IL PREMIO ESTENSE: UN APPORTO ALLA CIVILTÀ DELLA SCRITTURA

Il 24 maggio scorso, nella sede ferrarese di Confindustria Emilia Area Centro, la giuria tecnica del Premio Estense, presieduta da Alberto Faustini, ha selezionato i quattro libri finalisti fra i 69 candidati alla 59° edizione del prestigioso premio giornalistico. A proposito del tema di questo numero della nostra rivista, L’esperienza civile, le eccellenze del giornalismo italiano premiate in oltre mezzo secolo sono la prova che l’informazione dà un grande apporto alla civiltà quando diviene testimonianza e scrittura di alto spessore intellettuale…
Infatti. E quella di quest’anno è un’edizione record, non soltanto per la qualità della scrittura, ma anche per il numero di libri che sono stati presentati da tutti gli editori. Per questo non è stato facile selezionare i quattro finalisti, che voglio ricordare perché sono tutti improntati all’analisi della nostra storia, pertanto rispondono, oltre che a un compito civile, a un’esigenza di verità da cui non può prescindere l’avvenire delle nuove generazioni: Traditori. Come fango e depistaggio hanno segnato la storia italiana di Paolo Borrometi (Solferino), L’anno del fascismo. 1922. Cronache della Marcia su Roma di Ezio Mauro (Feltrinelli), Mura. La scrittrice che sfidò Mussolini, di Marcello Sorgi (Marsilio), e Testa alta, e avanti, di Gaia Tortora (Mondadori).
Nella stessa giornata, la giuria tecnica, insieme a sei industriali designati da Confindustria Emilia, ha assegnato il riconoscimento “Gianni Granzotto, uno stile nell’informazione” a Federico Rampini, editorialista del “Corriere della Sera”, soprattutto per la sua lucidità nell’analisi geopolitica, che bilancia gli argomenti di giornalismo storico affrontati dalla quartina finalista.
Il Premio Estense è cresciuto anche nelle collaborazioni con i media nazionali: a Radio Rai si sono aggiunte l’Ansa e Rai Cultura e continuano a crescere le collaborazioni con le terze pagine dei quotidiani.
Negli anni, quella che era una competizione letteraria sta diventando sempre più un catalizzatore di interessi culturali, che contribuiscono a creare legami e ponti fra autori e attori delle tre province coinvolte: Bologna, Ferrara e Modena. Non si è mai trattato soltanto di portare a Ferrara volti noti del giornalismo e di promuovere il patrimonio della città, portandoli in visita nei siti famosi e in quelli meno conosciuti, ma di costruire insieme a loro un progetto con vari appuntamenti nel corso dell’anno, che si articolano in diversi ambiti. Prendiamo, per esempio, il Premio Estense Scuola, che conferisce tre borse di studio ai migliori lavori di gruppo realizzati dagli studenti delle scuole superiori delle tre provincie a partire dalla lettura del libro vincitore dell’Aquila d’Oro. È un’attività che consente ai giovani non solo di riflettere intorno a temi essenziali per la loro crescita intellettuale e di cimentarsi con la scrittura o con altri mezzi di comunicazione che utilizzano nelle loro produzioni, ma anche d’incontrare i giornalisti della giuria tecnica, compreso il vincitore del premio. Oggi insegnare la cultura delle fonti, la cultura della ricerca e far capire ai ragazzi cosa vuol dire fare il giornalista è una questione di libertà della parola, senza cui non si costruisce la democrazia.
Un altro frutto del Premio Estense è la collaborazione con il master del giornalismo di Bologna, che stiamo espandendo alle altre scuole post-universitarie italiane, nelle quali i giornalisti della nostra giuria tecnica insegnano o partecipano in maniera indiretta. Siamo stati molto soddisfatti della prima edizione, in cui abbiamo offerto l’opportunità a trenta giovani di seguire l’esperienza del Premio Estense e di fare uno stage negli uffici stampa delle aziende associate a Confindustria Emilia Area Centro. È un’attività molto interessante per le imprese, che sempre più devono raccontarsi e quindi diventano luoghi di giornalismo per i giovani che si sono specializzati in questo nobile mestiere. Ma lo è anche per i ragazzi e per i professori, che instaurano con le imprese uno scambio costruttivo. È un connubio perfetto tra la formazione e il mondo del lavoro, che produce ottimi risultati e non è sempre facile da realizzare.
Ma perché l’impresa sente il dovere d’impegnarsi in un’attività di formazione al giornalismo? È un compito civile, ma anche un gesto orientato a nutrire il proprio territorio, a farlo crescere, perché l’impresa è forte quando vive in un contesto forte, ovvero in un contesto in cui la formazione è molto elevata e gli strumenti di analisi politica e sociale sono affinati, come accade nel giornalismo. Un’impresa dovrebbe circoscrivere lo sguardo al suo recinto, alla sua area industriale, oppure deve estenderlo a un ambito più ampio, quello delle persone che vivono all’interno di un territorio? Lo stesso prodotto di ciascuna impresa è frutto d’intelligenza collettiva e diffusa, soprattutto nel tessuto economico italiano, che è costituito da piccole e medie imprese, che hanno continuamente bisogno d’instaurare dispositivi di comunicazione efficaci. E il giornalismo è un terreno estremamente fertile per sviluppare la lingua della comunicazione. Questo è il motivo per cui è nato il Premio Estense e lo stiamo declinando in una dimensione attuale, utilizzando strumenti digitali, anche per avvicinarci ulteriormente ai giovani, e coinvolgendo nella lettura gli stessi imprenditori, soprattutto quelli che fanno parte della commissione per l’assegnazione del Premio Granzotto.
Il Premio Estense permette di costruire una comunità anche fra gli imprenditori, attraverso occasioni d’incontro in cui si fa amicizia, si parla di libri, si parla di attualità e quindi si responsabilizza l’imprenditore non solo rispetto al suo ruolo specifico di attore economico, ma anche come driver di sviluppo di una comunità in campi come quello della formazione.
E, nell’incontro con i rappresentanti istituzionali, il Premio Estense contribuisce anche alla costruzione della città della parola, anziché degli schieramenti…
In effetti, gli incontri che organizziamo durante l’anno, per esempio, la visita guidata a un museo o a una mostra della nostra città o la cena con i giornalisti, le autorità e gli imprenditori la sera prima della riunione di proclamazione dei finalisti sono sempre occasioni d’incontro senza il carico del ruolo istituzionale e dei rapporti diplomatici. E questo giova anche alle stesse autorità del territorio: il sindaco, il prefetto, il questore, il presidente della Camera di Commercio, il rettore e tutte le figure istituzionali importanti della città, parlando di cultura, di arte e di qualsiasi argomento, si trovano in uno scambio libero e costruttivo, senza l’obbligo di mantenersi fedeli a una linea o a una posizione prestabilita. Sono momenti in cui nascono alleanze non dettate da interessi individuali, ma dall’esigenza di remare dalla stessa parte, ovvero verso la promozione del territorio, della città e del suo patrimonio culturale e artistico. E questo è ancora più importante se pensiamo che le nostre comunità sono sempre più specializzate e settoriali: dare l’opportunità alla classe dirigente d’incontrarsi come semplici cittadini consente loro di mettere da parte i pregiudizi e le barriere e di capire che hanno di fronte un uomo o una donna con la loro esperienza e la loro autenticità. Pertanto, la prossima volta che devono affrontare un problema di governo della città tengono conto del fatto che non stanno interloquendo con un funzionario che può essere immaginato o creduto indifferente o ostile, ma con la persona che hanno incontrato e con cui si può parlare e collaborare per risolvere il problema insieme.
Quando cadono le barriere dei pregiudizi e dei protocolli si genera un capitale costruttivo che poi si riverbera anche in altri ambiti e, se vengono meno il sospetto e la diffidenza, il tessuto della comunità se ne avvale.
Certo, perché finalmente gli attori dell’economia, della politica e della cultura che operano in una città instaurano dispositivi per la valorizzazione del patrimonio, anziché continuare a schermarsi dietro le segreterie e le burocrazie. Quindi le cose procedono, senza blocchi e steccati…
È molto importante la ricerca del dialogo trasversale tra i vari attori della società, che poi sono persone e, anche se ciascuno ha un incarico pro-tempore, perché siamo in democrazia, quindi siamo pro-tempore tutti, l’incontro con “ciascuno” è sempre costruttivo. Quante volte perdiamo tempo a cercare le “piccole differenze”, invece bisogna valorizzare le cose che ci rendono alleati. E credo che la storia ci faccia sentire sempre alleati e cittadini di città meravigliose come Ferrara, soprattutto la Ferrara rinascimentale, che è una lezione di pensiero libero, un luogo quasi metafisico, una città “perfetta”, una cornice straordinaria di estetica e di bellezza, in cui l’esigenza di verità è sempre stata sentita e può essere portata avanti anche dal Premio Estense.
E, a proposito di esperienza civile, oltre alla giuria tecnica, interviene anche la giuria popolare. Questo è un aspetto molto interessante, che dà un valore unico al Premio: la quartina finalista viene sottoposta alla giuria popolare che si riunisce in settembre per scegliere il vincitore che al Teatro Comunale di Ferrara riceve la prestigiosa Aquila d’Oro. Sono quaranta lettori – insegnanti, professionisti e studenti – che selezionano il libro in parallelo ai giornalisti, di cui a volte soverchiano le scelte di priorità. È un fattore che contribuisce a escludere eventuali rapporti di forza o di compiacenza tra editori e giornalisti e che a volte porta a risultati eclatanti, come il caso della vincitrice della 57° edizione, Francesca Nava, con il libro Il focolaio. Da Bergamo al contagio nazionale (Laterza): in un premio sponsorizzato da Confindustria viene premiata una giornalista quasi sconosciuta, che non è stata direttore di una grande testata e che scrive un libro sulla vicenda del Covid a Bergamo, area in cui le imprese hanno avuto un ruolo a volte opaco, è il segno della libertà di pensiero e della forza del premio stesso, che va al di là di noi. Ecco perché è un premio che ha una forza davvero rilevante come collante del tessuto sociale.