IL RITO SACRIFICALE DELLA PURIFICAZIONE SOCIALE

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Qualifiche dell'autore: 
brainworker, cifrante, presidente dell’Istituto culturale “Centro Industria”

Il libro La gabbia delle idee. Il grande inganno del politicamente corretto esplora un tema di cui si parla molto, ma su cui è stato scritto poco: il politicamente corretto. È un libro politico, nell’accezione della polis, della città, perché avvia un dibattito di civiltà, in cui gli interventi degli autori offrono diverse letture sul tema.
I princìpi del politicamente corretto, nati come stortura dei princìpi della rivoluzione francese e proseguiti nelle ideologie del Novecento, hanno promosso la dittatura delle “differenze” per unificarle, parificandole nell’equivalenza. È il grande inganno del multiculturalismo, nota nel libro Guglielmo Piombini, a proposito dell’apparente ammissione delle differenze nel multiculturalismo. Per questo oggi sentiamo parlare di nuove categorie di cittadini, parcellizzate in specifici gruppi che sono funzionali all’annullamento della differenza e della varietà nell’uguaglianza delle “differenze”. Non a caso i partiti politici – che pure hanno rappresentato istanze diverse – oggi sono osteggiati da gruppi di attivisti, portatori di interessi sempre più particolari per la tutela di diritti universali che, in quanto universali, ci rendono tutti uguali, al punto da causare una vera e propria crisi del diritto e delle democrazie.
Emblematico del politicamente corretto è il caso di Greta Thunberg, che a quindici anni lascia la scuola perché ritiene più giusto incominciare uno “sciopero della scuola per il clima”.
Cosa è più politicamente corretto di una giovane donna che, dalla Svezia e dalla sua bicicletta, ammonisce: “Il clima è la questione più importante”? Già nel 2006, nel saggio La regressione democratica (Spirali), Alain Gerard Slama indicava il politicamente corretto come il totalitarismo del XXI secolo, implacabile quanto il comunismo e il fascismo, ma “con l’unica differenza che le telecamere di videosorveglianza, i rilevatori elettronici, gli stage di rieducazione e i trattamenti psichiatrici avranno sostituito i campi”. A cosa punta il politicamente corretto, quando, per esempio tramite il welfare state, diventa un modo per acquisire consenso elettorale, anche rischiando di paralizzare l’economia e l’impresa? Nel suo saggio pubblicato in questo libro, La gabbia delle idee, Carlo Zucchi annota: “In un ordinamento democratico gli incentivi legati alla ricerca del consenso favoriscono la formazione di un dispotismo materno in cui il legislatore – che come una mamma per definizione sa cosa è meglio per i propri figli – pretende di sapere cos’è meglio per ogni categoria sociale e professionale, così dà vita a una fittissima quanto caotica selva di privilegi ed eccezioni legali e fiscali, la cui incertezza finisce per complicare, e talvolta paralizzare, l’attività degli imprenditori e perfino degli stessi professionisti chiamati a interpretare le normative vigenti”. Interviene così l’ideologia del salvatore: “Il magistrato è diventato il novello filosofo-re di Platone, ossia colui che governa in quanto sa.
Ma cosa sa il magistrato? Sa la cosa più importante, la gnosi che svela il mistero e che ‘assicura’ la salvezza della società: sa tutto delle malefatte dei disonesti. Sì, conosce il male e i meccanismi attraverso cui opera, e avendo visto in faccia il diavolo, lui e lui soltanto può esorcizzare la società dalla dannazione eterna”.
Ecco allora che, in nome della pulizia dalla corruzione, il politicamente corretto brandisce il bastone sacerdotale, mettendo al bando e al rogo chi a esso non si conforma. Accade così che, per esempio, qualche imprenditore sia costretto a fare appello a quel welfare, per mezzo di cui avviene la “redistribuzione della ricchezza”, per legittimare le strategie dell’azienda dinanzi all’“opinione pubblica”. La logica è questa: a partire da una ingiusta “discriminazione positiva”, che fonda la vittima da salvare, il politicamente corretto codifica regole preventive e modi di vivere. Farsi vittima, allora, è accettare il pettegolezzo dilagante del politicamente corretto, ovvero accettare di non pensare o di pensare nel modo conforme alla salute di stato.
E chi è più conforme della vittima? L’idea di vittima è funzionale al regno del tribunale, che se ne avvale per avviare in Occidente il rito sacrificale della purificazione sociale.
Ray Bradbury fa dire al capo dei pompieri: “Noi dobbiamo essere tutti uguali. Non è che ognuno nasca libero e uguale, come dice la Costituzione, ma ognuno viene fatto uguale. (…) Ecco perché un libro è un fucile carico, nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l’arma. Castriamo la mente dell’uomo. Chi sa chi potrebbe essere il bersaglio dell’uomo istruito? Cosicché, quando le case cominciarono a essere costruite a prova di fuoco, non c’è stato più bisogno dei vigili del fuoco, dei pompieri (…).
Furono assegnati loro nuovi compiti, li si designò custodi della nostra pace spirituale (…): censori, giudici, esecutori.” (Fahrenheit 451, 1951). Il fuoco purificava le streghe dalla blasfemia, dando loro la salvezza con la morte.
Così, l’idea di salvezza diventa idea di sacrificio e della buona morte. E allora: “Libri bruciati e schermi accesi.
Robotizzazione. Umanaio globale”, nota Verdiglione nella Grammatica dello spirito europeo. L’androgino trinitario e la bilancia dell’orrore (Spirali, 2017).
Il politicamente corretto si organizza, vanamente, contro la partita della salute, partita non purista e senza nemico.
Alla salute, alla qualità della vita, non si approda tramite la purificazione del fuoco e l’intelligenza si coltiva con la lettura, non con la dittatura del politicamente corretto. Slama: “Con il politicamente corretto incominciamo a capire che la libertà può perdersi senza essere stata strappata e senza che nessuno abbia la sensazione di averla persa, allo stesso modo in cui un individuo può cacciarsi in una situazione inestricabile, senza essere vittima di nessuno e senza averlo voluto. Per semplice ignoranza o per abulia”.