell’azienda. All’epoca, gli agricoltori utilizzavano prevalentemente l’animale come mezzo da traino, occorreva quindi rendere più agevole e efficace il lavoro nei campi. Incominciai a collaborare con Nobili nel 1962, ma solo alcuni anni dopo la sua scomparsa ho assunto la scommessa di rilanciare i destini dell’azienda, costituendo con altri due soci la Nobili S.p.A. La mia aspirazione, fin da quando ero studente e durante le prime esperienze lavorative, era quella di gestire un’attività in proprio. Nel 1956, dopo avere conseguito il diploma di perito meccanico all’Istituto Aldini Valeriani di Bologna, ho incominciato l’esperienza lavorativa nell’ambito della progettazione e nella realizzazione di macchine automatiche. Inoltre, avendo frequentato il Corso Allievi Ufficiali nel settore della motorizzazione durante il servizio militare, ho acquisito quella formazione alla disciplina e al rigore che è determinante per gestire l’azienda e i collaboratori. Al termine del corso ho conseguito la nomina di sottotenente e ho svolto il servizio nello stabilimento militare di Bologna, l’OARE, nel reparto collaudo dei mezzi militari incidentati. L’organizzazione del lavoro era così capillare da risultare un’esperienza preziosa, qualche anno dopo, nella direzione di un’attività complessa come quella dell’impresa.
Oggi, anche i suoi figli lavorano in azienda…
Dopo avere seguito percorsi formativi autonomi, avrebbero potuto intraprendere una carriera in ambiti differenti, ma hanno trascorso parte della loro infanzia in azienda e questo non è stato indifferente nella decisione di mettere a frutto i loro talenti nella Nobili. Quando hanno espresso il desiderio di lavorare con me, ne sono stato felice. Grazie al loro contributo, oggi abbiamo sviluppato rapporti commerciali con nuovi paesi esteri, oltre a quelli con cui avevo già avviato collaborazioni, come Cina, Jugoslavia, Romania e Stati Uniti. Dal 1986 abbiamo siglato un accordo con la multinazionale francese Kuhn, colosso mondiale della meccanica agricola, che annovera le nostre trince nella sua gamma di produzione: le macchine hanno i colori e il logo di Kuhn, ma riportano la scritta “prodotte da Nobili S.p.A.”. Inoltre, abbiamo attivato un nuovo modello di organizzazione aziendale che ottimizza il processo produttivo. Le nostre macchine sono costruite su misura per gli agricoltori delle diverse aree del pianeta, anche per questo abbiamo investito in nuovi spazi per la ricerca e lo sviluppo dei prototipi, qualificando il servizio di post vendita e predisponendo un’area dedicata al servizio ricambi su tutte le macchine prodotte in settant’anni di storia.
Le vostre macchine sono frutto non solo dell’investimento continuo in nuove tecnologie, ma anche dell’ascolto attento degli agricoltori di tutto il mondo attraverso la sperimentazione sul campo. Questa logica, che va oltre gli standard, è ancora la carta vincente delle imprese italiane?
Gli italiani sono persone con inventiva, intuizione e genialità. Nell’area tra Modena e Bologna è sempre stata vincente l’integrazione tra produzione industriale e territorio. Un’idea poteva essere sviluppata perché nel giro di pochi chilometri operavano tante piccole aziende di subfornitura che concorrevano insieme alla sua realizzazione. Purtroppo, questo contesto è cambiato negli ultimi anni. Le piccole aziende che scommettevano sulla qualità oggi sono danneggiate dalla concorrenza esasperata, che fa prevalere la logica del prezzo più basso. Stiamo perdendo quel prezioso patrimonio manifatturiero che ha fatto grande questa regione. Come ricordava lei, il nostro motto è invece che la qualità è la quantità del domani. Con la globalizzazione, la proposta di prodotti esteri a basso costo e di scarsa qualità è talmente varia che si può cadere in tentazione. Inoltre, l’impoverimento generale delle famiglie italiane ha reso più appetibili sul mercato prodotti di scarso valore.
In Italia è notevole l’attenzione alla genuinità dei prodotti della terra. Tuttavia, molte imprese del settore macchine agricole sono in difficoltà. Come mai?
L’agricoltura purtroppo non è sostenuta finanziariamente. Un agricoltore che ha seminato il grano in novembre non sa quale sarà il fatturato dopo il raccolto, non esiste un prezzo fisso per il grano. In agricoltura, i prezzi sono stabiliti secondo l’andamento del mercato nel momento della raccolta. Fino a qualche decennio fa, la strada che collega Bologna a Molinella era costellata di alberi da frutto, oggi invece non se ne vedono quasi più. La gestione del frutteto implica grandi quantità di manodopera per la potatura, la raccolta e i trattamenti. Questo determina l’incertezza dei costi e degli utili. Inoltre, i governi hanno tempistiche a lunga scadenza per il rilancio di progetti imprenditoriali. Noi, per esempio, abbiamo investito nella raccolta della biomassa per ricavarne energia elettrica, ma ancora non sono stati attuati i decreti che ci permettono di farne uso e di venderla.
In agricoltura sono utilizzati ancora trattori o irroratrici non consoni alle nuove norme sulla sicurezza. FederUnacoma, la Federazione Nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura, ha sempre cercato di mediare con i governi per avere finanziamenti che consentissero il rinnovo delle attrezzature. Oggi ci sono i PSR, Piani per lo Sviluppo Rurale, che raccolgono finanziamenti europei per l’agricoltura attraverso il contributo di ciascun paese membro. Tali fondi vengono ridistribuiti ai vari paesi dell’UE in forma di finanziamenti destinati allo sviluppo agricolo. Per accedervi gli agricoltori devono presentare domanda alle regioni o ad altri enti locali, ma le istituzioni spesso non hanno la capacità di esaminare i Piani e i fondi tornano all’ente preposto. Questo significa che l’Italia perde i contributi versati inizialmente perché non utilizza i fondi.
Cosa occorrerebbe per sostenere le aziende del territorio?
È urgente una riduzione della tassazione. È necessario che le imprese abbiano più liquidità al loro interno. Inoltre, le banche dovrebbero avere il coraggio di dare credito ai progetti validi, incominciando a considerare il sostegno alle imprese del territorio un investimento anche per il loro futuro.