Sergio Dalla Val

  • Lo gnosticismo imperante considera la crisi come obiettiva, concreta, reale, e crede che occorra conoscerla nei suoi lati più oscuri per ritrovare la scintilla da cui ripartire. Secondo questo luogo comune, cosa c’è di più reale della crisi? Eppure, a oltre sei anni dal fallimento della Lehman Brothers, con cui viene rappresentata l’origine della crisi, risulta sempre più chiaro che l’incremento della disoccupazione e del numero di imprese che chiudono, l’aumento dei prezzi e le restrizioni del credito non trovano la loro causa nella crisi o nella globalizzazione, ma,

  • Ringrazio gli organizzatori di questo incontro (La scienza della parola, la psicanalisi, l’arte: come riuscire vivendo, 16 maggio 2013, Macerata) e coloro che hanno dato testimonianza di lettura del mio libro, In direzione della cifra, La scienza, l’impresa, la clinica (Spirali). Macerata è una città straordinaria, che a buon diritto gioca la sua partita di città planetaria, in questa era in cui va dissipandosi la distinzione fra provincia e città, fra centro e periferia.

  • Quando finirà questa crisi? Alla fine del 2014? A metà del 2015? Intravediamo uno spiraglio? Ci sono i colpi di coda? Come ne usciremo? Abbandonando l’euro? Con questo governo? Con le elezioni? Tra euforie e disforie, tra visioni e previsioni, queste domande popolano il luogo comune dei mass media, che presentano la trasformazione planetaria in corso in termini di polemiche e di pacificazioni, di scontri e di compromessi, di fratture e di ricomposizioni. Chi vincerà? Quale schieramento prevarrà? La partita che viene rappresentata è sempre tra due: falchi o colombe, destra o sinistra,

  • Ognuno, non ciascuno, scommette a ragion veduta. E proprio perché vede, scommette sul probabile. È una scommessa che si rappresenta il bene, lo auspica, lo favorisce. E chi non scommette sul bene, il bene come economia del male? Anche chi scommette per perdere, come accade, scommette per il bene. Su un cavallo? Su un partner? Sul business del momento? È sempre una scommessa sulla padronanza, che afferma un dominio, è la scommessa del padrone sul servo presunto padroneggiare un sapere, quindi presunto vincere. Lo dimostra Socrate: cosa c’è di più probabile, cosa si può

  • Ognuno crede che ci sia la propria strada e che occorra trovarla e seguirla, evitando di mettersi sulla cattiva strada. Così la strada sarebbe preassegnata, sarebbe la strada del ritorno all’origine. Una strada fatta apposta per l’uomo, che diventa l’uomo della strada, il portatore della verità condivisa e condivisibile. Il suo ideale sarebbe di avere la strada spianata, la via della facilità assicurata dalle coperture e dalle relazioni sociali, la strada della nobile menzogna. Questa strada spianata diventa la linea, la superficie piana, senza gli strati che già nell’etimo la

  • Come si scrive la felicità? E dove? In un istante, come crede Francesco Alberoni, (“La felicità è sempre e soltanto un istante. La felicità non è una cosa che dura”)? Sta nella conoscenza, come in Aristotele, o nella conoscenza e nell’amore dei propri limiti, come in Romain Rolland (“La felicità sta nel conoscere i propri limiti e amarli”)? O nel desiderare ciò che si ha, anziché nell’avere ciò che si desidera, come nel noto aforisma di Oscar Wilde? O si scrive in modo circolare, come vorrebbe Wolfgang Goethe: “L’uomo più felice è quello che è in grado di collegare la

  • Nulla è immobile, fisso, stabilito, fatto, detto, scritto. Ciascuna cosa, ciascuna impresa, ciascuno di noi si trova in viaggio, un viaggio senza origine, senza ritorno, senza fine. Viaggio nella parola, viaggio delle cose nella parola, viaggio di ciascuno di noi nella parola. Nulla di stabilito: stabile, dal latino stabilis, poi stabilum, stalla, poi stabilimento. Altra cosa la fabbrica, l’assenza di luogo dell’industria; altra cosa l’azienda, l’assenza di luogo dell’azione. Nel viaggio della parola nulla è detto: “Lui ha detto così” vale, idealmente, a sospendere la

  • Ognuno immagina che la tentazione sia diabolica perché offrirebbe la sostanza per la riuscita facile. “Questo mi tenta”, oppure “Suvvia, non tentarmi”: così, la sostanza crea il soggetto tentato, che saprebbe o no difendersi dalla tentazione. Soggetto eroe, che resiste, che vive nel principio di ragione sufficiente e del minimo male necessario. Un soggetto, in definitiva, dappoco, come scrive Mark Twain nel saggio Seguendo l’equatore: “Ci sono parecchie difese valide dalla tentazione, ma la più sicura è la viltà”. Di tutt’altra natura la tentazione senza resistenze e difese, la

  • Responsabilità, capacità, efficacia sono significanti che sembrano completamente spariti dallo scenario civile, culturale, economico e finanziario. Nell’irresponsabilità e nell’incapacità di ognuno, a dettare legge e a stabilire l’etica sembrano rimasti la crisi, i mercati, la speculazione, come se fossero personificazioni, soggetti agenti, forze oscure, quasi divinità ineluttabili. Gli stessi fenomeni meteorologici vengono nominati e personificati: l’aumento della temperatura è chiamato Caronte, poi Minosse. Siamo tornati ai tempi dell’antica Roma, in cui, anziché “piove”, si diceva “

  • Vivere non è sopravvivere, cioè scampare a un pericolo di morte, magari rappresentato nel terremoto e nella crisi. Ma sopravvivere è anche “vivere sopra”, aver bisogno di qualcosa su cui poggiare la vita, che valga a sostenerla per motivarla. Come la sostanza, quel che è immaginato sub stare, stare sotto. Tutto può diventare sostanza, tutto serve a sopravvivere anziché a vivere, se deve servire a giustificare, a supportare, a delimitare, a padroneggiare la vita.