COME RESTAURARE GLI EDIFICI ANTICHI

Qualifiche dell'autore: 
presidente e direttore del Consorzio CIRES, Bologna

Intervista di Anna Spadafora

Il Consorzio CIRES vanta trent’anni di restauro a Bologna e provincia. Che cosa è cambiato nel vostro settore?

Bologna è sempre stata una città sensibile al restauro, alla bellezza e al mantenimento del patrimonio, fin dai tempi di Rubbiani. Qui è nata una delle più grandi scuole di restauratori e decoratori e anche i sovrintendenti che si sono avvicendati a Bologna hanno sempre avuto una grande sensibilità e attenzione alla cura dei monumenti. Cesare Gnudi e Andrea Emiliani, per fare qualche nome, hanno fondato una scuola di restauro e recupero della pietra arenaria, una pietra locale, estremamente friabile e di colore giallo. Nell’architettura medievale si utilizzavano i materiali del luogo, quindi, come pietra c’era l’arenaria e come materiale da costruzione il mattone. Da questa scuola è sorto un approccio differente ai monumenti, per una loro riqualificazione e fruizione, anziché per la creazione di mausolei grati solo a loro stessi, come nell’approccio nato con John Ruskin. Con Bologna Capitale della cultura nel 2000, questa tendenza è giunta al culmine: si è incominciato a far rivivere palazzi storici come il palazzo comunale, da sempre sede dell’amministrazione, che è diventato quello che è oggi, nella sua funzione principale, il Museo Morandi.  Quando si è lavorato al Museo Morandi, l’idea che stava alla base era rivoluzionaria: nessuno avrebbe mai pensato di far coesistere una struttura espositiva con una amministrativa. Si può immaginare la difficoltà di gestire le problematiche legate al cantiere, mentre l’amministrazione non poteva fermarsi neanche un giorno. Un’altra opera di restauro realizzata in quel periodo, il cui intervento si è reso spettacolare, è Il Nettuno del Giambologna, perché il pubblico ha potuto apprezzare, tramite la “casa” (opera dello scultore Mario Ceroli) e il laboratorio di restauro dei metalli di Morigi, come si svolge il restauro di un’opera d’arte così particolare. Anche i cittadini non addetti ai lavori hanno potuto capire che cosa significhi manutendere un’opera d’arte per i decenni a venire.

Questo com’è avvenuto?

È stata costruita al centro del cortile del palazzo comunale una struttura prefabbricata in legno lamellare, su una sorta di modello di casa rinascimentale, dentro la quale è stato messo il “letto del Nettuno”, una base speciale su cui la statua è stata sdraiata. La bottega dei restauratori era aperta tutti i giorni e il pubblico dai loggioni poteva vederli lavorare. Da lì è nata una grande operazione d’inserimento di strutture museali all’interno di palazzi storici, di cui noi siamo stati attori protagonisti. E così il Museo civico archeologico è diventato il Museo egizio, si è creata una struttura per ospitare una delle più grandi collezioni egizie italiane, seconda solo al museo di Torino, i cui reperti erano praticamente nascosti nei depositi.

Poi abbiamo partecipato al restauro di alcune porte di Bologna, anche se non sono più fruibili, perché, dopo la demolizione dei viali nell’ottocento, sono diventate semplici spartitraffico, e di palazzo Sanguinetti, che poi è diventato il Museo della musica. La Sala Borsa, sempre nel palazzo del municipio, oggi, in seguito a un attento restauro, è diventata una delle biblioteche multimediali più belle d’Italia.

L’esplosione di questi restauri si è avuta negli ultimi anni. La Manifattura tabacchi, un edificio fuori uso dalla guerra, dopo quarant’anni è diventata la sede della cineteca; Bologna ha una delle cineteche più belle del mondo. La nostra città, per fortuna, ha la cultura per valorizzare qualsiasi edificio abbia un’età. Lo vediamo anche nei lavori che facciamo per i privati, c’è sempre un rispetto verso il monumento e le sue patine, verso qualsiasi edificio che abbia un’età e una valenza storica. Questa scuola di pensiero ha avuto tanti tecnici, sia pubblici, sia liberi professionisti, accomunati dalla scelta di essere molto rispettosi dei beni artistici. A Bologna, inoltre, c’era, all’interno dell’amministrazione comunale, un settore dei lavori pubblici che si occupava esclusivamente di edifici storici, diretto per anni dall’architetto Roberto Scannavini, con l’intensa collaborazione degli architetti Nannelli, Nullo, Manuela Faustini, Ladini e Cocchi.

Oggi, anche nell’immobiliare da reddito, si è scoperto che restaurare e mantenere l’aspetto antico di un edificio, viene riconosciuto anche nel valore economico di vendita. E poi chi acquista una casa sempre più cerca qualcosa che abbia una storia, perché, innegabilmente, ci guadagna il valore della vita. Abitando in un edificio che ha una sua età ed è stato mantenuto nel tempo si guadagna in qualità della vita. Anche il mercato immobiliare, da un inizio in cui si demoliva totalmente per poi ricostruire, è passato al punto di accettare di più la ristrutturazione, al di là degli impedimenti legali e burocratici, perché è anche un investimento. Questo vale anche per gli edifici rurali, vecchi casolari, perché la legge che consente di considerare urbane anche le strutture che erano coloniche o agrarie ha portato il vantaggio che si riescano a fare belle cose e mantenere edifici che sono simboli di un’epoca e di un periodo importante: in Lombardia hanno mantenuto le cascine, da noi si mantengono edifici rurali che sarebbero andati perduti, a vantaggio delle villette. Dovremmo anche ristrutturare gli edifici industriali – riciclare vecchie fornaci, vecchi stabilimenti –, ma questo da noi è più difficile, rispetto ad altri paesi d’Europa.

Allora, occorrono corsi di formazione per i mestieri legati al restauro?

Questo è un vero problema: i corsi ci sono, ma mancano gli iscritti. A fronte di un aumento della domanda di restauri, non è aumentato il numero di persone che vogliono rispondere a questa domanda. L’apprendistato e la bottega sono un classico nel restauro. Ma oggi la bottega sta scomparendo, perché c’è un approccio totalmente diverso, tutti i lavori che sono mestieri impongono un sacrificio in termini di tempo, prima di consentire a chi lo fa di diventare indipendente. Sta scomparendo il mestiere principe, il muratore, che come diceva Brunelleschi, è un’arte, figuriamoci i decoratori e i restauratori, che stanno diventano veramente merce rara.