L'INTEGRAZIONE DELLE TERAPIE ANTITUMORALI

Qualifiche dell'autore: 
oncologo del Centro di Ipertermia di Pavia (San Genesio), membro dell’International Clinical Hyperthermia Society

Nel mio intervento vorrei parlare delle possibilità offerte dal percorso d’integrazione nella cura dei tumori. Come altri colleghi, intervenuti a questo convegno (Questione cancro. Novità nella ricerca e nella cura, Bologna, 14 giugno 2006), ritengo che l’approccio integrato al paziente oncologico sia quello che dà i risultati migliori in termini di qualità di vita.

Nel nostro Centro di Ipertermia di Pavia (San Genesio), associamo l’ipertermia alle terapie più convenzionali. In ambito chirurgico raggiungiamo risultati importanti, ma sono pochissimi i pazienti che riusciamo a trattare prima dell’intervento, soprattutto a causa del pregiudizio di alcuni chirurghi, che temono il verificarsi di problemi in sede d’intervento o di cicatrizzazione se il paziente è stato sottoposto a ipertermia nei giorni precedenti l’operazione. La nostra esperienza lo smentisce: quando si può agire prima dell’intervento i risultati sono migliori. Questo dipende probabilmente dalla stimolazione della risposta immunitaria a livello della massa, per cui un tessuto arricchito di cellule immunitarie in virtù del trattamento di ipertermia evita la disseminazione che può intervenire in seguito all’intervento da cui dipende la maggior parte delle recidive locali.

Altro grande campo d’integrazione dell’ipertermia è quello con la chemioterapia. Si può abbinare l’ipertermia alternandola a un trattamento chemioterapico di tipo convenzionale oppure, soprattutto nei casi di pazienti con malattia avanzata, si può applicare una chemioterapia a basso dosaggio contemporaneamente all’ipertermia. Così facendo, potenziamo al massimo l’effetto di sinergia tra le due metodiche e sfruttiamo la stimolazione sull’attivazione del farmaco che il calore è in grado d’indurre.

Ancora più importante è l’interazione con la radioterapia. Sono stati condotti numerosi studi, soprattutto nei paesi del nord Europa, in Olanda in particolare, dove l’ipertermia è applicata normalmente dai radioterapisti anziché dagli oncologi. L’associazione tra ipertermia e radioterapia consente una riduzione del dosaggio di quest’ultima di circa il trenta per cento, con la conseguente riduzione degli effetti collaterali per il paziente, che, nel caso della radioterapia sono effetti collaterali da accumulo: molto scarsi nelle prime sedute, aumentano in modo significativo quando il paziente si avvicina al livello soglia del trattamento. Nella maggior parte dei casi, riuscire a ridurre del trenta per cento il dosaggio significa ridurre il numero delle sedute, quindi la dose globale somministrata al paziente. C’è un potenziamento reciproco delle due metodiche: una agisce sulle cellule ben ossigenate, l’altra su quelle scarsamente ossigenate. Inoltre, così facendo, si ottiene la preservazione della dose globale. Ogni tipo di tessuto può sopportare un certo quantitativo d’irraggiamento: quando esso viene raggiunto, il tessuto, in quella zona, non può più essere irradiato per tutta la vita del paziente. Non utilizzare, nel corso di un primo trattamento tutta la dose disponibile, grazie all’associazione con l’ipertermia, permette di poter disporre dello strumento della radioterapia anche successivamente, secondo le necessità del paziente.

Un aspetto estremamente importante, dal punto di vista dell’integrazione delle terapie, è il sostegno al sistema immunitario, che si può ottenere con vari tipi di sostanze oppure con metodiche come l’agopuntura, che ha una grande efficacia nel paziente affetto da tumore sia nella gestione del dolore sia nel potenziamento dell’immunostimolazione. Le sostanze utili al supporto immunitario sono le più disparate, non sempre si tratta di farmaci ma piuttosto di corrette abitudini alimentari da insegnare al paziente.

Gli estratti del Viscum Album, una pianta parassita, hanno la capacità d’inibire la proliferazione delle cellule nel momento in cui stanno replicandosi velocemente, quindi delle cellule tumorali. L’acido retinoico favorisce la differenziazione cellulare, mentre altre sostanze, come la talidomide per esempio, rallentano l’angiogenesi.

Da circa due anni, stiamo sperimentando sui pazienti in trattamento il supporto agopunturistico, che può essere utilizzato innanzitutto come sostegno sintomatologico nella terapia antalgica, cioè per il controllo del dolore a livello locale (pensiamo a pazienti che hanno metastasi ossee o compressione dei tronchi nervosi). In questi casi non possiamo eliminare la terapia antidolorifica, però spesso riusciamo a ottenere una riduzione dei dosaggi, quindi una riduzione degli effetti collaterali per il paziente. Negli Stati Uniti, esistono divisioni di agopuntura affiancate a quelle di oncologia, mentre in Italia attualmente si sta sperimentando solo in una struttura pubblica di Milano. Il trattamento con l’agopuntura durante la chemioterapia riduce la nausea e le manifestazioni secondarie (come le mucositi), rafforza e sostiene il sistema immunitario e così facendo diminuisce il rischio di contrarre infezioni, l’uso di antibiotici e l’ospedalizzazione del paziente. Numerosi studi mettono in relazione l’aumento dell’attività immunitaria con l’uso dell’agopuntura. Ci sono alcune zone individuate dall’agopuntura che possono essere stimolate con differenti metodiche: è stato dimostrato che pungendo questi punti con una determinata cadenza, in un determinato modo e per lassi di tempo prestabiliti, nel sangue dei malati si assiste a un aumento delle citochine, sostanze prodotte dalle cellule del sistema immunitario che ne modulano l’attività. Questo è quanto cerchiamo di compiere quotidianamente. Il nostro obiettivo è quello di migliorare la qualità di vita del paziente, non quello di ottenere semplicemente il prolungamento della sua sopravvivenza.