IL TEMPO DELL’INTERLOCUZIONE

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imprenditore, Officina Bertoni Dino Srl e Officina Meccanica Bartoli, Modena

Entrambe le sue aziende, l’Officina Bertoni Dino Srl e l’Officina Meccanica Bartoli, sono specializzate in lavorazioni meccaniche di precisione, indispensabili nella realizzazione di componenti per industrie importanti nei settori dell’automotive e del racing, delle macchine agricole e delle macchine automatiche, installate nelle fabbriche di qualsiasi settore manifatturiero. In che modo riuscite a divenire interlocutori dei vostri clienti? Per divenire interlocutori occorre innanzitutto imparare la lingua del cliente, non basta raccogliere informazioni generiche sulla materia di cui ciascun cliente si occupa nel suo lavoro. La meccanica di precisione è scienza e tecnica, mentre le informazioni non hanno necessariamente uno spessore scientifico. Diventano scientifiche soltanto nei casi in cui gli interlocutori hanno le stesse nozioni sulle questioni da affrontare. Se uno degli interlocutori non è in grado di attribuire lo stesso senso a un termine tecnico, la loro comunicazione è sterile o quanto meno farraginosa. È ciò che avviene sui social, dove chiunque crede di poter intervenire su qualsiasi argomento. Soprattutto in questo periodo di pandemia da Coronavirus, tutti condividono video di esperti, sostenendone le tesi, e magari non intendendo nemmeno la metà dei contenuti.
Non solo, alcuni video sono considerati veritieri soltanto perché hanno ottenuto migliaia di visualizzazioni: ma, come diceva Platone, se diecimila persone sostengono che un’opinione corrisponda alla verità su un argomento, ma non ne hanno alcuna prova, sono diecimila persone che dicono una cavolata. Questo non dobbiamo dimenticarlo nell’epoca dei social.
Noi siamo chiamati a ben altro rigore rispetto alle questioni che dobbiamo discutere con i clienti, dobbiamo cimentarci con la matematica, con i numeri, non con le credenze e le immaginazioni. Soltanto attraverso un approccio scientifico possiamo divenire interlocutori, proprio come i medici, che sono tenuti a dare un parere con onestà intellettuale, senza nascondere il loro sapere, con il pretesto che sarebbe inutile comunicare con un paziente incompetente in materia, e senza promettere, al contrario, guarigioni miracolose quando ancora non hanno i termini del caso.
La specializzazione è arrivata a un punto tale che gli stessi medici fra loro non parlano la stessa lingua e, a volte, lasciano il paziente in una confusione ancora maggiore rispetto a prima che andasse in visita. Per noi, invece, divenire interlocutori vuol dire dare risposte chiare e precise ai clienti, ascoltando con grande attenzione ciascuna richiesta, ciascun problema in cui ci coinvolgono, non perdendo neanche un istante per documentarci in ambiti in cui, a volte, la specializzazione è molto avanzata.
E anche noi, come i medici o come qualsiasi altro esperto, dovremmo evitare di tenere segreto il nostro sapere, perché il sapere deve servire a migliorare la qualità dei prodotti, del lavoro e della vita delle persone che danno il loro contributo allo sviluppo della nostra società, attraverso le imprese. Come può essere ritenuto etico, per esempio, quel meccanico che viene chiamato da qualcuno per riparare un’auto rimasta in panne in autostrada e gli mette in conto pezzi che non ha sostituito, approfittando dell’incompetenza in materia da parte del cliente? Purtroppo, oggi l’etica non è così diffusa, sembra che siano veramente pochi coloro che sentono la responsabilità di essere parte di una comunità. L’individualismo è un problema che non è circoscritto al nostro paese, è stato sdoganato a livello globale. Per fortuna, ci sono ancora paesi in cui non ha ancora attecchito, come il Giappone, dove l’educazione civica è insegnata sin dalla tenera età e i cittadini si sentono onorati di seguire le regole della vita civile. Quando la maggior parte della popolazione si attiene alle regole, ciascuno ne trae vantaggio e ciascuno svolge il proprio lavoro con maggiore entusiasmo, anche perché lì non ci sono mestieri discriminati: chi si occupa delle pulizie dei treni è altrettanto importante di chi li guida.
Ciascuno s’impegna in modo assoluto a svolgere la propria attività con puntualità, non perché i giapponesi siano simili ai robot, come vengono rappresentati nelle caratterizzazioni più comuni, ma perché ciascuno intende che non può rubare tempo agli altri: il treno deve arrivare puntuale, perché centinaia di persone hanno preso appuntamenti con altre centinaia, contando sulla puntualità di quel treno.
Se c’è una cosa che può insegnarci il Giappone è che neppure il terremoto può fermare il progetto e il programma dei suoi abitanti, anzi, proprio il terremoto indica che l’emergenza non è un pretesto per bloccare le cose o per farle finire.
La cultura giapponese ci fa capire che il tempo non è cronologico, ma s’instaura facendo. Invece, come scrive Armando Verdiglione nell’Albero di san Vittore (Spirali), “non facendo, ognuno toglie all’Altro l’infinito”. L’interlocuzione esige l’Altro, mentre chi pensa di poter gestire il tempo, chi crede di poter fare quello che vuole, anziché attenersi alle regole di un dispositivo, impedisce che ci sia evento e avvenimento… Agisce secondo il principio di ragione sufficiente, che è un principio senza il ragionamento, quello che stabilisce ciò che dovrebbe essere valido per tutti e una volta per tutte. Nel nostro lavoro, invece, noi imprenditori dobbiamo prendere decisioni caso per caso e abbiamo bisogno, a nostra volta, di interlocutori seri, onesti e preparati, che ci aiutino a ragionare sui problemi da affrontare.
Oggi, purtroppo, viviamo in una società molto veloce, dove abbiamo dato un valore economico al tempo e diciamo che non abbiamo abbastanza tempo per interpellare più interlocutori intorno a una stessa questione. Per questo è importante partecipare a un salotto culturale imprenditoriale come quello che si tiene in ciascun numero della “Città del secondo rinascimento”, anche se è virtuale, perché dà l’opportunità di farsi un’opinione libera e non ideologica, “ascoltando” le testimonianze di ricerche ed esperienze differenti su uno stesso tema.
La strumentalizzazione del sapere, invece, è un grande freno al rinascimento culturale del pianeta.
La ricerca, la scienza, il sapere devono assumere un valore culturale assoluto, non contabilizzabile. Al massimo può essere retribuito il loro insegnamento, ma non dovrebbe essere limitata la possibilità dei ricercatori di confrontarsi e di scambiarsi pareri, opinioni, esperienze. Soltanto nello scambio libero si ottengono grandi risultati. Istituire una scuola in cui s’insegni un sapere che si contrappone a quello di altre scuole è un freno per la ricerca. Il sapere non può appartenere a nessuno, il sapere è in divenire, è come l’acqua che scorre, come un fiume. Dentro il fiume, che non è uno stagno, io mi lavo le mani e tu puoi lavarti i piedi. Questo è molto importante per l’interlocuzione, per lo scambio libero e per ridare speranza alla nostra società.