LA STRATEGIA PER LA RIUSCITA

Immagine: 
Qualifiche dell'autore: 
imprenditore

Mai come in questo periodo, ricorre l’appello ai raggruppamenti in vari settori, per combattere la crisi. Senza nulla togliere all’importanza di consorzi e associazioni di imprese che possono avere un impatto maggiore sui mercati internazionali, constatiamo sempre più come alcune tra le imprese oggi più solide siano state costituite da uomini che si sono esposti in prima persona, rischiando in solitudine…

Alcuni imprenditori hanno il merito di trasformare le difficoltà in occasioni di riuscita che rilanciano il loro progetto. Ci sono aziende, infatti, che continuano a investire in qualità e innovazione, nonostante le difficoltà a cui le espone il mercato. Altri imprenditori, invece, che non hanno le forze economiche, tecniche e d’innovazione e non hanno saputo o voluto investire su persone che, all’interno del gruppo di lavoro, si occupassero di marketing e di strategie per promuovere il prodotto oltre i confini nazionali, oggi sono in crisi. Occorre che l’imprenditore si avvalga di persone che valorizzano le qualità dell’azienda comunicandole in tutto il mondo. Conosco alcune aziende che sono cresciute grazie all’invenzione e alla registrazione di brevetti di grande interesse e all’investimento in capitale intellettuale, che ha consentito loro di formare squadre efficaci per la valorizzazione dei prodotti in vari paesi. Oggi non è più tanto importante se un’impresa produce in fondo all’ultima valle dell’Italia, ma se e come comunica il valore dei propri prodotti, avvalendosi di collaboratori che lavorano con entusiasmo e trasmettono questo valore ai clienti in Italia e all’estero. 

Credo che in questo momento sia in atto una trasformazione culturale che modificherà in maniera decisiva la politica, l’economia, la scuola e il modo di governare il paese e l’impresa. Per questo, la politica industriale del nostro paese per combattere la crisi dovrebbe avere programmi chiari e favorire le imprese di varie dimensioni, non sempre e soltanto le grandi. Investire sui progetti delle piccole e medie imprese oggi è essenziale, occorre una logica diversa da quella che ha improntato finora l’intervento delle istituzioni, le quali dovrebbero avere la conoscenza dei problemi delle aziende prima che sia troppo tardi. Credo che sia compito degli amministratori visitare le imprese anche nei periodi di prosperità, perché chi fa impresa, chi ottiene risultati e vuole investire dev’essere premiato piuttosto che penalizzato. Se questo non accade, l’imprenditore non può che diventare un “animale in estinzione”. 

Quindi è importante secondo lei aprire un dibattito sull’impresa oggi?

Nella nostra regione si sta modificando la geografia industriale: non c’è più l’imprenditore che rischia in proprio e continua a fare impresa perché scommette nella riuscita e molti giovani preferiscono svolgere ruoli dirigenziali in vari settori, anziché rischiare, perché sta diffondendosi il luogo comune che a rischiare debba essere qualcun altro (chissà chi?). Se continuiamo a applicare questa mentalità, avremo una crisi importante dell’imprenditoria. Non è un caso se non esistono più alcune aziende bolognesi che hanno fatto la storia del nostro tessuto industriale. Qualcuno si è chiesto perché? 

La mia è un’esperienza emblematica: quando ho concluso la mia opera nell’impresa che avevo avviato, mi sono rimesso in gioco con un’altra attività che oggi dà risultati soddisfacenti. Questo indica che chi vuole può fare, ma soprattutto riesce se non si priva della capacità critica. A questo proposito, nella mia esperienza personale – che per molti versi è stata bellissima perché mi ha reso più forte, ma per altri è stata molto difficile, soprattutto sul piano umano –, più volte mi è stato contestato di avere spirito critico. Ma penso che lo spirito critico sia proprio ciò che occorre nell’impresa: è importante che gli imprenditori raccontino della loro realtà. Avere spirito critico non vuole dire contestare, semmai è un modo per dare un contributo. 

Il titolo di questo numero della rivista è La battaglia...

È un bel titolo. Prima di fare una battaglia occorre pensare alla strategia perché ci sia riuscita ma, poiché spesso non conosciamo ciò che dobbiamo affrontare nell’impresa, è importante elaborare una buona strategia. Nella mia azienda per tre anni abbiamo dovuto combattere e, continuando a lavorare con i nostri mezzi, siamo giunti oggi a ottenere risultati importanti. Non bisogna mai esimersi dalla battaglia nel timore di non raggiungere il risultato, perché il risultato si ottiene solo con la tenacia. 

In questo momento di grandi cambiamenti, occorre ripensare i compiti di ciascuno nei vari ambiti dell’impresa, e non solo. Quali sono le specializzazioni che occorreranno ai giovani?

Gran parte del mercato oggi chiede giovani tecnici preparati. Non dimentichiamo che l’Italia, negli anni del dopoguerra, ha visto la nascita di aziende importanti a opera di tecnici che conoscevano il prodotto e le tecniche di lavorazione. Attualmente, questo manca in Italia. Non c’è più una classe dirigente intermedia che sia dotata di grande capacità tecnica, tecnologica, d’innovazione, di studio e progettazione. 

Occorre sempre più rendersi conto del fatto che scuola e impresa non sono due opposti. La formazione, sia media superiore che universitaria, deve essere in grande sinergia con le aziende e prevedere periodi di tirocinio prima della laurea. 

Credo, inoltre, che il personale di un’azienda sia un patrimonio che ha un valore superiore a tutto il resto, perciò è un investimento per l’imprenditore. Certamente occorre che ci sia grande spirito di collaborazione da parte dei giovani. Il posto fisso è frutto di un’ideologia, perché chi è preparato non rimarrà mai senza un lavoro in un’impresa. D’altra parte, mettersi ciascun giorno alla prova è la grande sfida che l’uomo ha con se stesso. Per queste ragioni ritengo che un imprenditore abbia anche il compito di divenire quello che l’allenatore è per una squadra.