LA RICERCA, L'IMPRESA

Qualifiche dell'autore: 
presidente di Emilfides Restauri, Bologna

Emilfides Restauri si è distinta negli anni per l’intensa attività di restauro architettonico e l’attenta opera di recupero conservativo di superfici di monumenti dal rilevante valore storico artistico, tanto da aver curato il restauro di uno tra i palazzi più importanti della storia di Bologna come Palazzo Hydra. Di quale tipo di intervento si tratta nell’opera di restauro?

È importante che il conservatore di beni culturali integri la propria formazione con una preparazione umanistica e scientifica, poiché ha la funzione di “concertare” l’apporto dei vari esperti tecnici nel progetto per il recupero e il risanamento dei materiali. La lettura del monumento che egli compie procede, infatti, dall’integrazione di elementi e di competenze storiche, architettoniche, ingegneristiche e diagnostiche differenti. Anche per questo è importante che chi si occupa di restauro conservativo di un patrimonio, che è principalmente culturale, sia sempre aggiornato sulle nuove tecnologie d’intervento e simultaneamente sia fedele esecutore delle antiche metodologie di recupero che venivano utilizzate all’epoca che data il monumento. Il compito del conservatore non è solo quello di rallentare il degrado dei materiali, ma anche di trasmettere il valore assoluto del bene culturale. Occorre, cioè, che il restauratore sia un appassionato storico, attento a tramandare una tecnica di lavorazione, un metodo, la storia e il testo, il libro aperto che è il bene culturale, in modo che colui che poi si troverà dinanzi all’opera restaurata possa ascoltare e intendere la sua testimonianza materiale di civiltà, come nota Roberto Cecchi nel libro I beni culturali. Testimonianza materiale di civiltà (Spirali).

Il lavoro del restauratore si apprende anche lungo una scuola che viene dall’esperienza, un’esperienza che procede dalla mano. Come nella bottega rinascimentale, l’esperienza si compie attraverso il fare e la ricerca, che invita a provare sempre nuovi modi per giungere all’eccellenza in ciò che si va facendo. Leonardo da Vinci, ad esempio, ha scritto che “l’esperienza è madre di ogni certezza”. Non è un caso che in epoca rinascimentale l’Italia abbia prodotto straordinarie opere d’arte con il contributo di artisti, scienziati e pittori che la mattina lavoravano con la mazza e lo scalpello, mentre la sera redigevano relazioni tecniche, trattati di pittura e di architettura. Pertanto, possiamo dire che l’impresa non può prescindere dalla ricerca e questo è un contributo intellettuale essenziale che l’Italia dà al pianeta.

Quanto è importante che gli amministratori locali colgano il valore del patrimonio culturale del territorio?

Circa più del 40 per cento del patrimonio artistico mondiale è in Italia. Questa condizione evidentemente può comportare che non facciamo più caso alla miriade di testimonianze storico artistiche disseminate lungo la nostra penisola.

Sono cresciuto a Siracusa accanto al Teatro greco, all’Anfiteatro romano e all’Orecchio di Dionigi. Era una cosa naturale avere vicino a casa questi straordinari beni dell’umanità. Come Assisi con la sua cattedrale, così ci sono piccoli paesi della pianura dell’Emilia Romagna che hanno come riferimento una piazza, un teatro o una chiesetta, come ad esempio quella romanica a Crespellano, l’Oratorio di San Francesco in Confortino, dove si dice abbia soggiornato san Francesco.

Occorre favorire la valorizzazione del patrimonio culturale italiano anche attraverso una nuova politica di sensibilizzazione degli enti pubblici preposti alla tutela dei beni e delle scuole, ma è anche importante che soprattutto le imprese intervengano nel restauro con metodologie che mirino alla conservazione dei materiali. Fino alla metà del secolo scorso a livello locale c’era una certa sensibilità verso il bene culturale, che si è persa negli anni sessanta e settanta con il boom economico per lasciare il posto alla diffusione di una mentalità molto condizionata da aspetti economici e logiche speculative.

Nell’opera di restauro occorre considerare tre figure importanti: il progettista, il produttore di materiali e di tecnologie specifiche per il restauro e l’impresa che esegue il lavoro di conservazione e che deve avere un approccio etico nel suo intervento, un approccio che consenta la trasmissione del patrimonio materiale di quel bene. Come l’intervento del vecchio medico di famiglia era rivolto alla salute globale dell’ammalato, così l’intervento dell’impresa di restauro occorre che tenga conto dell’avvenire del monumento che egli è chiamato a leggere e a curare. Occorre sempre più, quindi, che la cura che è in gioco nell’opera di restauro miri a trovare “il giusto congegno per serbar memoria dell’arte”.