PER UNA MENTE OPERATIVA

Qualifiche dell'autore: 
pedagogista, musicologo, docente dell'Università di Bologna

Voglio complimentarmi con gli amici dell’Associazione “Il secondo rinascimento” di Bologna, perché hanno offerto un’occasione di altissimo livello culturale. Mi piace, intanto, ricordare di aver partecipato fin dall’inizio (metà anni sessanta) agli incontri di Silvio Ceccato con il gruppo di “didattica operativa” di Bologna, presso la sede della casa editrice La Nuova Italia. Ho letto, con vivo interesse, il libro di Felice Accade La funzione ideologica delle teorie della conoscenza (Spirali) e mi è piaciuto moltissimo; è ricco di mille provocazioni, addirittura c’è un esplicito attacco alle “teorie” di Ceccato e, di conseguenza, prende le distanze da posizioni inizialmente condivise: per esempio, Silvio Ceccato, maestro e guida del movimento di didattica operativa, è oggetto di contestazione e di rivisitazione teoretica insieme allo stesso Vaccarino, altro storico esponente del movimento. Questi, tra l’altro, è inventore di una lunga tabulazione delle categorie logiche e mentali, arrivando a veri e propri divertimenti da chirurgo che vuole dimostrare, a tutti i costi, l’impossibile. Dal momento che stiamo parlando della conoscenza, dobbiamo evitare di costruire nuovi orpelli che o la negano o la rendono particolarmente viziata da eccessi di “ideologicizzazione”.

Mi sembra che lo stesso Ceccato abbia messo in evidenza aspetti della “mente” e degli errori del pensiero filosofico e della percezione, creandosi l’appellativo di Belfagor o attirando battute come “sento puzza di zolfo”. Ceccato è il diavolo che apre la mente umana e sostiene che la conoscenza per essere tale non deve essere contaminata da elementi di natura mistica o metafisica o ideologica.

Per cui a un certo punto si parla della “conoscenza” allo stato puro. Lo stato puro per Ceccato significava che fondamentalmente la conoscenza si muove su due fattori essenziali: l’osservazione e l’attenzione. Lo stato dell’osservazione è importante perché fotografa l’esistente; lo stato attenzionale è determinante, mentre fotografa l’esistente crea le immagini. È l’uomo quindi il protagonista del sapere, non un sapere ricevuto, non un sistema che ci precede.

Altro esempio, essendo io non solo pedagogista ma anche musicologo – mi fa piacere che ci sia il direttore di una rivista che conosco e che ho avuto modo di apprezzare: “Hortus musicus” –, quando si sostiene che la musica è pensiero, bisogna stare attenti a considerare il pensiero come testimone e riproduttore di un sistema ideologico, perché allora è la riproposizione  della storia della musica – o se è invece il pensiero inteso come insieme di categorie mentali del pensare con i suoni. Solo così possiamo parlare di autonomia della conoscenza, solo così possiamo dire che si diventa consapevoli – come ricorda Accame – perché la conoscenza in questo caso non è subordinata. La nostra preoccupazione è di costruire una mente musicale, una mente operativa, costruire praticamente una mente che ha in sé tutta la strutturazione delle categorie fondamentali che regolano i rapporti tra l’essere e ciò che sta fuori. Questo, secondo me, dovrebbe servirci per evitare di andare oltre.