DOVE C’È COMMERCIO C’È VITA

Qualifiche dell'autore: 
presidente provinciale di Confcommercio Imprese per l’Italia Ascom Modena

Il presidente nazionale Carlo Sangalli, durante la sua visita del 28 giugno scorso nella nostra città per incontrare il nuovo gruppo dirigente di Confcommercio Modena, ha apprezzato molto la vostra iniziativa Dove c’è commercio c’è vita, per il contributo che dà alla valorizzazione del commercio, “che esprime cultura, economia e socialità”…
“Quando si spegne un’insegna, è un pezzo di città che muore”, disse qualche tempo fa Sangalli parlando del commercio di vicinato. Nella sua visita a Modena, ha osservato come l’iniziativa Dove c’è commercio c’è vita sia riuscita a volgere in positivo la sua frase: “quando si accende un’insegna, un pezzo di città riprende vita”.
La nostra è un’iniziativa che, al di là dell’apporto puramente economico che può dare alle attività commerciali, guarda alla permanenza del commercio tradizionale all’interno dei centri urbani in termini di sicurezza, vivibilità e attrazione, oltre che di servizio. Dove c’è commercio c’è gente, ma anche meno possibilità che circolino malavitosi, perché le strade sono più illuminate e c’è maggiore attenzione al territorio. D’altra parte, se ci pensiamo, la fioritura delle civiltà è sempre stata legata al commercio. Senza commercio le comunità rimanevano chiuse al loro interno. Pensiamo all’importanza delle botteghe a Firenze o degli empori a Venezia, ad Amsterdam e ad Anversa. Lo scambio ha sempre favorito la crescita culturale e sociale, ma anche scientifica e artistica.
Le imprese commerciali rappresentano il 26 per cento del tessuto economico del nostro paese, eppure spesso pesa sul commerciante un pregiudizio antico…
Certamente, non dimentichiamo i mercanti cacciati dal tempio. La storia lascia sempre segni positivi o negativi. L’impressione che il mercante debba fare affari a ogni costo c’è sempre stata nell’opinione comune. Occorre dire che in passato questa credenza era diffusa nella stessa categoria. Poi, con l’aumentare della concorrenza in vari settori merceologici, si sono affinate le attenzioni per il cliente, che è stato messo al primo posto. Oggi siamo arrivati al punto in cui il cliente è talmente informato che il commerciante, per mantenere una base di clientela, deve essere assolutamente in regola su tutti i fronti e deve offrire un servizio ineccepibile da tutti i punti di vista: da quello della qualità a quello della formazione e dell’informazione, per fare in modo che si crei quel rapporto di fiducia indispensabile alla continuità.
Una grande scuola in questo senso sono stati gli anni sessanta e settanta, quando veniva apprezzato il valore di ciascuna cosa e il cliente acquistava un articolo perché ne aveva bisogno e non poteva farne a meno. All’epoca, il commerciante era messo davanti alle proprie responsabilità, non poteva vendere un articolo qualunque, doveva garantire la qualità, un po’ come sta avvenendo in questo periodo di crisi, che ha depresso tutti i consumi, a causa della bassa capacità di spesa di gran parte della popolazione. Per questo credo che oggi siano favorite le imprese commerciali sorte in quegli anni, perché hanno imparato a condurre un’azienda in modo corretto in tempi difficili. I tempi difficili, come vediamo, prima o poi, arrivano. E chi aiuta le imprese a superare le crisi? La clientela, che comprerà meno, ma continuerà a comprare da chi ha dimostrato di meritare fiducia.
Oggi tuttavia abbiamo a che fare anche con un altro tipo di concorrenza, quella delle grandi holding e dei grandi mercati, che non curano il cliente ma l’immagine. Allora dobbiamo sperare che il cliente capisca che la “firma”, spesso supportata da grandi battage pubblicitari, non vuol dire necessariamente qualità.
Lei sottolinea sempre più come il negozio, nel senso originario del termine, è ancora molto simile alla bottega del rinascimento, quasi un salotto, un punto d’incontro. Generazioni di clienti possono trovare continuità di servizio nello stesso negozio, grazie all’ascolto che instaura il commerciante; tra parentesi, il termine “cliente” deriva dal greco klyo, che vuol dire “ascolto”...
Se consideriamo il cliente solo come qualcuno che deve consumare, siamo sulla strada sbagliata. Il nostro ruolo non è solo professionale, ma anche culturale e sociale, con la responsabilità connessa. Non dobbiamo dimenticare che, con le nostre proposte, possiamo contribuire alla crescita della società, quindi dobbiamo avere la massima attenzione per il ruolo di cui siamo investiti da parte dei clienti, i quali si affidano a noi per le loro scelte, in settori nei quali non hanno la nostra competenza.
Il mestiere del commerciante è bello e dà molte soddisfazioni, non tanto per ciò che si guadagna quanto per ciò che si riesce a dare e ricevere ciascun giorno nel corso degli anni. Il bello di un’attività è la sua continuità, e se c’è continuità vuol dire che abbiamo seminato fiducia. È l’invito che rivolgo agli oltre 2500 commercianti della provincia di Modena, che hanno usufruito dei nostri corsi di formazione: oltre a proseguire la formazione, che dev’essere costante, fate in modo che il cliente si accorga di tutta la passione e la cura per il vostro nobile lavoro. Solo così potrete conquistare la sua fiducia.