UNA MONETA PER L'IMPRESA ETICA

Qualifiche dell'autore: 
presidente di Demil, membro del Direttivo di Confida

Intervista di Anna Spadafora

Emilio Fontela, nel suo intervento all’Università di Modena, ha cercato di fare una fotografia delle imprese dell’Emilia Romagna in cui c’è, o potrebbe esserci, brainworking, lavoro di cervello…

Il cervello occorre sempre nell’impresa, anche se alcune imprese, che devono essere più fantasiose, devono innovare più di altre, devono averne di più. Imprese come la nostra, in un settore giovane come quello della distribuzione automatica, nato vent’anni fa, richiedono molto cervello, ciascun giorno devono pensarne una nuova, il cervello deve lavorare molto per ottimizzare il processo e per migliorarlo. Il nostro settore non ha ancora quell’immagine che comincerebbe a meritare, perché ci sono tante imprese che si sono evolute e le loro caratteristiche stanno avvicinandosi alle imprese di altri settori, a cui non hanno niente da invidiare. Parlo di un certo numero d’aziende che hanno deciso di rendersi visibili, non di quelle che invece purtroppo continuano a rimanere nei seminterrati, per dir così.

Nel vostro settore, della distribuzione automatica, è ancora molto diffuso l’uso della moneta metallica? Qual è stato il vostro contributo per la gestione dei problemi inerenti all’avvento dell’euro?

Come membro del direttivo di Confida, ho avvertito che c’era un grosso timore, per nulla infondato, che riguardava la gestione delle monete in seguito all’avvento dell’euro, considerando che gli incassi provenienti dal nostro lavoro sono in gran parte in moneta metallica. Si sa che la moneta metallica è pesante, onerosa da movimentare, ed è sempre stata vista dalle banche come un problema: addirittura, è accaduto a volte che venissero chiusi i conti correnti ad aziende nostre associate, con conseguenti difficoltà per queste ultime che, non potendo versare gli incassi, si sono viste i conti andare in rosso e sono state costrette a ricorrere al tribunale. Se dunque la moneta metallica è sempre stata un problema, immaginiamo che cosa sarebbe accaduto con il change over, dove si trattava di una quantità enorme di lire da raccogliere in pochissimo tempo.

Pertanto, l’anno scorso abbiamo pensato che sarebbe stato opportuno anticipare i tempi avviando delle trattative con le autorità monetarie, tenendo conto del fatto che le strutture esistenti erano assolutamente insufficienti. Quindi, abbiamo fatto una fotografia della situazione e abbiamo preso i primi contatti con il Ministero del Tesoro, la Banca d’Italia e l’Abi. Nell’ambito del direttivo di Confida sono state delegate due persone: Luca Damiani, titolare di Coges, un’azienda leader in Italia per la costruzione di sistemi di pagamento per i distributori automatici – le classiche chiavette che ormai sono milioni – e il sottoscritto, per l’esperienza di gestione della moneta che abbiamo in Demil.

In primavera dello scorso anno abbiamo avuto diversi incontri, in cui abbiamo espresso le nostre preoccupazioni e ci è stato chiesto un progetto, una proposta, per il ritiro delle lire. Quindi, abbiamo incominciato a pensare alle varie soluzioni. Abbiamo realizzato una metodologia di confezionamento, in funzione di un’ottimizzazione logistica della raccolta: abbiamo realizzato la confezione singola che corrisponde al sacchetto di mille pezzi – che poteva essere pesato per determinare la quantità, evitando il conteggio delle monete –; i dettaglianti che avevano meno di mille pezzi dovevano confezionare sacchetti da duecento, in modo tale che, avendo la confezione già definita in sacchetti trasparenti, il conteggio potesse avvenire in tempi brevi; poi abbiamo creato una scatola standard, che poteva contenere sacchetti di monete di varie pezzature – due da cento lire, tre da cinquecento, e così via – e poteva essere abbastanza maneggevole. Quindi, abbiamo inserito nel progetto queste indicazioni, insieme a quella riguardante la creazione di diversi centri in Italia, nei quali le banche e i nostri associati potevano consegnare direttamente le monete raccolte, che sarebbero andate alla Zecca per la demonetizzazione successiva.

È stata un’avventura in cui c’è stato sicuramente lavoro di cervello. Come Confida, quindi, abbiamo presentato una nostra offerta alla Zecca dello Stato, che di fatto è controllata dal Ministero del Tesoro; abbiamo concorso con questo nostro progetto, corredato di tutte le indicazioni delle misure di sicurezza dei siti in cui doveva avvenire la raccolta e della metodologia di confezionamento. La proposta è tanto piaciuta che l’hanno adottata pari pari. Per quanto riguardava il confezionamento delle monete, il 6 dicembre 2001 il Ministero ha diffuso una circolare che dettava tutte le regole prescritte dalla Demil, per conto di Confida.

Purtroppo, nel concorso per l’affidamento dell’intera operazione, è prevalsa la ragion di stato, è stata affidata alle Poste, nonostante fossero già impegnatissime con la distribuzione degli euro. Tuttavia, abbiamo pensato di supportare ugualmente l’operazione, poiché come categoria avevamo tutto l’interesse che andasse a buon fine. Per questo motivo, proseguendo le comunicazioni con il Ministero del Tesoro, abbiamo collaborato con le Poste per spiegare il processo e dare loro consigli.

Intanto, però, la circolare scritta dal Ministero del Tesoro è rimasta o nei cassetti dell’Abi, che non l’ha fatta pervenire in tempo alle banche, o nei cassetti delle banche, che non l’hanno letta, e le monete sono state raccolte nel modo più disordinato possibile, in confezioni di qualsiasi genere. Quindi, quello che noi avevamo progettato per il nostro settore e poteva essere esteso a tutta la raccolta non è stato seguito, con la conseguenza che i service si sono imballati di monete, si sono riempiti i caveau, che già erano pieni di euro da distribuire, e tutt’ora c’è una quantità di moneta che dev’essere smaltita. Per fortuna, il nostro settore ha realizzato il change over in meno del previsto, tre settimane anziché due mesi, anche perché, usufruendo del riconoscimento del Ministero, poteva versare direttamente nei depositi delle Poste, insieme alle banche e all’Indicot.

Dalle informazioni che ho attraverso colleghi del settore, a tutt’oggi, su un numero previsto di circa quarantamila pallettes da ritirare, che corrispondono a circa cinque miliardi di pezzi di monete, siamo arrivati non oltre i tremila bancali. Possiamo pure ipotizzare che il numero di pezzi sia eccessivo rispetto a quelli che potevano circolare, ma anche se fossero la metà siamo ancora al di sotto della soglia: i service si sono garantiti il lavoro per altri sei-sette mesi almeno.

È interessante che, nonostante non vi sia stato affidato l’appalto, voi abbiate seguito il progetto affiancando le Poste perché l’operazione fosse portata a compimento. Questo dice di una cultura d’impresa in cui importa che le cose giungano alla qualità, indipendentemente da una finalizzazione economica.

Per fortuna, ci si rende sempre più conto del fatto che le imprese, oltre ad avere un valore di puro bilancio, un valore commerciale, hanno un valore che si misura a partire da ciò che esse fanno nei confronti della società, è il valore etico dell’impresa, che, a mio avviso, avrà sempre più importanza ed esige una sempre maggiore attenzione.