SOCIETÀ CONSORTILI E FUTURO DEL TRASPORTO

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presidente di SACA soc. coop. a r.l., Bologna, di Coop. E. R. Fidi e di Nuova Mobilità

Nel numero precedente del giornale, lei faceva appello alle risposte concrete che le istituzioni dovrebbero dare alle imprese, affinché possano meglio governare la trasformazione in atto. In qualità di presidente della SACA, di Coop. E. R. Fidi e, da maggio di quest’anno, anche del consorzio Nuova Mobilità, lei nota qualche novità in questa direzione? 

Nella nostra regione, l’Emilia Romagna, che è una mosca bianca rispetto alle altre, le istituzioni hanno preso atto del fatto che la trasformazione va governata e, pertanto, gli interventi – prima con la cassa integrazione in deroga e adesso mettendo a disposizione risorse per lo sviluppo – hanno creato una situazione che consente alle aziende che vogliono proseguire d’innovarsi, anche nel senso di rendersi più leggere per essere più competitive, visto che la marginalità dei prodotti, ma anche dei servizi, oggi è sempre più in calo e per guadagnare quello che si guadagnava ieri si devono mettere in moto leve differenti. Quindi, il contributo delle istituzioni e del sistema economico c’è stato. Il problema sono i tempi: se i tempi non sono certi e gli obiettivi non sono condivisi, diventa difficile ottenere il risultato sperato, ossia un nuovo posizionamento delle aziende. 

Pochi considerano il fatto che in Italia il 71 per cento delle imprese opera nei servizi, non nella produzione: servizi alla persona, alle aziende, servizi turistici, tutta una serie di attività che andrebbero rivalorizzate proprio in questo momento di crisi del settore produttivo, che tra l’altro non paga più come una volta, perché oggi, chi vuole aumentare il proprio margine di utile delocalizza la produzione nei paesi a basso costo di manodopera. Allora, quale migliore proposta per favorire l’occupazione nel nostro paese di quella che mirasse a portare quel 71 per cento di aziende che impegnano manodopera nei servizi all’80 per cento, per esempio, attraverso una grande rivoluzione che interessi il Sud Italia? Sarebbe un beneficio enorme non solo per il PIL, ma anche per il fisco e le opere pubbliche.

Spesso ricorre l’appello alla costituzione di consorzi fra piccole imprese, proprio perché la dimensione di quelle che in Italia costituiscono il 96 per cento del tessuto industriale non diventi un punto di debolezza. La nascita del consorzio Nuova Mobilità può essere una risposta a questo appello, per aggiungere valore al servizio del trasporto pubblico locale?

Lei ha citato Nuova Mobilità, ma la stessa Saca è un esempio di azienda consortile alla quale partecipano 204 imprese, in cui lavorano 535 persone, fra dipendenti e collaboratori esterni. Certo, questo è un modello che dovrebbe essere perseguito da noi che amiamo tanto la piccola e media impresa e abbiamo l’esigenza di confrontarci con realtà in cui la responsabilità è al primo posto. Una società consortile è formata da tante piccole aziende, che rispetto alle grandi sono più reattive alle richieste di mercato, più flessibili e più pronte ai cambiamenti che si rendono necessari. Inoltre, poiché oggi dobbiamo confrontarci con un mercato sempre più competitivo, riuscire a fare massa critica vuol dire abbattere i costi, con un vantaggio per tutti i soci.

Con la costituzione del consorzio Nuova Mobilità, abbiamo voluto dare un segnale al trasporto pubblico locale, per il momento in Emilia Romagna, ma pensiamo anche ai collegamenti su tutto il territorio nazionale, considerando che è formato da quattro grandi gruppi di cui tre in Emilia Romagna e uno in Toscana (Cosepuri, Modena Bus, Saca, Cap di Prato e Coerbus), che insieme rappresentano la quinta azienda a livello nazionale e possono conquistare quote di mercato che da soli non sarebbe stato possibile conquistare. Nuova Mobilità coprirà in totale 22 milioni di chilometri all’anno in Emilia Romagna e 12 milioni in Toscana, con tre grandi target: il trasporto extraurbano, quello scolastico e il trasporto “punto-punto” (il collegamento diretto da un punto specifico ad un altro delle città), che consente di contenere tempi e costi, abbattendo il numero di vetture private in circolazione.

Grazie al nostro modello, innovativo nell’organizzazione dei trasporti, riusciamo ad aggregare l’azienda che fa trasporto pubblico locale a Bologna o in una grande città a quella che lo fa nel comune di tremila abitanti, con costi abbastanza contenuti e un know-how rilevante – se consideriamo la massa critica –, che consente di superare le problematicità, specialmente nei piccoli comuni. Teniamo presente che spetterebbe alle amministrazioni comunali offrire questi servizi alla propria cittadinanza e nello stesso territorio potrebbe crearsi una sperequazione tra un comune considerato di serie A, come la piccola e media città, e uno di serie B o di serie C, che ha duemila abitanti. Quindi il nostro è un mix veramente interessante. Gli enti pubblici dovrebbero prendere in considerazione questo modello – nella nostra regione molto esaltato in altri settori – anche per i trasporti, perché questo è il futuro: un bravo amministratore dovrebbe rendersi conto che prima di tutto darebbe lavoro alla propria impresa locale e, in secondo luogo, avrebbe servizi garantiti, che vanno dallo scuolabus al noleggio con conducente di pullman o di autovettura, alle linee di trasporto pubblico locale, una serie di servizi per la mobilità delle persone che significano una migliore qualità di vita per centinaia di migliaia di cittadini.