L'ASCOLTO, L'INTENDIMENTO, L'INVENZIONE
Varcando la soglia della storica Officina Bertoni Dino,
si ha l’impressione di entrare in un locale per giovani amanti del rock: tra
una lavorazione di stozzatura e una di brocciatura, tra ingranaggi, ruote
dentate, pignoni, coppie coniche e giranti, i suoi collaboratori ascoltano la
musica che contribuisce al ritmo delle loro giornate. Ma l’ascolto, in
un’officina come la sua – che fornisce servizi di meccanica di precisione ad
alcune fra le più importanti industrie dell’automotive, dell’aeronautica e
dell’orologeria –, non si limita alla musica… L’ascolto ci permette di
accordarci con ciò che ci sta intorno. Ascoltare è qualcosa di più che udire,
tuttavia, per ascoltare occorre prima di tutto udire. Oggi, grazie all’elettricità,
non ci rendiamo conto dell’importanza dell’udito e, soprattutto nelle città,
c’è una prevalenza assoluta della vista.
Ma pensiamo a chi si trova in campagna, magari in un bosco,
o in quei paesi del mondo in cui, dopo il tramonto, regna il buio totale.
Quindi, l’udito è vitale.
Ma anche l’ascolto è vitale: ascoltando impariamo, quindi
aumentiamo il nostro sapere e miglioriamo la nostra vita. La scienza sta sviluppando
una corrente specifica per analizzare il suono e le sue proprietà, che un tempo
si pensavano metafisiche, comunque inerenti a un ambiente non misurabile. Poi,
grazie allo sviluppo della musica e alla capacità dell’uomo di relazionare il
suono alla matematica, si è scoperto che non è così al di fuori della realtà,
anzi, non esiste una realtà senza il suono. Come diceva John Cage, “il silenzio
assoluto non esiste, c’è sempre qualcosa che produce suono”. In Nord Europa,
una scuola di architettura ha sviluppato un laboratorio all’interno del quale
tutti i suoni esterni vengono completamente annullati.
Ebbene, dopo pochi secondi, inizia a cambiare il tuo modo di
percepire ciò che ti sta intorno e, dopo qualche minuto, il rumore dello
scorrere del tuo sangue diventa assordante.
Il record di permanenza in tutta la storia all’interno di
questa struttura è di quaranta minuti, anche perché dopo dieci-venti minuti
inizi ad avere le allucinazioni. Noi abbiamo bisogno del suono per renderci
conto della realtà e il nostro equilibrio, sia interno sia esterno, ha bisogno del
suono. Un bambino nella pancia della mamma, molto prima di sviluppare qualsiasi
altra capacità percettiva, sente il battito cardiaco. Le persone sorde
sviluppano un altro tipo di udito, un udito tattile, come quello dei pesci o
dei gatti, che percepiscono gli spostamenti dell’aria al buio attraverso le
vibrisse, i baffi.
Al di là dell’udito, l’ascolto è ciò che consente a ciascuno
di non soccombere agli eventi, concerne quella voce interiore che, nonostante
le circostanze, apparentemente sfavorevoli, t’impedisce di abbandonarti a una
rappresentazione di te stesso ingestibile, come chi è perseguitato dalla paura
di perdere il possesso di qualcosa o di qualcuno e dà il peggio di sé nella
violenza contro la moglie o la fidanzata, nascondendo la testa nella sabbia e
negando (o sbandierando) una realtà che non potrà mai essere come prima, e forse
non lo è mai stata, era soltanto un’illusione, che poi è venuta meno.
Eppure, sono tante le situazioni in cui purtroppo le persone
non “si ascoltano” o non ascoltano chi hanno dinanzi, nella famiglia, ma anche nel
lavoro. Quanto incide saper l’ascolto sulla capacità produttiva di un’azienda?
Un’attività produttiva ha dei centri nevralgici di sviluppo, che sono nodi
importanti per rendere l’organizzazione scorrevole, fluente e adattabile a ogni
imprevisto. Spesso ci chiediamo a che cosa servano i capi del personale perché,
purtroppo, spesso non sono le persone giuste al posto giusto, sono anch’esse
prese in un sistema che mette al bando la meritocrazia.
Invece, sono coloro che fungono da nodi, punti nevralgici dell’intera
organizzazione, dovrebbero capire quanto è importante il loro ruolo e sapere
ascoltare, per distinguere le qualità e i talenti di un collaboratore dalle
impressioni che sono frutto di una valutazione soggettiva e personalistica.
Un capo del personale deve essere un bravo costruttore di puzzle,
perché quando una persona è al posto giusto e fa qualcosa che le piace,
automaticamente, migliora tutto l’ambiente di lavoro, acquisisce stabilità.
Può fare un esempio? L’imprenditore o il capo del
personale o il capo reparto deve assumere, se occorre, la responsabilità di
dire a una persona che quello non è il suo posto. Per esempio, in una linea di
produzione, ci sono due donne, una giovane e intraprendente e l’altra più
avanti negli anni, sposata, con tanti pensieri e preoccupazioni, per cui non è
interessata a fare la capoturno, non vuole cimentarsi con una responsabilità organizzativa,
le basta un lavoro semplice, anche ripetitivo come quello d’imbustare, così,
mentre lavora, può pensare ai suoi figli e alla sua casa, organizzare la sua
vita. È lì da vent’anni e le va bene così. Da quattro anni, l’hanno incaricata
del ruolo di capoturno, lei da quattro anni è infelice. Allora, può accadere che
una persona infelice arrivi a fare la capoturno prepotente, in quanto obbliga
le altre a lavorare secondo un suo modo, perché vorrebbe essere lei al loro
posto, quindi non le va bene come lavorano le colleghe.
Magari non l’imprenditore, ma il caporeparto potrebbe capire
che lei si trova meglio a imbustare, quindi, potrebbe fare una prova, almeno per
una settimana, facendola tornare al suo lavoro e mettendo al suo posto la
ragazza che sta scalpitando per salire di grado, non vede l’ora di avere un
ruolo più rilevante nell’organizzare, magari arriva mezz’ora prima al lavoro e
riesce a valorizzare i talenti delle collaboratrici, perché le fa sentire
importanti, anziché trattarle con sufficienza e prepotenza. Con un piccolo
spostamento, la situazione cambia. Poi magari la produzione non aumenta, però
c’è molta più luce all’interno di quel reparto, c’è una situazione che è molto
più pronta ad affrontare le difficoltà e gli imprevisti, quindi più propensa ad
adeguarsi alle condizioni di mercato.
Quelli che lei chiama nodi nell’organizzazione aziendale,
forse, possono essere intesi come dispositivi di parola, grazie ai quali si
struttura l’azienda stessa… Certo, e l’ascolto è essenziale in questi
dispositivi. C’è qualcosa dell’obbedienza nell’ascolto che occorre per il
funzionamento dei dispositivi in un’impresa. Pensiamo a un semplice operaio di
una grande ditta giapponese: senza arrivare agli estremi di dedizione dei giapponesi
verso il proprio lavoro, è indubbio che sia indispensabile la fierezza di
lavorare in quella ditta, così come l’entusiasmo, senza cui sarebbe impossibile
dare il meglio di se stessi e raggiungere risultati eccellenti. Soltanto con
questo approccio, un collaboratore e l’azienda in cui lavora possono trarre il massimo
giovamento dal compito che egli svolge in modo responsabile ed efficace.
Invece, quante sono le persone che “occupano”, in tutti i sensi,
posti di lavoro per obbligo sociale, perché si sentono obbligate dalla vita? Ed
è una vita triste, quarant’anni all’interno di un’azienda, se non ti piace
quello che fai, è una prigione disperata. Per fortuna, stiamo andando verso una
società che si sta reinventando e sarà più difficile in futuro trovare questo
genere di situazioni, anche perché la tecnologia si sta muovendo affinché i
lavori più pesanti li svolgano i robot. Ma questo consegna una responsabilità incredibile
all’umanità, quella di trovare a ciascuno una posizione a lui o a lei più
congeniale. È un processo che in Italia sembra lontano migliaia di anni luce,
mentre in paesi come la Danimarca è stato avviato già cinquant’anni fa, anche se
non è semplice e ha comportato tantissimi problemi generazionali.
In questo processo di trasformazione, si tratta di
reinventare o d’inventare? Le invenzioni avvengono proprio nel momento in
cui hai smesso di ascoltare quello che c’è intorno e incominci ad ascoltare
davvero.
Nell’esperienza della musica, come nello sport, per esempio,
questo si avverte rispetto all’allenamento: occorre allenarsi al punto tale che
non hai più bisogno di ascoltare nel senso comune del termine, allora, è come
se la tua mano suonasse in modo automatico, senza che tu debba pensarci. È in
quel momento che intendi qualcosa che va al di là della percezione ordinaria,
ed è lì che interviene l’invenzione.