Dario Fertilio

  • Nel suo ultimo libro, Dirsi tutto. L’arte della comunicazione totale (Lindau), lei scrive che “ogni sistema di segni, anche il più articolato e raffinato, si appoggia a quello della lingua verbale” e che dunque “il mondo per noi esiste veramente soltanto perché lo nominiamo, è un effetto della parola”. Che cosa comporta questo per la vita civile, in particolare per l’economia, l’impresa, la politica, in cui sembra che debbano prevalere, secondo lo slogan, i fatti e non le parole?

  • Il primo titolo che avevo pensato per il mio libro Il virus totalitario (Rubbettino) era La falce uncinata, per collegare con i loro simboli i due grandi totalitarismi del Novecento, il comunismo bolscevico e il nazionalsocialismo hitleriano. Che cosa li caratterizzava e che cosa li unificava? Il comunismo è la promessa universale di portare sulla terra la giustizia e un paradiso in cui tutti avrebbero avuto secondo le loro necessità e dato secondo le loro possibilità. Il nazionalsocialismo, il suo grande fratello nemico, prometteva lacrime e sangue a chi non faceva parte