IL CLASSICO È SEMPRE ATTUALE

Qualifiche dell'autore: 
socio del negozio I classici Srl, Bologna

Le imprese commerciali in Italia sono il 26 per cento del totale e contribuiscono, con le altre attività del terziario, al 71 per cento del PIL. Intere civiltà sono nate grazie al fatto che i mercanti portavano, insieme ai beni, scienza, arte e cultura. Eppure, per molto tempo ha regnato il pregiudizio che considerava le attività commerciali meno rilevanti rispetto a quelle di produzione…
Oggi siamo già oltre, si è già pensato di superare la fase della produzione come motore e centro dell’economia, per arrivare alla cosiddetta società dei servizi. In realtà, tutto è servizio, anche produrre qualcosa, ma quando si parla di società dei servizi si fa riferimento alle nuove tecnologie, che si basano su un commercio di idee più che di beni. Tuttavia, il commercio di beni non tramonterà mai e non sarà mai un ostacolo allo sviluppo economico, come a volte si è creduto erroneamente, attribuendo al commerciante e al bottegaio una fama negativa, di chi trarrebbe profitto eccessivo dalla distribuzione delle merci.
Oltre ad avere fondato le prestigiose gioiellerie Blondi, lei è stato vice presidente nazionale di Confcommercio, ha viaggiato in tutto il mondo e ha potuto constatare come nella vendita ci sia un servizio intellettuale che permette di portare cultura lì dove non sarebbe mai arrivata…
Questo è stato enfatizzato al massimo da Internet: aziende commerciali che non potrebbero andare oltre un raggio di pochi chilometri, riescono a raggiungere clienti in America o in Cina, se sanno trovare il canale giusto.
È vero che Internet è una grande vetrina, ma lei ritiene che possa sostituire l’incontro?
Il problema rimane quello delle relazioni: la relazione con il cliente che entra in negozio non è quella con il cliente che non potrà mai essere incontrato perché vive a ventiquattro ore di distanza. Oggi questa differenza ha consentito al commercio tradizionale di reggere l’urto della grande distribuzione, anche se con grandi difficoltà. Ma i ragazzi nati con Internet sotto il cuscino si abituano a un tipo di rapporto diverso da quello tradizionale e può darsi che fra venti o trent’anni non sarà più come oggi. Internet è uno strumento straordinario ma per certi aspetti spaventoso, perché cambia il modo di rapportarsi col prossimo, col mondo, e anche la percezione della realtà. Comprare da qualcuno che non si sa neanche se esista come persona va oltre il rapporto impersonale della grande distribuzione. Allora, cosa ne sarà del vecchio bottegaio che conosce i clienti di persona e addirittura li eredita da una generazione all’altra? Del resto è già in atto una tendenza incontrovertibile: la perdita di fidelizzazione della clientela, oggi estremamente mobile e volatile.
I negozi con un’offerta di qualità contribuiscono a rendere attraente un centro storico. Ma in che modo il centro può essere reso più attraente per favorire il commercio?
Il problema è estremamente complesso: se parliamo di una città medio-piccola come Modena, non famosa per motivi turistici come Roma o Venezia, l’amministrazione deve decidere se valorizzare o penalizzare il centro storico. Il nostro è stato penalizzato, non perché la politica dell’amministrazione abbia sbagliato target, ma perché è stata privilegiata la grande distribuzione a monomarca. Parlo dell’Emilia Romagna, che conosco meglio, ma questo si è verificato anche altrove, per quanto sia stato diverso l’atteggiamento delle varie amministrazioni che si sono succedute. L’elemento comune a tutte le città è che i centri storici sono poco accessibili, perché sono stati costruiti quando le automobili non c’erano, ma occorre trovare il modo perché lo siano, per esempio costruendo i parcheggi, com’è stato fatto a Parma, per cui dall’autostrada si arriva direttamente sotto la Pilotta. Gli strumenti esistono, ma devono essere utilizzati per rendere più appetibile il centro.
Modena è perdente rispetto ad altre città più attraenti dal punto di vista artistico, come Firenze o Venezia, ma anche Mantova o Ferrara. Allora occorre puntare su altri fattori: oltre all’accessibilità, l’attenzione all’arredo urbano, le pedonalizzazioni, la costruzione di aree commerciali di diversi livelli, dall’alto verso il basso.
Ma forse sono tutti sogni, come quello di portare di nuovo in centro gli uffici pubblici, la cui dislocazione a Modena sembra avvenuta più casualmente che in base a un disegno preciso, senza calcolare l’aumento del traffico e dell’inquinamento che ha comportato.
Noi auspichiamo la città del secondo rinascimento…
Nel primo rinascimento, quando hanno capito che alcune città medievali erano costruite in modo non più adeguato al nuovo modo di vivere e alle idee che volevano realizzare, le hanno abbattute e le hanno rifatte secondo nuovi criteri: è quello che è accaduto a Ferrara e a Mantova. Oggi una proposta del genere non sarebbe facilmente percorribile, quindi il secondo rinascimento dovrà trovare altri modi.