IN DIREZIONE DELLA VALORIZZAZIONE

Qualifiche dell'autore: 
sindaco di Modena, docente di Diritto penale all'Università di Modena e Reggio Emilia

Nel porgere il saluto dell’Amministrazione comunale di Modena alla presentazione del volume di Roberto Cecchi, I beni culturali. Testimonianza materiale di civiltà, voglio esprimere, innanzitutto, il mio apprezzamento per quest’opera in cui l’Autore fa dialogare la testimonianza della propria vita professionale di architetto, protagonista di qualificati interventi, con pagine di puntuale ricostruzione storica e normativa e di attenta narrazione delle vicende che lo hanno visto impegnato a intervenire su imponenti capolavori e testimonianze della nostra storia dell’arte.

Un romanzo che ci rende partecipi degli interventi conservativi e di restauro e vuole fornire al lettore precise e accurate indicazioni sulle peculiarità dei beni artistici, storici,  archeologici, culturali, ambientali, paesaggistici, specie in rapporto alle ricadute che tali specificità hanno sulla pianificazione urbanistica, sulla tutela dei centri storici, sulle politiche di governo territoriale, accompagnando il contributo narrativo con importanti documenti che hanno segnato la progressiva acquisizione di maggiori consapevolezze nel nostro ordinamento giuridico.

Come professore di Diritto penale, con interessi specifici per le fattispecie che tutelano edilizia e urbanistica, devo dire che il libro ha il merito di sottolineare l’importanza e l’insostituibile contributo che può derivare da un valido e attento sistema di norme, per imprimere la giusta direzione operativa alle scienze che si occupano dei beni culturali – dalla storia dell’arte all’archeologia – come condizione imprescindibile se si vuole intervenire con la necessaria incisività e far valere in maniera forte, all’interno della società, l’ambito di tutela di cui Roberto Cecchi si occupa.

Negli ultimi anni è maturata una maggiore sensibilità su questo delicato fronte. Non si può certo dire la stessa cosa della prima parte della nostra Repubblica, allorché si andava avanti sulla base delle leggi dell’anteguerra, che, pur indicando alcuni fondamentali ambiti e criteri d’intervento, erano del tutto insufficienti rispetto a una tutela che, evolvendosi la società e soprattutto le relazioni, avrebbe dovuto essere accompagnata dalla disciplina legale di settore arricchita di ben altre norme.

Occorre sottolineare che, invece, la nostra Costituzione aveva mostrato una forte sensibilità a questi temi. Anche su questo il libro di Roberto Cecchi dà indicazioni molto nette, quando parla del paesaggio come quell’insieme costituito dalla realtà territoriale vista dal punto di vista del suo pregio e gradevolezza, frutto della combinazione tra fattori naturali e fattori derivanti dall’opera dell’uomo, che ha bisogno di salvaguardia per la sua unicità. È il punto di vista della nostra Costituzione che, fra i tanti profili e valori con i quali è astrattamente possibile sottolineare l’importanza dell’ambiente e del patrimonio storico e artistico, selezionò proprio il paesaggio, indicandolo nell’articolo 9 come l’elemento qualificante di tutela della nostra specifica realtà italiana.

Questo è un messaggio fortissimo: in Italia, l’ambiente deve essere tutelato a tutto campo, nel suo insieme e nelle sue diverse manifestazioni, ma a partire dal paesaggio perché, se la tutela dell’ambiente è doverosa da un punto di vista legale, la tutela del paesaggio è doverosa da un punto di vista costituzionale, cioè ponendoci al livello superiore delle norme. Per capire quanto sia stata profetica questa impostazione, basti pensare agli enormi sforzi che, in un mondo globalizzato, oggi, dobbiamo compiere per tutelare il patrimonio storico e artistico da incuria, distruzioni, spoliazioni e sottrazioni.

C’è un altro elemento da sottolineare: l’idea stessa di beni culturali e di ciò che deve essere tutelato non è qualcosa che è rimasto fisso nel tempo. Se noi oggi parliamo di tutela del patrimonio storico artistico di un insediamento abitativo, usiamo una nozione che è molto più ampia rispetto a quella di qualche decennio fa: non ci riferiamo più soltanto alle città antiche, ma andiamo a cogliere nell’edificato inteso nel suo complesso quell’insieme di eccellenze e di espressioni artistiche e dello spirito umano che devono essere trasmesse alle generazioni successive come testimonianza di una cultura che è andata avanti e si è affermata nei secoli.

Qui entriamo in rilievo noi come amministrazioni comunali: una novità recente, da un punto di vista legale, porta a rimarcare che, in questo contesto, l’espressione “valorizzazione” è divenuta elemento caratterizzante dell’intervento nel settore dei beni culturali.

Questa prospettiva non va letta come un arretramento rispetto alla tutela del patrimonio storico e artistico in quanto bene immateriale  – che deve essere portata avanti a prescindere dalla sua funzionalità rispetto ai bisogni e alle esigenze della società – ma, invece, come un richiamo forte a fare in modo che il bene storico e artistico, quando ha perso una funzione immediata, soprattutto quando si tratta di immobili che appartengono alla storia più recente, continui a vivere con un impegno corale, sinergico, di tutte le componenti della società, che si sentono impegnate a pensare a nuove destinazioni e ad altre finalizzazioni. Penso che l’assessore all’urbanistica Daniele Sitta, che si sta occupando specificamente di questi temi e di questi interventi, possa sottolineare, a questo proposito, che nella nostra città stiamo lavorando in questa direzione e siamo certi che, comunicando ai cittadini le nostre intenzioni e il nostro modo di operare, molte scelte potranno essere capite meglio.

A questo punto, è chiaro perché tenevo tanto a dare il mio contributo a questo dibattito: siamo nel bel mezzo di interventi che investono questo importante ambito e abbiamo bisogno di una discussione ampia e approfondita con i cittadini, prima di tutto, ma anche con chi, per professione o per passione, ha a cuore la tutela del patrimonio storico artistico, cioè dei nostri beni culturali.