Monaco Carlo

  • Ringrazio gli organizzatori del dibattito “La follia, la scrittura, il potere” per avermi fatto incontrare le opere di Francesco Saba Sardi, un autore che non conoscevo. Leggendo i suoi scritti, negli ultimi venti giorni, mi ha colpito molto la sua poliedricità. È stato in grado di tradurre da sette lingue, anche libri di grande letteratura e difficilissimi: un’impresa straordinaria. Per esempio, ha tradotto La nave dei folli di Sebastian Brant, poema famoso anche ai suoi tempi, in rima baciata dal tedesco del 1494. Saba Sardi si è occupato anche di critica d’arte

  • La filosofia non gode di buona fama. A proposito di vecchiaia, un noto proverbio latino che viene usato ancora oggi è: primum vivere deinde philosophare, ossia “prima vivere, poi filosofare”, dove “filosofare” allude al fare delle chiacchiere. Prima bisogna vivere. Ma cosa significa vivere? Essere venuti al mondo è di per sé un valore? Seneca, un grande filosofo dell’antichità, disse: “Non è un bene vivere, ma vivere bene”. La prima domanda a cui nessuno può sfuggire è “Vale la pena vivere per il solo fatto di esistere?”, oppure la vita è qualcosa che va vissuta

  • Non c’è dubbio che le grandi ideologie della tradizione culturale occidentale si siano sviluppate sotto il segno di una tendenza crescente verso la piena omologazione valoriale di tutti gli esseri umani tra loro.
    Incominciò la filosofia greca, proponendo il modello dell’uomo razionale, portatore di una ragion pura con le sue categorie intellettuali, ma anche di una ragion pratica regolativa dell’agire individuale e collettivo. Una delle migliori sintesi di questa prospettiva è indicata nelle parole del seicentesco Spinoza: gli esseri umani non devono lasciarsi trasportare da alcuna

  • La mia solidarietà con Armando Verdiglione incominciò tanti anni fa, verso la metà degli anni ottanta, con due circostanze abbastanza precise, che ricordo perché sono un po’ il filo originario di questo rapporto.
    Il primo episodio fu quando, nel 1988 la casa editrice Spirali organizzò a Bologna una presentazione di libri di dissidenti sovietici. Allora ero responsabile culturale del Partito Comunista a Bologna e fui l’unico ad aderire immediatamente all’incontro e a partecipare al dibattito. A me sembrava ovvio partecipare: dopo decenni in cui verbalmente il Partito Comunista Italiano

  • L’attuale attacco giudiziario contro Armando Verdiglione non è incominciato con il normale controllo fiscale che ha portato al processo, ma partecipa di una vicenda iniziata intorno alla metà degli anni ottanta, che denota un’ostilità a vasto raggio nei confronti di un attore importante della cultura. Non sono psicanalista, quindi non ho interesse a difendere una scuola anziché un’altra: considero il modo con cui Verdiglione opera e lo confronto con la prassi, le abitudini, le regole e le convenienze con cui operano gli intellettuali all’interno della nostra società. Mi riferisco al mondo

  • La psicanalisi ha avuto in Europa un destino singolare. Come scrive Sergio Dalla Val nel suo libro In direzione della cifra. La scienza della parola, l’impresa, la clinica (Spirali), è stata avversata dal partito comunista e dalla chiesa. I comunisti erano contrari perché le nevrosi erano considerate il portato del capitalismo, sostenevano che in Russia i lavoratori non hanno nevrosi, sono talmente realizzati nel loro lavoro che non hanno nulla di cui curarsi, la nevrosi è un sintomo borghese.

    La chiesa vedeva nella psicanalisi una

  • Poiché siamo abituati ad associare alla parola democrazia il concetto di progresso, il libro di Alain-Gérard Slama, La regressione democratica (Spirali), già nel titolo è una provocazione. La sinistra italiana ha sempre formulato come teoria politica di riferimento la democrazia progressiva, l’unica teoria che giustificava il socialismo come compatibile con la democrazia. Infatti, dal riconoscimento esplicito, durante gli anni settanta, che una teoria dello stato socialista in senso marxiano non esistesse, la sinistra italiana si è ancorata all’idea di una

  • La prima cosa che mi ha impressionato del libro di Massimo Mola è il titolo, Come ascoltare gli edifici. Non mi stupisce che un lettore del “Resto del Carlino”, questa mattina, chieda al giornalista che cosa significhi questo titolo. Si ascolta chi parla, quindi, potremmo pensare a una metafora, a un modo di dire un po’ inconsueto, a una sorta di animismo: parlano gli alberi, le città e così via. Ma io penso che non si tratti di una metafora: l’idea che anche gli edifici parlino è da prendere alla lettera. Secondo un concetto filosofico ottocentesco, lo spirito degli uomini può

  • Per introdurre il dibattito intorno al libro di Sergio Mattia, L’ambiente, la città, i valori, vorrei fare un’osservazione: la città troppo spesso tende ad essere considerata, sopra tutto dagli architetti, in termini un po’ meccanici, cioè come un insieme di spazi organizzati. Secondo questa impostazione governo del territorio significherebbe dire: qui costruiamo le case, qui facciamo le strade, qui mettiamo i servizi, qui gli ipermercati e poi qui mettiamo la ferrovia che collega tutto. Programmare una città, come operazione marcatamente urbanistico territoriale, spesso è un’

  • Da anni a Bologna si discute della costruzione di una fascia boscata, duecento ettari di piante attorno alla tangenziale, perché l’inquinamento del suo traffico non giunga in città. Cosa può dirci a questo proposito?