“PASSAGGIO GENERAZIONALE” O FORMAZIONE DI NUOVI IMPRENDITORI?

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CEO di TEC Eurolab, Campogalliano (MO), presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Emilia Area Centro

Il tema di questo evento, L’eredità intellettuale dell’impresa nell’era dell’AI (Confindustria Emilia Area Centro, Modena, 21 novembre 2024), certa mente ha a che fare con il cosiddetto passaggio generazionale, ma anche con l’ingaggio e il coinvolgimento dei collaboratori. L’impresa è costituita da persone, da dispositivi, da processi, non è un oggetto che possa essere posseduto o ceduto. E non appartiene all’imprenditore, per questo occorre distinguere fra la società – con il suo capitale sociale di cui l’imprenditore o gli azionisti detengono le quote – e l’impresa, che comprende differenti aspetti. Lo vediamo molto bene quando un’azienda d’eccellenza viene ceduta a un fondo d’investimento: se vengono presi in considerazione sol tanto i macchinari, le tecnologie e il portafoglio clienti, come se le persone fossero sostituibili, si perde la particolarità dell’impresa e l’azienda di fatto riduce sempre più il suo valore, a volte fino a estinguersi. Motivo per cui è essenziale la nostra missione di Giovani Imprenditori di Confindustria Emilia Area Centro, che è quella di contribuire alla formazione della prossima generazione imprenditoriale, affinché questo valore possa trasmettersi e continuare a generare ricchezza sul territorio.

Allora, come contribuire alla formazione dell’imprenditore? Prendo spunto dal libro dell’economista Emilio Fontela, Come divenire imprenditore nel XXI secolo (Spirali), che sottolinea l’importanza dell’intersettorialità, da una parte, e del brainworking, dall’altra.

A proposito di trasversalità delle competenze, in un recente convegno, ho invitato i rappresentanti dell’Università di Modena e Reggio Emilia a non considerare l’intelligenza artificiale come una disciplina specialistica, esclusivamente informatica, ma come un’opportunità rivoluzionaria che avvia un’altra era, di cui ciascuno dovrebbe tener conto. È come se si passasse dall’età del bronzo all’età del ferro e, come sappiamo, entrare nell’età del ferro con armi di bronzo ha portato sfortuna a diversi popoli. Avere a disposizione gli strumenti dell’AI farà assolutamente la differenza fra un’azienda e l’altra, perché stravolgono completamente il modo di lavorare. Quindi devono riguardare ciascuno, anche l’imprenditore, anche il management, per riuscire a trarne benefici.

A maggior ragione, nessun imprenditore o manager che opera in un’organizzazione può fare a meno degli strumenti del brainworking, che consentono d’instaurare dispositivi di riuscita e alleanze di valore con i col laboratori, con i clienti e con ciascun interlocutore che s’incontra nella giornata. E questo è essenziale, perché oc corre che nell’impresa ciascuno divenga protagonista nel proprio ambito.

Se la nostra missione è quella di contribuire alla formazione della prossima generazione imprenditoriale, non possiamo limitarci ai nostri associati, gli imprenditori e i figli degli imprenditori. Organizziamo tantissime iniziative, anche con le scuole medie e superiori e con l’università, puntando sull’entusiasmo dei ragazzi che incontriamo, per dare testimonianza che è possibile fare impresa e che ciascuno può elaborare un progetto d’impresa e seguire un sogno imprenditoriale. Sappiamo che il passaggio generazionale in Italia avviene soltanto nel 30% dei casi, percentuale che si traduce in un rischio enorme per il nostro tessuto imprenditoriale. Sicuramente la nuova generazione deve fare la propria parte, però anche la generazione precedente deve cercare di coinvolgere i giovani, che siano i figli o i collaboratori, e accettare che divengano protagonisti nel proprio ambito d’interesse, non meri esecutori. Spesso ci si lamenta che i ragazzi della cosiddetta generazione Z non vogliono svolgere ruoli di responsabilità, accampando pretesti come il mantenimento del work-life balance. In realtà, chi rifiuta una responsabilità è perché non si sente protagonista rispetto alla funzione che svolge. Ciascuno assume un ruolo di responsabilità se gli interessa davvero, se avverte di contribuire alla riuscita di ciò che fa, dando un valore aggiunto, non se sente di farlo per procura. Inoltre, è essenziale riuscire a instaurare interlocuzioni con i giovani affinché possano intendere che nell’azienda in cui danno il loro contributo stanno lavorando anche per il proprio percorso, per la propria crescita, per la propria impresa di vita. Questo è essenziale, altrimenti qual è l’impresa di ciascuno? Qual è l’impresa del giovane che “non vuole” assumere responsabilità? Si limita alla partita di calcetto alla sera mentre l’Europa brucia? Noi abbiamo la guerra alle porte, con i russi che bombardano un paese europeo come l’Ucraina, abbiamo intere filiere industriali, come l’automotive, a rischio – anche grazie alla devastante politica del green deal – e, all’interno di questo scenario, è possibile che un giovane badi soltanto al proprio presunto equilibrio vita-lavoro?

Io credo che, se riusciamo a coinvolgere i giovani, se riusciamo a farli sentire protagonisti del loro percorso, possiamo produrre molto valore e riuscire a dare un avvenire, una continuità, un’eredità intellettuale alle nostre imprese.