L’EREDITÀ INTELLETTUALE DI GIOVANNI MONDINI

La G. Mondini S.p.A. è stata fondata nel 1972 da suo nonno, Giovanni Mondini, di cui lei sta valorizzando l’eredità intellettuale in un libro, che presto sarà dato alle stampe. Suo nonno non è stato soltanto un imprenditore, pioniere nel suo settore, ma ha fatto tanto per la comunità e per le famiglie dei suoi collaboratori. Basti pensare che è stato sindaco per dieci anni del suo paese, Cologne, in provincia di Brescia, dove ha sede la vostra azienda, definita la Ferrari delle macchine per il packaging. L’idea da cui è partito Giovanni è nata per sostituire le buste per le zuppe destinate alle mense con i vassoi di alluminio, per cui ha incominciato a proporre la sua idea a varie industrie, fra cui la Findus, che è stata il suo primo cliente, e poi ha proseguito con altri grandi colossi del settore alimentare, che trovano tuttora in Mondini una garanzia di eccellenza. Ci racconta in che modo il contributo di suo nonno è stato ed è tuttora essenziale per l’azienda e per la famiglia, insieme al contributo della nonna, Jole Mondini, che continua a occuparsi degli aspetti amministrativi.
La G. Mondini S.p.A. è un’azienda familiare nata per sviluppare impianti industriali, attraverso applicazioni di ingegneria. Mio nonno ci teneva a sottolineare che, nonostante non avesse fatto l’università, è sempre stato appassionato di tecnica, di disegni e di impianti industriali e ha sviluppato macchinari per il confezionamento e l’imballaggio in generale. Aveva imparato a disegnare, a progettare e a trattare i metalli nelle lavorazioni meccaniche al corso di avviamento professionale. Poi, a diciotto anni, aveva incominciato a lavorare come operaio in un’azienda che costruiva macchine e presto ne era diventato responsabile di produzione, anche perché riusciva a progettare linee di produzione innovative. A venticinque anni ha avviato insieme a due soci un’azienda che fabbricava macchine per vari settori: era molto abile nel creare cinematismi e soluzioni automatiche per eseguire lavorazioni complesse. In questa esperienza ha acquisito i primi elementi di gestione aziendale ma, dopo poco tempo, considerando che era lui ad avere le idee e a progettare le macchine, si è messo in proprio. Intanto, aveva costruito impianti per linee di produzione enormi, come quella che serviva per confezionare a una velocità incredibile le figurine dei calciatori della Panini. È una tecnologia che si utilizza tuttora, dopo cinquant’anni, e questo indica non soltanto il suo talento per l’innovazione, ma anche la sua vocazione per la meccanica.
Vedendo poi un’opportunità nella crescita delle cucine centralizzate, ha deciso di investire il suo tempo e la sua inventiva nel creare linee per il confezionamento di piatti pronti, dapprima nelle vaschette d’alluminio e poi di plastica, quando essa ha soppiantato l’alluminio nella quasi totalità delle applicazioni.
Mio nonno ha creato l’azienda dal nulla insieme a mia nonna e vi ha messo in gioco tutta la sua passione, tutta la sua vita. La sua scommessa era assoluta: ha sempre puntato a costruire qualcosa che fosse bello e utile per la comunità. Per questo non ha fatto solo l’industriale, ma, come ricordava lei, per dieci anni è stato sindaco del paese, sempre per dare sostegno e mettere le sue competenze al servizio della comunità. Ed è stato molto abile nel trasmettere questo approccio nell’azienda, soprattutto a tutti coloro che hanno funzioni di direzione: la moglie, i figli, i manager e i dirigenti.
Non a caso, noi abbiamo sempre avuto un incremento del numero di collaboratori e stiamo continuando ad assumere. Negli ultimi dieci anni abbiamo praticamente raddoppiato il personale, pur mantenendo i nostri collaboratori più vecchi, che hanno incominciato a lavorare con noi quando avevano quattordici anni e adesso stanno andando in pensione un po’ alla volta. Ciascun collaboratore ha sempre “abbracciato” l’azienda come se fosse una seconda casa, in cui si percepisce quasi un senso di fraternità, in cui ciascuno dà il suo apporto per un obiettivo comune e non ci sono disuguaglianze, recriminazioni, risentimenti, ma la sensazione di remare tutti con forza nella stessa direzione. Questo è potuto accadere soprattutto perché mio nonno si metteva sempre in prima linea con chi lavorava operativamente ai progetti, e questo ha fatto molto la differenza, perché non è mai stato un “boss”, un capo che diceva agli altri cosa fare. Nonostante non avesse studiato ingegneria, dava prova di grande competenza tecnica, e questa era anche la vera fonte della sua leadership. Per questo si lasciava continuamente coinvolgere nei progetti, mettendosi in discussione e in gioco per far crescere l’azienda, soprattutto a livello pratico: faceva parte del suo Dna e ci teneva tanto. Questo è stato recepito molto bene dai nostri manager e anche dai nostri tecnici, perché hanno sempre visto in Giovanni Mondini, all’epoca, e nella prima linea manageriale, adesso, punti di riferimento, veri e propri interlocutori da cui possono attingere sempre un supporto e con cui condividere le problematiche e i ritmi di lavoro, che a volte possono essere molto frenetici.
Di recente abbiamo ricevuto i complimenti di un grande cliente americano, che è stato da noi una settimana per il collaudo di una linea imponente e ha vissuto dal vivo, ha respirato il nostro approccio. È rimasto molto colpito nel constatare che anche una figura di alto livello coinvolta nel progetto, come il nostro CEO, Paolo Mondini, mio zio, è sempre rimasta al fianco dei tecnici; inoltre, ha capito che il dispositivo dei tecnici con il CEO dava una marcia in più quando occorreva affrontare le complessità del collaudo di una linea che all’inizio presentava problematiche importanti. Tra parente si, se sono state risolte è anche grazie al supporto e alla guida di mio zio, oltre che dei manager coinvolti. Quindi il cliente si è complimentato con noi per ché non è scontato che la prima linea manageriale si metta in discussione e che sia così tanto a contatto anche con chi lavora operativamente, con gli operai, gli ingegneri e i disegnatori. È un valore aggiunto enorme, soprattutto se pensiamo che abbiamo dovuto lavorare una quantità considerevole di ore sul progetto, cosa lontana dall’approccio americano, in cui il capo, dopo avere distribuito i compiti agli operai, al termine dell’orario di lavoro va a casa e torna il mattino dopo. Noi invece siamo stati tutti compatti, sempre insieme e, anche se abbiamo dovuto proseguire fuori orario e addirittura lavorare di notte, siamo stati sempre uniti e allineati sull’obiettivo.
Questo per dire che i valori che ha trasmesso Giovanni Mondini si respirano ancora oggi nell’azienda, nono stante sia scomparso nel 2022. Ricordo che ha continuato a venire in azienda fino all’ultimo mese e, se qualche volta non riusciva a venire, voleva sempre essere aggiornato, chiamava gli operai e i disegnatori e continuava a cimentarsi nelle difficoltà, nonostante l’età e le condizioni di salute.
Oltre a generare una spinta verso una maggiore compattezza e un orientamento al risultato, anche dal punto di vista dell’innovazione, il suo insegnamento ha avuto ripercussioni sulla cultura aziendale perché lui ascoltava ciascuno, diceva che ciascuno ha il di ritto di esprimere la propria opinione, che doveva essere analizzata in maniera seria, indipendentemente dal livello e dalla funzione aziendale di chi la enunciava.
Oltre alla laurea in ingegneria aerospaziale, lei ha conseguito un MBA alla Bologna Business School e sta leggendo i classici di filosofia. In che modo l’eredità intellettuale di Giovanni Mondini si scrive anche nell’apporto che lei dà come responsabile del dipartimento di ricerca e sviluppo, che lei stesso ha contribuito a istituire nell’azienda di famiglia?
Come responsabile del dipartimento di ricerca e sviluppo – ma anche adesso che sto iniziando a occuparmi di vari aspetti in modo più trasversale –, sto cercando di adottare e di portare avanti l’approccio di Giovanni per favorire l’innovazione e la nascita di idee che promuovano il miglioramento e lo sviluppo dell’azienda. Coinvolgendo le persone, portandole a interagire, ascoltando i loro consigli, le loro idee, i loro pensieri, c’è un arricchimento intellettuale straordinario e, se un’idea valida viene messa in pratica, si genera molto affiatamento nel team e molta fiducia nell’organizzazione, perché si percepisce che la proprietà non è di stante dalle persone, ma sa ascoltarle e metterle sempre al primo posto.