FERMARSI A RIFLETTERE E A RAGIONARE

Qualifiche dell'autore: 
giornalista, scrittrice

La lettura del libro di Ruggero Guarini, Fisimario 2008 (Spirali), mi ha arricchita molto perché è un testo esigente. Il metodo di confrontare in maniera asincronica personaggi storici diversi costringe il lettore a fermarsi a riflettere e a ragionare, un effetto rafforzato dallo stile paradossale con cui elogia quello che vuole demolire e disprezza ciò che invece vuole lodare. Non si legge dunque tutto d’un fiato, perché la moltitudine di richiami storici pone alla nostra attenzione tante questioni dagli aspetti poco conosciuti: ad esempio, il fatto che Giacomo Leopardi scrisse testi in qualità di economista, presentando argomenti convincenti di economia liberista; o il fatto che la Costituzione italiana è di chiaro stampo socialista e che fu Palmiro Togliatti a introdurre la difesa della proprietà privata. 

Dei tantissimi temi offerti dal Guarini, ho pensato di sceglierne uno che a mio avviso ha particolare bisogno di essere conosciuto, soprattutto al Nord: quello del Risorgimento “al contrario”, una lettura che spiega molti accadimenti altrimenti incomprensibili, fra cui il brigantaggio. A questo proposito, cito la lettera di Franceschiello a Beppe Grillo, nella quale l’Autore fa dei Borbone una difesa non retorica, appoggiata alle parole di Beppe Grillo. 

Così Franceschiello, l’ultimo Borbone Re di Napoli, elogia Beppe Grillo quale autorità sulla storia: “Splendido [anche] il passaggio in cui ha riassunto il significato che la fine di quel regno ebbe per il Mezzogiorno d’Italia, ricordando che Napoli, che proprio grazie alla mia casata era diventata una capitale europea, sotto i Savoia decadde invece all’istante alla condizione di capitale di una colonia spremuta dalle rapine dei piemontesi, insanguinata dai massacri che scandirono la guerra al cosiddetto brigantaggio e devastata dal dramma dell’emigrazione di massa. Simpaticissima infine l’idea di infilare nella sua arringa l’invito a proporre un referendum per far tornare i Borbone. […] Coraggiose le parole con cui ella è tornato a spiegare ai napoletani che il Risorgimento è una balla, giacché l’Italia Una nacque in realtà dalle guerre di aggressione con cui il Piemonte riuscì ad annettersi tutti gli staterelli preunitari, compreso l’antico Regno delle due Sicilie”. 

In un altro punto si ricordano le opere realizzate durante il Regno dei Borbone, interessanti specie per chi a scuola ha imparato che il Mezzogiorno è sempre stato arretrato e oscurantista (colpa, naturalmente, della Chiesa cattolica). Guarini ci dice invece che furono realizzate opere all’avanguardia rispetto al Nord. 

Cito dalla stessa lettera: “[…] negli ultimi anni, sono stati scritti innumerevoli libri dai quali risulta che i Borbone di Napoli, dal grande Carlo III al mio povero papà – Ferdinando II –, che per la sua supposta crudeltà fu volgarmente chiamato Re Bomba, in quasi ogni settore – architettura, urbanistica, arte, teatro, musica, pensiero, opifici, industria, agricoltura, trasporti, marina, istruzione pubblica, beneficenza, programmi sociali, giardini e parchi – dimostrarono di essere dei sovrani illuminati e moderni”.

Del pari illuminante è la lettera di Ferdinando II di Borbone a Silvio Berlusconi, dove il re invita il Cavaliere “a riesaminare l’accusa di estrema ferocia che mi è stata sempre rivolta alla luce di questo modesto raffronto: mentre il mio contemporaneo Carlo Alberto, il re piemontese onorato da circa due secoli come uno dei padri dell’Italia Una, in un solo anno (il 1831) condannò alla forca ben 44 ‘patrioti’, io, durante tutto il mio regno, feci impiccare un solo liberale: quell’Agesilao Milano che aveva attentato alla mia vita. E veniamo alle ragioni per cui penso che nessun nome meriti più del mio di figurare in cima al nuovo Politecnico campano: io fui non soltanto l’ultimo vero uomo di Stato che il Sud abbia avuto, bensì anche, proprio per il mio fiuto nelle faccende industriali, finanziarie e tecnologiche, il sovrano italiano più ‘moderno’ del mio tempo”. E prosegue con l’elenco delle opere che distinsero il suo regno (1831-59): “Creai una grande flotta mercantile (la seconda del tempo a livello mondiale, subito dopo quella inglese). Inaugurai la più importante officina meccanica dell’Europa continentale. Costruii la prima ferrovia italiana. Feci entrare in servizio di linea il primo battello italiano a vapore. Volli la creazione di una linea telegrafica diretta fra Napoli e Palermo. Feci progettare e costruire il primo ponte sospeso in Europa continentale. Incoraggiai ogni tipo di manifattura. E alla Mostra Universale di Parigi l’industria napoletana si collocò al secondo posto mondiale […]”. 

Credo che tutto questo sia utile anche per farci capire quanto possa essere efficace e duratura una campagna propagandistica condita di bugie o parziali verità; quanto riesca a diffondersi e quanto sia radicalmente difficile contrastarla. Potrebbe essere un invito anche a stroncare sul nascere le bugie che continuano a prodursi, oggi, su tanti argomenti.

C’è un punto, infine, su cui non sono d’accordo con Guarini: quando cita due personaggi “cristianissimi”, sant’Agostino e Blaise Pascal, attribuendo loro posizioni favorevoli all’eutanasia e all’aborto. Ritengo che non si possano estrapolare dal contesto le citazioni dei due Autori, come fa Guarini; quando per esempio sant’Agostino dice “Ama e fa ciò che vuoi”, secondo la dottrina cristiana, si riferisce all’amore per Dio, non all’amore come sentimento o come emozione generica. Secondo il pensiero cristiano, se una persona ama Dio, farà il volere di Dio. Per questo ritengo che non si possa attribuire ad Agostino e Pascal un’implicita approvazione della scelta di Peppino Englaro o dell’aborto.