CONTRO IL VANDALISMO GRAFICO

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direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Emilia Romagna

Il fenomeno del cosiddetto “graffitismo” colpisce quasi tutte le città medio-grandi d’Italia, e Bologna purtroppo è sfigurata dalle deturpanti scritte in molte aree del suo tessuto storico cittadino: basta percorrere le strade e i luoghi più frequentati della città per accorgersi di quanto esso sia invasivo, tale da annullare i valori interni all’architettura, al rapporto tra i singoli elementi costruttivi, alla strada, ai portici. L’argomento è qui diventato di rovente attualità, in primo luogo per la gravità del caso, poi per il solenne impegno dell’amministrazione comunale da pochi mesi eletta di estirparne i devastanti effetti, con conseguente crescita di attenzione sviluppata dalla parte più sensibile della cittadinanza. Al di là delle promesse, la questione è reale e per questo fin da subito sia la Soprintendenza per i Beni architettonici e il paesaggio che la Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici hanno ritenuto di dover offrire il contributo di esperienza e di metodo degli Uffici di tutela del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, finalizzandolo in particolare allo studio delle più corrette soluzioni tecniche del non semplice problema.

In primo luogo una questione terminologica: è corretto parlare di “vandalismo grafico”, piuttosto che di “graffiti”; “graffito” può assumere un significato positivo, tanto che c’è chi ritiene che all’interno del variegato fenomeno si possano trovare forme di espressività artistica e, addirittura, chi sostiene il progetto (i cui incredibili effetti osserviamo sparsi in città) di “abbellimento” delle serrande dei negozi, anche inserite in contesti di particolare interesse storico-artistico.

Ci si può legittimamente chiedere per quale motivo le strutture di tutela si occupino di questo tema, legato a temi sociali da un lato, dall’altro al decoro cittadino, e quindi a competenze che attengono alle norme edilizie e per questo fanno capo all’amministrazione comunale. A nostro parere, il caso bolognese è fuori dagli schemi usuali e deve essere trattato unitariamente: Bologna è infatti una città caratterizzata dai portici, che vogliamo definire come la massima espressione di “democrazia architettonica”: sul portico si apre in maniera indifferenziata tanto l’edificio di minuta edilizia come quello di particolare rilevanza e qualità, anche dichiarato d’interesse storico-artistico ai sensi di legge. Il portico avvolge in continuo le facciate cittadine, e lo studio degli interventi di restauro, manutenzione, o, come nel nostro caso, di contrasto al vandalismo grafico, non può che essere condotto con principi unitari.

Abbiamo per questo proposto al Comune di lavorare insieme, costituendo un gruppo tecnico al quale hanno dato il loro apporto specialistico architetti della soprintendenza per i Beni architettonici e della Direzione regionale BCP e un restauratore della soprintendenza archeologica, assieme ai tecnici del Comune di Bologna. Il principale obiettivo del gruppo è quello di sperimentare e di mettere a sistema una gamma di soluzioni differenti da quella comunemente adottata in presenza di vandalismi grafici, che consiste nel coprire la scritta con uno strato di vernice, per poi ripetere l’operazione quando compaiono nuovi graffiti, e così via, finché i muri si riducono ad un insieme di strati sovrammessi di materiali scelti a caso. È una soluzione semplicistica, che aggiunge vandalismo al vandalismo, distrugge l’unità dei prospetti e rende sempre più difficile il ritorno alla superficie originale.

Non è facile interrompere questa ormai consolidata abitudine d’intervento, ma è necessario affermare il concetto che anche una manutenzione non è operazione solo “semplice” e manuale, ma esige qualità tecnica e metodologie appropriate.

Il gruppo tecnico ha lavorato in primo luogo alla raccolta dei dati: ricognizione delle casistiche, per costituire un catalogo riferito alle soluzioni adottate in altre città; classificazione dei graffiti bolognesi; normative tecniche, circolari ministeriali, esperienze e studi dell’Istituto Centrale del Restauro; e, infine, prodotti e modalità d’intervento forniti da ditte che hanno già avuto esperienze in questo specifico campo.

La varietà dei materiali utilizzati nell’architettura storica è notevole: intonaci, lapidei e in particolare arenarie, con diversi gradi di stato conservativo, cotti sagramati all’antica e altri più moderni… I vandalismi grafici, poi, costituiscono un ulteriore universo: bombolette spray, vernici, pennarelli, i quali risultano i più insidiosi per la loro forte penetrabilità, e ciascuno di questi esige un trattamento specifico per la rimozione.

Per giungere alla redazione delle Linee-guida, da distribuire in seguito a tutti i proprietari che vorranno effettuare la rimozione, si è individuata un’area campione nella quale sperimentare il metodo di schedatura degli immobili allo stato attuale, la tipologia dell’imbrattamento e gli interventi effettuati: la scheda è indispensabile per affrontare anche le future fasi manutentive rispetto ai successivi, attesi, episodi di vandalismo. Nel protocollo d’intesa sottoscritto con il Comune, poi, abbiamo inserito procedure amministrative semplificate per gli interventi sugli edifici tutelati.