NON ABBIAMO ALTERNATIVE ALLA RIUSCITA

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presidente di MWM Italia Srl, Zola Predosa (BO)

Nel 1972, quando lei ha fondato l’Officina Meccanica Mongiorgi Raffaele, divenuta MWM nel 1976, fra le prime aziende d’Europa che operano nel mercato di nicchia della produzione di attrezzature per la riparazione delle plastiche, per l’automotive in particolare, era intervenuta la nonna a darle una mano, poi sua moglie, Alessandra, e, man mano, i suoi figli. Oggi Lamberto Mongiorgi sta assumendo la scommessa dell’impresa. Il suo itinerario imprenditoriale ha sempre proceduto dalla fa miglia come apertura, per questo non è mai stata alternativa all’impresa. Sarà anche grazie a questo approccio che Lamberto l’ha seguita nel suo viaggio?

Quando Lamberto veniva a lavorare in azienda durante il periodo estivo era poco più che un ragazzo e intanto acquisiva i termini del nostro lavoro. Ma l’ho sempre sostenuto nei suoi interessi, perché vo levo che trovasse la propria strada senza sentirsi condizionato dalla mia storia. Poi, durante gli studi di cinematografia il suo apporto è cresciuto di volta in volta anche in MWM e ha trovato il proprio modo di proseguire, dando un contributo decisivo all’immagine dell’azienda, che è migliorata moltissimo.

Oggi qual è la sfida essenziale per l’impresa?

Rispetto a quando ho incominciato a fare l’imprenditore è cambiato radicalmente il modo di intendere il lavoro: non c’è più la parola, non c’è più il rispetto, non c’è più l’educazione. Oggi la gestione delle persone in azienda è molto difficile. Dopo il Covid sembra azzerato tutto, purtroppo. Il lavoratore spesso preferisce lavorare meno per avere più tempo libero. Per alcuni lavo rare in azienda non è quindi un’opportunità, ma un intralcio: importa divertirsi e lavorare il minimo in dispensabile. È più disponibile a viaggiare per lavoro, per esempio, chi ha oltre cinquant’anni.

Ci può raccontare qualche aneddoto intorno a questo?

Recentemente abbiamo avuto un colloquio di lavoro. Il candidato, ancora prima di incominciare, ha posto una condizione: “Io lavoro tre giorni alla settimana in ufficio e due in smart working, che possono essere giovedì e venerdì oppure venerdì e lunedì”. Risultato? Io non sono con tento e nemmeno chi cerca lavoro lo è. Sono veramente amareggiato di questo modo di lavorare oggi. Una volta c’era entusiasmo, ciascuno diceva: “Facciamo!”, “Costruiamo!”, “Dài! Ci buttiamo in questo nuovo progetto?”. E l’Italia cresceva. Oggi mancano i lavoratori, non il lavoro! Mi sento tradito, perché ho sempre cercato di dare il massimo.

Cosa intende?

Negli ultimi due anni e mezzo abbiamo aggiornato il sistema informatico, abbiamo puntato sulle macchine 4.0, ma non tutti erano d’accordo ad aggiornare il proprio modo di lavorare. Va bene condividere i progetti di crescita dell’azienda, però, se poi non tutti sono d’accordo, dobbiamo procedere e non possiamo aspettare che si con vincano. Occorre cioè che ciascuno dei collaboratori si attenga al programma. Invece, talvolta interviene il risentimento, perché cambiare le procedure implica imparare nuovi modi di lavorare e mettere in discussione gli automaticismi. Non c’è nulla di fisso nel lavoro dell’impresa e noi abbiamo investito per ché vogliamo andare incontro alla novità e, quando intervengono dei problemi, dobbiamo impegnarci per affrontarli non per nasconderli.

Per lavorare nell’impresa occorre un approccio non mercenario…

A questo proposito le racconto un aneddoto, ma ne potrei citare altri. Per sei mesi abbiamo reclutato un lavoratore tramite un’agenzia interinale. Quindici giorni prima che scadesse il contratto ci ha chiesto di formalizzare l’assunzione per motivi personali. Allora noi abbiamo subito scritto la lettera di assunzione. Fra la conclusione del lavoro interinale e l’assunzione intercorrevano dieci giorni di pausa, secondo la legislazione vigente, e noi abbiamo fatto in modo di non farglieli perdere per il calcolo della pensione. Neanche un mese dopo arriva in azienda e dice: “Mi licenzio”. “Bene, è una tua scelta”, gli ho risposto, sicuro che avesse calcolato il preavviso, in modo da poterci organizzare per trovare un sostituto. Ma interviene dicendo: “Io sto qui ancora pochi giorni, perché dove devo andare hanno bisogno subito. Ma il preavviso me lo pagano loro”. Allora, come fai ad avere fiducia nei lavoratori di oggi? Non hanno scrupoli, a loro non importa di nessuno. Tu investi nelle persone, cerchi di aiutarle, di dar loro una mano e poi questi sono i risultati. È la mentalità contro l’impresa che ha portato alla crisi del lavoro e dell’etica. Ma noi proseguiamo, perché non abbiamo alternative alla riuscita.