IL RESTAURO DELL'ORATORIO DI SAN FILIPPO NERI

Qualifiche dell'autore: 
COGEI Costruzioni S.p.A., Bologna

COGEI Costruzioni S.p.A. opera da oltre 40 anni nel settore dello sviluppo immobiliare, della costruzione e della manutenzione di immobili.

Nata negli anni sessanta, la Società bolognese è a oggi impegnata nella realizzazione di grandi interventi immobiliari, commerciali e residenziali. COGEI dispone anche di competenze specifiche nelle attività di restauro e recupero edilizio, sviluppate attraverso rilevanti interventi su immobili di pregio e di notevole interesse storico ed artistico. Si è occupata in particolare del recupero del Teatro Manzoni e delle Mura di Ferrara ed è oggi impegnata nel rifacimento delle facciate del cortile interno di Palazzo Grassi, sede del Circolo Ufficiali dell’Esercito. Particolarmente rilevante il restauro dell’Oratorio di San Filippo Neri, da lei diretto.

Che cosa le resta di quell’esperienza?

Ricordo bene il giorno in cui la Fondazione del Monte, nella figura di Adelfo Zaccanti, ci ha consegnato il cantiere. L’Oratorio si trovava ancora nello stato di distruzione in cui l’aveva ridotto il pesante bombardamento del 1944. In realtà, nel dopoguerra, qualche intervento era stato compiuto, ma con l’obiettivo di tenere in piedi l’edificio.

Il vero restauro è stato quello commissionato e finanziato dalla Fondazione del Monte e realizzato da COGEI insieme a altre imprese, su progetto dell’architetto Pier Luigi Cervellati.

Com’è stato strutturato l’intervento?

Innanzitutto era necessario ricostruire il tetto, le volte, la cupola e il solaio che separa l’interrato dal piano terra.

L’architetto Cervellati ha concepito tutti i lavori basandosi su un obiettivo: conservare il più possibile l’esistente, restaurando il restaurabile e ricostruendo ciò che mancava, senza ricorrere ad imitazioni o, peggio, a falsi. Un buon esempio di quest’approccio è costituito dalla volta a botte. Si trattava di un intervento del 1999, privo di qualsiasi valore storico ed estetico. Per questo si è optato per una struttura in legno lamellare, non invasiva, che conserva la lacerazione prodotta dalla bomba. Una soluzione che ha costituito una vera e propria sfida sia a livello progettuale che costruttivo. Ogni lamella, infatti, ha un raggio di curvatura differente dalle altre. Un’idea ingegnosa, un’integrazione tra l’antico ed il moderno che ritengo costituisca un valore aggiunto per l’Oratorio.

Un’altra scelta è stata quella di non ripristinare il muro con cui, nel dopoguerra, fu chiuso l’accesso alla cantoria distrutta dal bombardamento. Si è optato per mantenere il paramento murario costruito allora, limitandosi ad attenuare con il nerofumo l’impatto visivo dei mattoni rossi.

L’idea era quella di lasciar traccia di come fosse, in origine, l’Oratorio, senza stravolgerne la storia. Questi accorgimenti permettono di entrare in contatto con l’intero ciclo di vita dell’edificio.

In qualità di professionista, come ha vissuto quest’intervento?

Dieci anni fa ero molto giovane e, lo ammetto, in principio il cantiere dell’Oratorio era una commessa come un’altra. In più, per formazione, noi tecnici siamo portati a focalizzarci sui tempi, i costi, gli obiettivi. Spesso discutevo con Cervellati perché lui, da architetto, pensava in un modo molto differente rispetto a quello di un tecnico con il compito di far quadrare i conti. Per esempio, ricordo che continuava a far eseguire stratigrafie sugli intonachini per trovare il colore originale. Il suo obiettivo era conferire valore all’edificio. Io avevo il compito di richiamarlo a quanto stabilito tra la Fondazione del Monte e COGEI. Da quel lavoro ho capito che è proprio dalla sintesi tra queste due visioni che nasce il lavoro migliore.

Un intervento complesso, quindi...

Complesso e molto affascinante. Ci sono state sfide a dir poco avvincenti. La ricostruzione ex novo del solaio a volte in gesso e calce, ad esempio. Si è voluto utilizzare il metodo tradizionale, per realizzare il quale, però, le maestranze al giorno d’oggi scarseggiano.

Ci sono stucchi, specialmente sulla cantoria, che un vecchio artigiano ha ricostruito con la tecnica del calco in silicone. La notevole fattura del risultato ci ha lasciato stupefatti. Nel corso di quest’esperienza ho imparato moltissimo sull’arte del restauro e ho avuto l’onore di ammirare uno spettacolo raro: veri artigiani perfettamente integrati in una moderna attività di recupero. In questo senso meritano una menzione speciale i pavimenti. Il battuto alla veneziana del seminterrato è stato realizzato da Gallerani nel tradizionale stile bolognese, al modo delle pavimentazioni dei portici.

La ditta Ovidio Vignoni di Casalecchio, invece, ha realizzato il pavimento originale dell’ex altare basandosi sui disegni originali dell’epoca, conservati negli archivi dell’azienda, riproducendolo esattamente com’era. Anche questa è una parte di storia del restauro dell’Oratorio.

È stato un lavoro molto intenso e suggestivo.

È un’operazione che rimarrà nel tempo e mi fa piacere constatare che ciò che era stato annunciato all’epoca dell’inaugurazione si sia trasformato in realtà: oggi è davvero possibile affermare che l’Oratorio è stato restituito alla città.