L'IMPORTANZA DEL TECNICO LIBERO PROFESSIONISTA
Quando e come è incominciata la sua attività?
Nonostante il mio desiderio fosse sempre stato quello di progettare edifici e di dirigerne la realizzazione, dal 1980, anno in cui mi sono laureata con il massimo dei voti e la lode e ho sostenuto l’esame di stato, per cinque anni ho collaborato con uno studio tecnico occupandomi di calcoli strutturali. “Gli ingegneri eseguono i calcoli delle strutture degli edifici per farli stare in piedi – mi disse il titolare, un amico di mio padre –, quindi, ora che lei è ingegnere, se vuole collaborare con noi, dev’essere in grado di fare stare in piedi gli edifici”. Poiché ho sempre ascoltato chi si trova in una posizione professionale più avanzata della mia e amo le sfide più di qualsiasi altra cosa, per cinque anni non ho fatto altro che eseguire calcoli strutturali, considerando che anche questo era molto importante e che mi avrebbe agevolata nella progettazione, l’attività a cui puntavo e che nel frattempo avevo avviato come libera professionista, svolgendola la sera, il sabato e la domenica. Ma, appena ho potuto, nel 1985, ho incominciato a gestire la mia attività in modo completo e prevalente, facendo ciò che ho sempre desiderato: progettazione e direzione lavori.
Come si svolge il suo lavoro?
Spesso incomincia dalla richiesta di un committente — impresa di costruzioni, cliente privato o ente pubblico — che ha un lotto di terreno libero su cui costruire, oppure un fabbricato da ristrutturare o una ristrutturazione urbanistica da realizzare.
Il lavoro è più difficile quando si tratta d’integrare le richieste del committente con qualcosa di esistente. Per esempio, mi è capitato di dover ristrutturare a scopo abitativo un vecchio mulino in disuso, oppure di eseguire ristrutturazioni urbanistiche in cui, nonostante la demolizione del lotto, c’era una sagoma già esistente da cui trarre quanto la committenza chiedeva. Sono sfide, che però danno anche molta più soddisfazione rispetto all’esecuzione di lavori “semplici”.
Lei ritiene che i liberi professionisti – ingegneri e architetti – abbiano bisogno di formarsi alla cultura d’impresa?
Essere liberi professionisti nel nostro lavoro vuol dire essere imprenditori. Oggi, soprattutto, lo studio tecnico non è più quello di una volta, dove bastavano la scrivania, il pennino, la calcolatrice e il regolo. Inoltre, sempre più mi accorgo, nell’esercizio della libera professione, che esiste uno scollamento fra l’insegnamento universitario e la pratica professionale. Nell’ambito in cui operiamo, poi, i tecnici — nonostante l’importanza del loro lavoro — non sono molto quotati, guadagnano e sono ascoltati meno delle figure commerciali: è più apprezzato chi vende i fabbricati che non chi li costruisce. Allora, proprio per questo, occorre che il tecnico, ingegnere o architetto libero professionista, divenga anche un bravo manager della propria attività, per promuoverla, valorizzarla e farne conoscere l’importanza. È la grande sfida che ha dinanzi l’Associazione che presiedo.
Di che cosa si occupa l’Associazione?
L’ASSO Ingegneri e Architetti Liberi Professionisti in Europa-Emilia Romagna (www.assoinar.it ) ha sede a Bologna ed è nata cinquant’anni fa come associazione di tutela per gli ingegneri liberi professionisti. Oggi, estendendo la sua base sociale agli architetti e l’ambito territoriale dalla provincia di Bologna a tutta l’Emilia Romagna, da dove provengono i suoi iscritti, oltre alla tutela degli interessi morali, professionali ed economici degli associati, punta al rilancio della figura professionale dell’ingegnere e dell’architetto, per trasmettere all’esterno il valore del nostro lavoro.
Perché è importante rivolgersi a progettisti liberi professionisti, come i membri della vostra Associazione?
Quando, per esempio, si deve acquistare una cucina, ci si può accontentare della consulenza fornita dalle grandi marche, che hanno uno studio di progettazione interno, attraverso il quale allettano il cliente con il progetto gratuito incluso nel costo del prodotto. Ovviamente, in questo modo, il cliente non si rivolge all’ingegnere, al geometra o all’architetto, però, non è detto che questa per lui sia effettivamente la strada più conveniente. Il libero professionista può capire, parlando con il cliente, se quella marca sia adatta alle sue esigenze, se occorra invece cercarne altre o se, addirittura, non sia meglio una cucina su misura. È vero che, rivolgendosi alla singola azienda, il cliente non paga il progetto, ma è anche vero che è costretto ad acquistare quello che l’azienda propone: il proprio prodotto. E questo può definirsi un servizio al cliente? Lo stesso ragionamento vale per le città. Un’amministrazione che si rivolge a un tecnico libero professionista ha la garanzia che il lavoro venga svolto non solo nel rispetto delle normative ma anche nell’interesse particolare dei cittadini, perché, nella sua attività professionale e in quanto figura intermedia fra lo stato e i cittadini, il tecnico deve costantemente e simultaneamente tenere conto delle normative e delle esigenze dei clienti. Ecco perché il nostro è un lavoro tanto difficile quanto importante.