LA TRANSIZIONE AMBIENTALE NON DEVE PENALIZZARE L’AGRICOLTURA

Qualifiche dell'autore: 
presidente di Checchi & Magli Srl, Budrio (BO)

Leader mondiale nella produzione di macchine trapiantatrici per piantine di ortaggi, di tabacco e per vivaismo, la vostra azienda produce tecnologie per l’orticoltura.
L’export incide per l’80 per cento nel fatturato, ma con la pandemia è aumentata anche in Italia la richiesta delle vostre macchine. Operando nel settore agricolo, lei dovrebbe essere favorevole ai temi della cosiddetta sostenibilità ambientale… Noi siamo favorevoli alla salvaguardia dell’ambiente, ma con i dovuti distinguo, altrimenti diventa ideologia. È necessario, cioè, che i temi ambientali siano effettivamente “sostenibili”. In Italia, invece, l’agricoltura è spesso accusata di generare inquinamento da alcune associazioni ambientaliste, che esercitano pressioni continue in favore dell’agricoltura biologica.
Per non parlare delle battaglie contro l’uso di anticrittogamici: oggi alcune leggi hanno bandito l’utilizzo di molti principi attivi specialmente negli antiparassitari, favorendo così la concorrenza sleale dei paesi che non seguono queste normative. Per combattere la cimice asiatica, per esempio, in Italia non è consentito l’uso di un anticrittogamico ammesso in altri paesi. Inoltre, i cosiddetti prodotti biologici provenienti dall’estero non sempre sono tali, dal momento che nel nostro paese vengono controllati in modo spesso superficiale, soprattutto a causa dell’alto volume di merci che importiamo.
Bisognerebbe considerare, poi, che il costo medio dei prodotti biologici per il consumatore è superiore del 30 per cento rispetto a quelli di agricoltura tradizionale. E non è certo l’ideale per chi fa fatica ad arrivare a fine mese.
Senza contare che i nostri elevati costi di produzione, fra manodopera, attrezzature e burocrazia, rendono di fatto poco competitiva la produzione.
È chiaro che poi, lavorando in perdita, l’imprenditore italiano è costretto a chiudere bottega. Questo squilibrio non avviene soltanto nell’alimentare, ma anche nell’approvvigionamento delle materie prime, che dobbiamo acquistare dai paesi produttori al prezzo che conviene di volta in volta ai loro interessi. Se l’Italia è un paese trasformatore, perché le istituzioni continuano a tartassare le aziende con il pretesto che inquinano? E poi, chi l’ha detto che produrre significhi necessariamente nuocere all’ambiente? Questa contrapposizione non esiste in altri paesi europei.
Il nostro paese è fra quelli dell’Unione che producono maggiori quantità di rifiuti organici. Questo dato pone in rilievo il diffuso consumo di ortaggi e prodotti agricoli che, fino a qualche anno fa, la Germania acquistava dall’Italia per ricavarne biogas… Per questo si ricorre sempre più spesso all’impiego di biodigestori in cui inserire, oltre ai rifiuti organici, anche prodotti agricoli utili alla produzione di energia, come nel caso della coltivazione del mais, su cui è in atto un’ampia discussione. Se coltivato a tal fine, infatti, il mais consuma più energia di quanta non ne produca.
Questo processo anti-economico è reso possibile da contributi statali che alterano gli equilibri del mercato.
Nella vostra attività di produzione di macchine e componenti agricoli state trovando riscontro della crisi attuale di materie prime? La difficoltà di reperire materie prime è constatabile dal fatto che siamo costretti ad acquistarle a prezzi rincarati o addirittura raddoppiati. Questo accade per l’acciaio, la plastica e il rame che noi utilizziamo. Talvolta, per esempio, il nostro ufficio acquisti ha soltanto ventiquattr’ore di tempo per confermare un’offerta: se non diamo la conferma immediata, in modo da verificare prima alcuni dettagli, poche ore dopo troviamo il prezzo aumentato già del 5 per cento.
Questa tendenza è intervenuta dopo la pandemia? Sì, è in atto una speculazione elevatissima.
Le richieste del mercato sono aumentate, dato che le imprese avevano smesso di accaparrarsi la materia prima, non avendo prospettive di vendita, e, adesso che invece è esplosa la domanda, chi ha a disposizione il materiale lo vende a chi ha urgenza di accaparrarselo a qualsiasi costo.
Cosa succede invece in America, vostro mercato di riferimento? In America la questione ambientale è affrontata in modo più pragmatico, continuando a investire nell’industria e anche nell’agricoltura, che non è vessata come in Italia. Oggi è sempre più necessario che nel nostro paese si favorisca sia la produzione meccanica sia un’agricoltura non troppo purista.
Auspichiamo perciò che l’agricoltura possa essere meno penalizzata di quanto non lo sia già, essendo un settore strategico del paese.