L'INVENZIONE NON È CONFORME AGLI STANDARD
In
questo numero apriamo il dibattito sull’anomalia, intesa non come segno del
negativo, ma come qualcosa che non si conforma al luogo comune. Investire nella
siderurgia in Italia è oggi un’anomalia e il Gruppo che lei presiede sembra confermare
questa anomalia… La
siderurgia italiana ha una grande tradizione che costituisce la base per il
rilancio del paese. Io continuo a investire in questo ambito per uno spirito
costruttivo che fa parte dell’educazione che ho ricevuto sin dagli anni
settanta e ottanta, quando ho incominciato a operare nel settore. Questo
spirito costruttivo è incominciato negli anni cinquanta a Bologna con
l’invenzione delle prime macchine automatiche.
All’epoca, poco
dopo la fine della seconda guerra mondiale, aprire un’attività era un’anomalia.
Le macchine
automatiche di quegli anni furono costruite per riprodurre barattoli di latta
utilizzati per la conservazione delle scorte alimentari dei soldati americani,
oppure scatole di varie forme, come quella del lucido da scarpe che si apriva avvolgendo
su se stesso il coperchio di latta. Quei primi tentativi erano l’occasione per
mettere all’opera le nostre capacità inventive e tecniche.
Inoltre, era parte
di quello spirito costruttivo cogliere ciascuna occasione della giornata per
confrontare idee e progetti, di sera, di notte e anche al bar. Il tessuto delle
aziende manifatturiere di Bologna è il risultato di questo scambio di parola
incessante, che derivava dall’esigenza di trasmettere la propria esperienza e
di sperimentare nuovi metodi tesi a migliorare le tecniche di produzione.
Dall’incontro delle
idee e delle mani di quegli uomini sono nate le migliaia di aziende che operano
oggi in Emilia.
C’è una
relazione tra anomalia ed esperienza? Sì,
perché soltanto sperimentando ciò che non è conforme allo standard è possibile
inventare nuovi modi di produrre. Non c’è invenzione nel replicare qualcosa di
già acquisito. Per questa ragione, nelle aziende del nostro gruppo è essenziale
lo scambio continuo di parola e di idee. I nostri venditori si predispongono all’ascolto
in una condizione di umiltà tesa a contribuire al benessere economico del
cliente, al punto che questi diventa nostro alleato e ci domanda riferimenti di
aziende e informazioni sul mercato anche per aspetti che non sono di nostra
pertinenza.
In
che termini il Gruppo S.E.F.A.
Holding
è un’anomalia? I
dispositivi con i nostri clienti sono propedeutici allo scambio di idee e alla
trasmissione delle nostre capacità, prima ancora di essere funzionali al
profitto finanziario.
Così abbiamo
costruito il nostro patrimonio di alleanze, che ha comportato la trasformazione
della nostra produzione per offrire servizi ulteriori alla fornitura della materia
prima. Il nuovo servizio S.E.F.A. Machining Center ci consente, infatti, di
fornire non solo acciaio grezzo, ma anche materiale prelavorato nelle
dimensioni richieste dal cliente, in tempi paragonabili a quelli del materiale
grezzo. Noi abbiamo il compito di stimolare e sostenere l’evoluzione
tecnologica delle nostre aziende clienti.
Nel 1979 non sapevo
quale sarebbe stato il risultato del mio progetto, perché il suo sviluppo è
maturato man mano, incontrando altri interlocutori che hanno dato fiducia al
mio sforzo, che è anche intellettuale e che è motivo di emulazione sia fra i
collaboratori sia fra i clienti.
La trasformazione
che abbiamo attraversato negli ultimi anni è intervenuta lungo la parola e il
confronto costanti, non consentendo di chiuderci nella mentalità del “proprio orticello”.
L’impresa
è spesso intesa come un’anomalia che disturba la salute pubblica… Io mi chiedo sempre come riuscire a
valorizzare il mio lavoro e quello dei miei collaboratori, come trarre frutto
dagli sforzi quotidiani in modo che altri possano avvalersene.
Oggi occorre, per
esempio, che l’azienda aumenti la capacità finanziaria per capitalizzare il proprio
patrimonio intellettuale. È importante offrire ai collaboratori occasioni di
crescita anche nelle cose più semplici, che nel nostro caso possono essere date
dal rendere gli ambienti di lavoro sempre più gratificanti o dal promuovere la
lettura di riviste come “La città del secondo rinascimento” o ancora
dall’inviare il collaboratore a seguire un congresso utile alla propria
formazione, anche se questo comporta sospendere per un giorno il suo lavoro in
azienda.
L’anomalia che
giova alla salute fisica e intellettuale di ciascuno è costituita dall’esigenza
impellente di migliorarsi, di non allinearsi al conformismo di massa, in modo che
altri colgano il nostro incontro come occasione di arricchimento.
Questo è l’impegno
che ho assunto verso la mia famiglia e quelle dei miei collaboratori, verso i
figli, gli amici e i clienti, questo è l’impegno che ho assunto verso chi mi ha
dato fiducia in quel lontano 1979.
Oggi, in Italia,
l’imprenditore è un’anomalia: benché costituisca una minoranza fra le categorie
produttive del paese, non si lamenta della mancanza del lavoro perché lo inventa
ciascun giorno. Più spesso accade che il vicino di casa gli dica: “Ma non ti
sei ancora stancato?”, senza capire che quell’imprenditore sta lavorando non
soltanto per la propria famiglia, ma per fare in modo che non manchino al paese
risorse di cui tutti possono beneficiare.
Investire
nell’impresa oggi è una missione e avere una missione è un’anomalia in un paese
che non ha fede nella propria riuscita. Questa missione si compie con il
racconto dell’esperienza in atto, sperimentando, anche sbagliando, ma
continuando a costruire con umiltà. La missione dell’impresa è produrre profitto
che resti nel paese e sia destinato al paese per difendere la sua storia e
rilanciare la sua cultura.