ERCOLE MARELLI: L’IMPRENDITORE INATTESO

“Desideriamo che si sappia come è fatta la nostra casa di lavoro, qual è la nostra organizzazione tecnica e commerciale, su quali capisaldi è fondata la nostra riuscita”, scrive Ercole Marelli nella monografia d’impresa pubblicata nel 1912, che lei ha analizzato nel suo libro L’imprenditore inatteso. Marelli: i primi vent’anni (1891-1911) (Cierre Edizioni, 2024). Il messaggio, precisa lei, “è indirizzato pre valentemente al pubblico italiano, intriso di un atteggiamento esitante verso i pro dotti elettromeccanici fabbricati in Italia e maggiormente attratti dai prodotti esteri, soprattutto tedeschi” (pag. 24). Questo per dire che un pioniere dell’industria elettromeccanica italiana, come Ercole Marelli, era costretto a lottare contro la concorrenza tedesca nella stessa patria del made in Italy…
Il successo della sua lotta – che in effetti era contro i funzionari corrotti, che avevano buon gioco nel favorire i tedeschi negli appalti pubblici – arrivò il 17 febbraio 1912, quando la Gazzetta Ufficiale pubblicò un Decreto Ministeriale, i cui articoli istituivano una Commissione consultiva al Ministero del Tesoro, incaricata di coordinare gli approvvigionamenti per le Amministrazioni dello Stato, affidandoli all’industria nazionale. Con questo decreto, veniva premiato l’impegno di Marelli contro lo strapotere dell’industria elettromeccanica tedesca e la corruzione negli appalti della pubblica amministrazione. Tale iniziativa può essere considerata a tutti gli effetti antesignana dell’odierna Consip (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici), istituita solo ottantacinque anni dopo, ma ci fa capire anche quanto sia radicata la corruzione in Italia: un problema storico che non è ancora stato debellato.
L’Osservatorio Monografie d’Impresa, che lei presiede, valorizza l’heritage delle grandi, medie e piccole industrie che raccontano la loro storia e partecipano alla selezione per la premiazione annuale, che si svolge all’Università di Verona. Con il suo libro su Ercole Marelli, però, lei restituisce ai lettori l’eredità intellettuale di un industriale che vanta una serie di primati, dal welfare al marketing e all’internazionalismo. Cosa può raccontarci a questo proposito?
Quando si parla di aziende di quel periodo (1891-1911), si pensa subito ad ambienti pieni di fumo, in cui la qualità della vita è quasi assente. Invece, per Ercole Marelli il benessere dei lavoratori era una priorità fin dall’inizio, per questo cambiava sede man mano che aumentava il fatturato, che cresceva con il numero dei lavoratori, e dai 50 metri quadri del 1891 arrivò ai 65.000 metri quadri del 1911, quando gli operai erano diventati 1500. E gli stessi passi da gigante che la Marelli era riuscita a fare in soli vent’anni erano dovuti proprio all’approccio dell’imprenditore, davvero “inatteso” per quel periodo, che ha preceduto, con largo anticipo, le inizia tive di welfare del ben più noto Adriano Olivetti.
Partiamo dalla scelta della copertina, che riflette la modernità di Marelli. La tipica foto dei dipendenti con il titola re, che di solito è inserita nelle ultime pagine delle monografie aziendali, nella monografia del 1911, pubblicata per l’anniversario dei primi vent’anni di attività, era in terza pagina e voleva comunicare da subito un messaggio importante per l’imprenditore, ovvero che il successo della sua azienda era dettato da tutti, operai e impiegati. La modernità della monografia della Marelli risiede anche nella sua capacità di raccontarsi attraverso il “noi”, senza mai ricorrere ai termini “dipendenti” o “io”. Tant’è che durante la celebrazione, il prefetto di Milano fece notare: “Signori, questo non è un padrone, ma un ‘padre’ per i suoi dipendenti”.
Ercole Marelli ha fatto la storia dell’elettromeccanica in Italia, nono stante non avesse titoli di studio in materia di elettricità: a ventiquattro anni, di ritorno da un incarico come apprendista alla Tecnomasio, in Sud America, si mette in proprio con un apprendista in un locale di 50 metri quadri in via Ausonio, a Milano. E ha pagato questa non appartenenza all’entourage delle grandi famiglie industriali non soltanto quando era in vita – per esempio, i suoi vicini Campari, Frette e Falk mandarono telegrammi retorici e pomposi all’anniversario –, ma anche dopo la sua morte, avvenuta prematura nel 1922, per ché è stato dimenticato, diversamente dal già citato Olivetti, che è arrivato alcuni decenni dopo. Auspico che gli storici d’impresa, spesso allineati sulle stesse piattaforme, possano contribuire alla riscoperta di Ercole Marelli. Io sono stato favorito dalla mia curiosità intellettuale e ho avuto la fortuna di ricevere da un amico una copia rara della monografia del 1911. E ho scoperto cose incredibili per l’epoca: alla Marelli non c’erano infortuni mortali, ma neanche leggeri, la sicurezza era garantita nei minimi particolari, il controllo della qualità era al di sopra di ogni aspettativa: avevano un ritorno di soli quaranta ventilatori – che all’epoca chiamavano “agitatori d’aria” – su ottantamila spediti. La controprova della qualità l’abbiamo se cerchiamo su una piattaforma online ventilatori Marelli del 1911: li troviamo, per esempio, in Australia e negli Stati Uniti in vendita a 600 dollari.
Prendiamo poi il campo della logistica: per evitare mafie e corruzione e avere il controllo diretto delle spedizioni ai suoi clienti, aveva aperto una propria agenzia marittima al porto di Genova. Nel campo del marketing, quante cose innovative ha fatto nel 1911? I coupon, le rèclame, l’house organ aziendale, e amava ascoltare i clienti, sia quelli del largo consumo, dei ventilatori domestici, sia quelli del la linea industriale. Teniamo conto che produceva 100.000 ventilatori all’anno, e non si basava sul sistema fordista seriale, che non era ancora nato, ma sulla motivazione dei lavoratori e, addirittura, era un antesignano del just-in-time: all’interno della fabbrica aveva costruito una serie di officine indipendenti che permettevano a catalogo la realizzazione di 4100 modelli, senza intelligenza artificiale e senza computer. “La fabbrica del vento” era così efficiente che già nel 1905 veniva considerata la più grande d’Europa. Quando l’industriale e i suoi collaboratori concepirono gli stabilimenti del complesso di Sesto San Giovanni, anticiparono idee aziendali che sarebbero state diffuse nei decenni successivi. Marelli è stato, per esempio, il primo a pensare la “fabbrica piena di luce” per il benessere degli operai, cui faranno seguito altre realizzazioni in tempi più vicini a noi: da quella dell’architetto Renzo Piano – per l’azienda Pirelli – a quella dell’architetto Jean Nouvel – per uno stabilimento della Ferrari auto.
Quella di Ercole Marelli è una sto ria di grandi successi e fa impressione pensare che, ogni minuto e mezzo, la Ercole Marelli spediva un ventilatore in tutto il mondo.
Nel 1912 ricevette il cavalierato del lavoro e stipulò le polizze assicurative per i suoi collaboratori. L’anno prece dente li aveva portati in visita all’Esposizione Internazionale di Torino per due giorni, e non c’erano agenzie di viaggio che potessero organizzare la gita, fece tutto da solo. Il sindaco ricevette e ospitò i 1200 collaboratori arrivati in trionfo con la banda alla stazione di Porta Nuova con l’illuminazione a gas.
Il welfare dell’imprenditore non si fondava su azioni caritatevoli da adottare al momento del bisogno, ma su processi solidaristici che lasciavano piena dignità all’individuo. L’interesse per il benessere dei collaboratori, quindi, si estendeva a varie forme di sostegno: per esempio, l’imprenditore li invitava a iscriversi alla Società di Mutuo Soccorso Interna, quando all’epoca questa proposta era ancora ampiamente ostacolata da altri “padroni” all’interno delle loro fabbriche.
Allora, considerando in che misura Ercole Marelli è stato un apripista in vari ambiti, è venuto il momento di restituire la memoria del suo operato in termini globali, non soltanto nel settore dell’elettromeccanica. Sto prendendo accordi con la pronipote, che inizialmente si chiedeva se fosse davvero il suo bisnonno, e con altri parenti ancora in vita per dargli lo spazio che merita.
Il mio libro analizza il periodo in cui era in vita Ercole Marelli. Poi, occorrerebbe un altro studio intorno a ciò che è avvenuto dal 1919, quando è nata Magneti Marelli, insieme agli Agnelli, che è tuttora viva e vegeta, con filiali in varie regioni, anche se deve affrontare parecchie vertenze sindacali. Alcuni marchi nati nel 1891 invece proseguo no, dopo essere stati ceduti ad aziende venete, come la Marelli Ventilazione Srl, che ha sede a San Martino Buonalbergo e ha contribuito alla pubblicazione del mio libro, e la Marelli Motori Srl, che ha sede ad Arzignano.