IL LAMBRUSCO PER L'EXPO 2015

Qualifiche dell'autore: 
direttore del Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi

Quali sono stati i riscontri per il Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi al Vinitaly, la più grande vetrina del mondo per il settore vinicolo?

Il Lambrusco rimane leader della top ten dei consumi di vini DOC distribuiti dalla grande distribuzione e questo ci riempie di soddisfazione e ci sollecita a proseguire, insieme alle aziende consorziate, lungo la strada tracciata ormai da quarant’anni, quella della denominazione d’origine e della sua valorizzazione, perché solo così diamo al consumatore la certezza sulla provenienza e la salubrità del prodotto. Il Consorzio si è dotato fin dal suo sorgere di un comitato tecnico volontario per il controllo qualità di cui fanno parte esperti enologi che valutano dal punto di vista chimico-fisico e sensoriale tutte le partite di Lambrusco DOC modenese imbottigliate dalle aziende consorziate. E il consumatore percepisce il miglioramento premiandolo con i consumi: nel 2009 abbiamo venduto 22 milioni di bottiglie per le tre DOC che dal 1970 rappresentano Modena (il Lambrusco di Sorbara, il Lambrusco Salamino di Santa Croce, il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro) e anche il Lambrusco di Modena DOC, che è all’esordio, promette bene, anche se conosceremo i dati di vendita solo alla fine dell’anno.

Nel suo percorso in direzione della qualità, il vostro Consorzio dà un contributo anche a un tema come quello del rapporto fra vino e salute, che potrebbe essere interessante sviluppare nell’ambito dell’Expo 2015 a Milano, intitolata Nutrire il pianeta. Energia per la vita, che dedicherà molta attenzione all’educazione alimentare. Ci sono idee in proposito?

Abbiamo fornito suggerimenti a chi si sta occupando delle attività preparatorie che si svolgeranno negli anni da qui al 2015. Se il Vinitaly è una grande opportunità dal punto di vista commerciale per i vini e le loro denominazioni, credo però che manchi nel mondo un evento di carattere istituzionale, che possa diffondere l’informazione vera e propria. Per questo, abbiamo proposto di predisporre nell’ambito dell’Expo un padiglione del settore vitivinicolo italiano, all’interno del quale ospitare i diversi consorzi di tutela delle denominazioni che, a loro volta, ospitano le aziende consorziate o produttrici e che forniscono informazioni tecniche e organolettiche sui loro prodotti, sul territorio e sulla tradizione di ciascuna delle numerose eccellenze enologiche italiane.

Inoltre, dobbiamo pensare che il tema dell’Expo, Nutrire il pianeta, fa riferimento al consumo consapevole e alla produzione rispettosa dell’ambiente, della salute dei lavoratori e del consumatore finale. In Emilia Romagna, già dai primi anni ottanta, è diffuso il cosiddetto “protocollo degli interventi fitosanitari in agricoltura” o “lotta integrata guidata”, ogni anno viene redatto, promulgato e fatto rispettare un disciplinare, al quale aderisce la maggior parte degli agricoltori. Grazie all’applicazione di questo protocollo si sta sviluppando anche quello relativo alla coltivazione biologica che limita l’utilizzo di concimi chimici e di prodotti antiparassitari nell’ottica di uso consapevole dei mezzi tecnici a disposizione dell’agricoltura.

Quindi, all’esposizione potrebbe essere abbinata una serie di convegni?

Da marzo a ottobre, per l’intera durata dell’Expo, si potrebbero approfondire vari temi, soprattutto in collaborazione con le università. Ciascun consorzio potrebbe presentare i risultati delle ricerche che conduce da qui alla data della manifestazione. Noi, per esempio, abbiamo in corso due progetti di ricerca scientifica: uno si occupa della valutazione della sirtuina, elemento presente in tutti i vini, la cui analisi siamo stati i primi al mondo a effettuare, di concerto con l’Università di Pisa; l’altro progetto, in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, riguarda la tracciabilità geografica: partendo dall’analisi del prodotto finale, sarà possibile risalire al vigneto da cui hanno avuto origine le uve poi trasformate in vino DOC. Oggi sembra un progetto fantascientifico, ma il dipartimento di Chimica dell’Università di Modena si sta impegnando da due anni in studi approfonditi per arrivare a un risultato concreto. Inoltre, la ricerca è stata estesa all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige – riconosciuto come il primo in Italia per le analisi di laboratorio del settore vitivinicolo –, che si propone di definire una “nuova metodologia per la tracciabilità geografica e varietale di prodotti enologici”. Questo progetto sarà di grande supporto agli istituti preposti alla repressione delle frodi, che devono far fronte all’emergenza delle numerose imitazioni molto frequenti all’estero soprattutto per i prodotti a largo consumo e di grande successo commerciale, come il lambrusco. Basti pensare che il Consorzio di Modena e quello di Reggio Emilia, per la tutela legale delle denominazioni, spendono quasi centomila euro l’anno.

Per concludere, vorrei ricordare che, oltre ai convegni, nei mesi dell’Expo potrebbero essere organizzate iniziative per sottolineare come la cultura del vino contribuisca anche alla cultura della pace e dei valori della terra. Al Vinitaly era presente lo stand di un kibbutz della Palestina condotto da israeliani e palestinesi che lavorano insieme nei vigneti, vinificano, imbottigliano e vendono insieme: è un messaggio di armonia e di pace che mi piacerebbe si estendesse a tutte le altre attività economiche e all’intera umanità.