OLTRE LE MURA DEL SILENZIO

Qualifiche dell'autore: 
studiosa di storia e cultura dell’alimentazione

Nella ricerca per il libro che sto scrivendo, dal titolo Oltre le mura del silenzio, intorno ai monasteri femminili nell’area reggiana e modenese, mi hanno colpito la quantità di monasteri femminili, di gran lunga superiori a quelli maschili, l’importanza strategica, politica e sociale di alcuni di loro, l’importanza economica e la vastità di proprietà terriere di taluni. Il monastero risulta non solo un’istituzione radicata nel contesto politico e socio-economico del territorio, ma luogo di formazione, produzione e scambio al di là dei vincoli della clausura che ne imponevano l’isolamento e che per lungo tempo hanno ingenerato uno stereotipo letterario caricaturale e negativo del chiostro come “carcere”. Le dinamiche che regolavano la vita monastica e le attività pratiche delle religiose le avvicinavano invece alla realtà circostante: la città, con le sue istituzioni civiche, il mercato, il contesto patrimoniale e di scambio, le trattative finanziarie. Vorrei sottolineare gli aspetti d’interdisciplinarietà della realtà conventuale, anche evidenziando il monastero come azienda economica che amministrava le derrate e vi conformava i consumi alimentari, attuava scambi proficui e aveva un’oculata gestione delle proprietà.

Già il titolo racchiude in sé parole di forte pregnanza storica e simbolica: le mura, delimitazione fisica che racchiude, protegge e al contempo separa e isola le monache dal contesto sociale e politico del tessuto urbano. Ciò implica il concetto di clausura, norma fondamentale della vita religiosa delle monache. Le leggi claustrali rappresentano il frutto di una lenta maturazione operatasi nel corso dei secoli dalle origini a oggi. Costruire un modello femminile funzionante nel presente e proiettabile nel futuro, un modello di donna che, “segnata da naturale debolezza intellettiva, dotata di un corpo fragile la cui vista può generare moti di lussuria”, deve essere custodita, confinata nell’hortus conclusus del chiostro. 

Ma spesso la clausura si rivelava solo formale: i contatti con l’esterno erano frequenti e il modus vivendi in molti conventi femminili risultava tutt’altro che improntato su una ferrea osservanza dei voti. Le monache di clausura non sono “sepolte vive”, ma hanno rapporti con la società laica, con il potere episcopale, imperiale o comunale, con le famiglie nobili o di alta carica. Il monastero, inserito all’interno della cinta muraria, intrattiene rapporti con i cittadini e con gli abitanti al di fuori della città. La spezieria, con la preparazione e la vendita delle medicine, assume un ruolo pubblico importante. Le monache incontravano i braccianti che portavano al monastero i prodotti dei loro possedimenti, e alcuni prodotti in eccedenza venivano venduti al mercato, creando ulteriori contatti sociali. Ma la presenza delle monache nel mondo cittadino, e non solo, si faceva sentire con la loro cultura, senza bisogno che oltrepassassero le mura, per esempio, attirando pubblico nella loro chiesa grazie alla musica, ai canti e all’abbellimento della chiesa con opere sacre.