PERCHÉ, COME E COSA L’IMPRENDITORE TRASMETTE AI FIGLI?

Immagine: 
Qualifiche dell'autore: 
presidente di TEC Eurolab, Campogalliano (MO) e di EUROLAB, vicepresidente di ASSOTIC

Oltre che presidente di TEC Eurolab, lei è presidente di EUROLAB (la federazione europea dei laboratori e organismi di certificazione), e vicepresidente di ASSO TIC, la corrispondente associazione italiana, quindi avrebbe tanto da raccontare dei dispositivi della parola che instaura in ciascuna di queste associazioni nazionali e internazionali. Ma nello specifico del nostro convegno (L’eredità intellettuale dell’impresa nell’era dell’AI, Modena, 21 novembre 2024), segnalo che il suo libro, La mia bussola. L’amicizia, la famiglia, l’impresa (Spirali), è divenuto uno strumento essenziale per trovare un approccio nuovo alle questioni che con cernono il cosiddetto “passaggio generazionale”. Dalla sua pubblicazione sono intervenute varie trasformazioni nella vostra azienda, anche con l’ingresso dei suoi figli, Luca e Marco, che hanno portato il loro contributo particolare e specifico. Che cosa ha influito nel loro itinerario intellettuale? Quando e come è nato il loro entusiasmo per la vita dell’impresa? Possiamo identificare un momento preci so o si tratta di un processo che non ha un inizio ben definito ed è tuttora in atto?

Per eredità s’intende comunemente qualcosa che si trasmette o che comunque passa da un proprietario all’altro. Quando però trasmettiamo l’eredità intellettuale, la cultura, non rimaniamo senza, non è come passare danari che erano nostri e poi non lo sono più. Allora, se il passaggio gene razionale è inteso come trasmissione dell’eredità intellettuale, cerchiamo d’intendere perché è importante tale trasmissione, ma anche come può avvenire e cosa si trasmette in effetti.

Relativamente al perché, è presto detto ed è un perché strategico. Se non ce ne occupiamo, verrà il momento in cui non saremo più in grado di guidare l’impresa, o ne saremo stanchi, o non ce la sentiremo di affrontare sempre nuove sfide in un mondo sempre più vuca e magari anche un po’ troppo woke. Insomma, a un certo punto, presto o tardi, verrà il momento di dire: “Passo la mano”. A chi? Guardarsi intorno solo in quel momento molto spesso significa avere un’unica alternativa: cedere l’impresa. E questo, al di là dell’esito finanziario, potrebbe anche essere un momento triste. Certo, dipende dall’imprenditore e dall’idea che egli aveva sviluppato relativamente alla propria vita e all’impresa. In ogni caso sarà un momento molto delicato anche per i lavoratori, che potrebbero trovar si improvvisamente a transitare da un imprenditore che da quarant’anni viveva giornalmente l’impresa al manager di una multinazionale che è legata al territorio esclusivamente in funzione di quanto il mercato dell’azienda è locale e di quanto la supply chain non è trasferibile altrove. Non sviluppando, cioè, alcun senso del dovere di restituzione rispetto agli stakeholders territoriali.

Relativamente al come è avvenuto il processo di accompagnamento generazionale, nel mio caso, è tuttora in atto, anche se in fase avanzata, siamo già all’accompagnamento verso il rilascio, fase che certamente avrà un suo termine. Per rispondere alla sua domanda, invece, c’è un momento particolare in cui inizia il processo? Sì, quando nasce il figlio. Nel mo mento particolare in cui ti prepari al passaggio generazionale spesso non hai ancora neanche l’azienda: è un momento che ha a che fare con la formazione, con la cultura, quando in cominci a trasmettere la cultura della famiglia. L’itinerario intellettuale non può essere improvvisato nel momento del bisogno, nel momento in cui il figlio decide di proseguire nell’attività dell’impresa. Un itinerario intellettuale è proprio un itinerario, un percorso, un viaggio molto interessante, che si compie giorno per giorno nell’educazione familiare, nelle esperienze formative scolastiche, nelle relazioni interpersonali del bambino, del ragazzo, dell’uomo. Allora, senza pretendere d’impartire insegnamenti, se devo individuare due aspetti estremamente rilevanti rispetto al modo di preparare il giovane al subentro alla guida dell’azienda, dando per acquisita la necessità di una buona istruzione, cito la famiglia e la lettura.

La famiglia perché è quello il primo ambiente sociale e culturale che avvolge e stimola il bambino, si confronta con il ragazzo e lancia l’uomo. Quindi la cultura della famiglia, l’apertura, il racconto, il coinvolgimento, il confronto. Nella nostra famiglia non abbiamo mai escluso i figli dai ragionamenti, dalle considerazioni e nemmeno dalle discussioni relative all’impresa. Se ne parlava a tavola, in auto, in sala, ovunque l’occorrenza lo richiedesse, e i ragazzi erano lì, magari anche distratti, ma poi via via sempre più partecipi, molto prima che maturasse un barlume d’interesse al passaggio generazionale. È chiaro che la cultura non si forma solo in famiglia e non voglio trascurare gli altri attori: la formazione scolastica, universitaria, le esperienze cultura li e quelle maturate nello sport, la vita associativa e quant’altro, tutto concorre in qualche misura, ma qui stiamo parlando di eredità intellettuale dell’impresa e ciò presuppone che l’impresa abbia una sua identità cultura le, valoriale (e questo fa parte già del cosa trasmettere). Ebbene, qualunque sia questa identità culturale, chi mai l’avrà impressa nell’azienda, se non l’imprenditore, e su quali valori avrà trovato fondamento l’identità culturale dell’azienda, se non sui valori dell’imprenditore e della sua famiglia? L’applicazione di questi valori, dichiarati o anche solo agiti, ma mai solo dichiarati, nel tempo e attraverso le varie vicissitudini dell’impresa andranno a costituire una sorta di Dna dell’impresa stessa e questo è ciò che il padre, la famiglia, lascerà al figlio come eredità intellettuale dell’impresa. È un’eredità intellettuale caratterizzante l’impresa, ma anche sempre in divenire, ed è compito del nuovo imprenditore applicare il proprio capitale valoriale-intellettuale per fare progredire l’impresa.

Quindi, la cultura della famiglia, salda nei valori, ma in continua evoluzione, è fondamentale nello sviluppo del futuro imprenditore. Sarà pure banale, ma è una cosa in netto contrasto con l’idea di chi vuole tenere l’impresa fuori dalla porta di casa all’insegna del “mi impegno tutto il giorno in azienda, a casa datemi tregua e parliamo d’altro”. Certo, parliamo anche d’altro, di tantissimo altro, quasi sempre di altro, ma non eludiamo mai argomenti aziendali, non rinunciamo a dare una spiegazione e nemmeno a chiedere un parere, anche al figlio, che in quel momento è lontano dall’idea di impresa. Chiediamogli: “Tu che cosa avresti fatto? Perché? Secondo te quali conseguenze avrebbe avuto? Ti pare in linea con i nostri valori, con il nostro modo di intendere il lavoro e la vita?”.

Ma passiamo al secondo fattore di importanza fondamentale: la lettura. Vorrei sottolineare l’importanza straordinaria della lettura nella formazione intellettuale del giovane. La lettura è qualcosa di estremamente personale: sei tu con il libro, leggi e pensi, costruisci i tuoi pensieri, senza che vengano preconfezionati o influenzati da altri elementi, da una scena o una relazione; sei tu con il libro e i tuoi pensieri. È un percorso bellissimo, il bambino può iniziare dalle fiabe, magari lette dalla mamma e dal papà, e fantasticare su mondi immaginari, creare le sue storie, illustrarle nei disegni; poi magari passerà ai leggendari eroi omerici, ai Romani, alle saghe, a Roncisvalle con Orlando, Durlindana e Olifante, e così si appassionerà alla lettura e non smetterà più. E, seguendo i propri interessi, arriverà ai classici, ai filosofi, agli economisti, ai romanzieri, e così via. Nella lettura, e nel pensiero che accompagna e segue la lettura, si forgia il capitale intellettuale, il carattere e la voglia di fare impresa, lo spirito d’intraprendenza, d’innovazione, di non accettazione dello status quo per sonale e sociale, che è proprio ciò che caratterizza la cultura e l’approccio imprenditoriali. Chiaramente, sia mo ancora lontani dall’idea di stare seguendo un percorso per prendere “il posto del papà” un bel giorno o per guidare un’impresa, però siamo già sulla via di divenire imprenditori della più grande impresa che ci sia: quella della propria vita.

E questo ovviamente, quando viene il momento, se viene, di entrare in azienda, rende il giovane pronto ad affrontare un’altra fase di un processo che richiede anni e che può essere delineato in tre fasi principali: accompagnamento all’ingresso, coesistenza e accompagnamento all’uscita.

Dopo aver visto il perché e il come, passiamo al cosa trasmettere: è chiaro che verranno trasmessi quei valori che l’imprenditore è riuscito a infondere nella sua impresa, ma è anche necessario che l’imprenditore “uscente” sia consapevole che tutto è in divenire, che il mondo intorno e dentro all’impresa cambia e mai come in questi ultimi anni i cambiamenti sono stati e sono veloci e a volte fatti da fughe in avanti e successive correzioni, con altrettante rapide retromarce, come appunto richiede un ambiente molto vuca, ma nulla sarà più come prima. Allora, nella fase matura dell’accompagnamento, non si scherza, non si deve aggiungere incertezza: le deleghe al giovane imprenditore devono essere precise e rispettate. In altre parole, l’imprenditore entrante deve essere lasciato lavorare, deve potere misurarsi con le sfide strategiche, quelle tattiche e quelle di gestione quotidiana. Ma se abbiamo fatto insieme il percorso che ho descritto, il tutto sarà semplice e avverrà in modo quasi naturale.

A proposito di eredità intellettuale, TEC Eurolab, già all’inizio degli anni duemila, ospitava nella sua sede conferenze di economisti, scrittori e filosofi. Oggi qualche azienda incomincia ad avvertire l’esigenza della crescita e della valorizzazione del proprio patrimonio intellettuale, ma nulla resta e nulla si valorizza senza la lettura e la scrittura, senza il dibattito internazionale e intersettoriale. A questo proposito, in occasione dell’inaugurazione della sede di Campogalliano, in viale Europa, nel 2002, voi avete invitato l’economista statunitense Dominick Salvatore: è stato un gesto culturale, che avete condiviso con i collaboratori e i clienti. E da lì è incominciata un’attività di eventi aperti al pubblico che vi ha fatto incontra re autori di grande interesse per il viaggio dell’impresa. Poi non ci meravigliamo se TEC Eurolab è un mito e ha la fila di candidati, anche in questo momento di carenza di lavoratori qualificati.