OCCORRE UN GOVERNO UNITARIO DELL’EUROPA

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docente di Revisione aziendale all’Università di Modena, presidente di PRM

In due mesi di governo il Presidente del Consiglio Monti ha varato una manovra economica pesante ma, forse, risolutiva, con un Parlamento responsabile, e grazie anche a un nuovo clima di cauto ottimismo che si è creato nel paese dopo anni di sfiducia. Monti sta tentando la riconciliazione della politica con l’opinione pubblica e ha agito sul piano della comunicazione con un mix di strategie mirate a raggiungere i cittadini italiani: la società civile ha percepito la serietà del metodo di lavoro.

La manovra “Salva Italia” può risultare un passaggio necessario per dare alle istituzioni e ai partner europei, nonché alla finanza mondiale, il messaggio che l’Italia fa sul serio. Occorreva adottare provvedimenti che consentissero un immediato risparmio di cassa: il blocco delle rivalutazioni delle pensioni, dato il loro numero, e il passaggio immediato dal 2012 al sistema contributivo, con una riduzione notevole degli assegni di pensione, hanno comportato un risparmio di milioni. Anche l’allungamento dell’età pensionabile è finalizzato a ridurre una passività che stava diventando insostenibile. L’Italia ha avuto il boom demografico tra gli anni cinquanta e sessanta e i nati di quel periodo costituiscono la generazione che è prossima al pensionamento. Nel 1961, l’economista Beniamino Andreatta e il parlamentare Aldo Moro tentarono, con un disegno di legge, la riforma del sistema previdenziale. Negli anni del boom economico e demografico, parlare di sistema contributivo e di allungamento dell’età pensionabile sembrava non avere senso, e l’età pensionabile di sessant’anni appariva adeguata. 

Ma un buon governo non può trascurare la demografia: se non si osservano e studiano con attenzione i fenomeni demografici, mancano informazioni fondamentali per prendere decisioni strategiche, a medio e lungo termine.

Si fa cassa anche con la lotta all’evasione che, per essere efficace, presuppone controlli incisivi e ripetuti con costanza nel tempo; ridurre l’uso del contante a mille euro per assicurare la tracciabilità dei pagamenti è certamente un’efficace norma antiriciclaggio, ma è anche una forte limitazione della libertà: lo stato che vieta ai propri cittadini di utilizzare la moneta in corso legale per effettuare i pagamenti riduce sensibilmente la loro autonomia. L’uso della moneta elettronica è un fatto culturale e rappresenta un moderno, pratico e sicuro strumento per le transazioni economiche, ma deve essere una libera scelta. Il contrasto all’evasione, in una società come quella attuale, deve avvenire anche attraverso il controllo delle manifestazioni del reddito (il patrimonio e il consumo), non può consistere nella costrizione dei cittadini a comportamenti obbligati e limitativi della libertà individuale; il cittadino deve essere libero nei comportamenti, secondo etica, educazione o spirito di patria, nel rispetto delle leggi, non può essere costretto a percorsi obbligati: per prevenire la violenza di qualcuno non possiamo imporre la camicia di forza a tutti.

Un provvedimento al momento assente da questa manovra è l’abbattimento significativo della tassazione sul lavoro e sull’impresa, forse sarà introdotto più avanti. La recuperabilità o deducibilità dell’IRAP dal reddito delle persone giuridiche, dall’IRES, è certamente un provvedimento valido, ma in una situazione come quella odierna produce un effetto non apprezzabile, poiché presuppone un reddito imponibile e, purtroppo, molte imprese in questa fase acuta della crisi chiudono i bilanci in perdita. 

Un altro provvedimento che dovrà completare la strada intrapresa dalla manovra, e in effetti è annunciato, è la riforma del mercato del lavoro. 

Oggi siamo dinanzi a fenomeni incoerenti nel nostro paese, che non portano a una rivoluzione solo per una bontà intrinseca nel popolo italiano. Il nostro mercato del lavoro è ingessato: chi è assunto a tempo indeterminato non è licenziabile e chi è assunto con altre forme contrattuali ha la peggio, così una parte dei lavoratori è priva di ogni tutela e i datori di lavoro non sono incentivati a migliorare la loro organizzazione assumendo qualcuno in più, semmai assumono lavoratori in nero. Occorrerebbe stabilire la regola che tutti siano assunti a tempo indeterminato, dando la possibilità alle imprese di riorganizzarsi anche per motivi economico-gestionali. Questo dovrebbe valere per tutti: grandi, medie e piccole imprese. Non è un caso se in Italia ci sono milioni di aziende con due o tre lavoratori dipendenti: solo così riescono ad avere maggiore libertà organizzativa.

In conclusione, il segnale che ha dato la manovra è stato molto forte, purtroppo è stato recepito, per ora, solo parzialmente dai mercati, anche perché non ha fatto seguito un segnale analogo dell’Unione Europea. Allora viene il dubbio se l’Italia non sia davvero il banco di prova delle difficoltà dell’Europa e dell’Euro o se si tratti soltanto del tentativo di scaricare tali difficoltà sul nostro paese. Il vero problema è che, nonostante ciò che l’Italia sta facendo, e che occorreva fare, manca un governo politico dell’Europa, un bilancio federale, che consenta di superare la qualità del debito dei singoli stati e di finanziare la crescita economica attraverso i grandi progetti di ricerca scientifica e la realizzazione delle reti infrastrutturali. Non si può avere una moneta unica con un divario sensibile di competitività tra la Germania e molti degli altri paesi europei, a meno che non si attui un governo unitario della politica monetaria, fiscale e, quindi, dei debiti dei singoli stati, con un conseguente trasferimento di ricchezza da una parte all’altra dell’Europa.

Se l’Europa non trova subito una soluzione unitaria, emulando il governo Monti, con decisioni serie e con il medesimo convincimento, i nostri sacrifici potrebbero essere inutili.