LE DONNE NELLA GESTIONE DELL’IMPRESA

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responsabile Marketing di Lameplast Group

Come ha dichiarato il vostro presidente, Giovanni Ferrari, nel numero 41 della nostra rivista, il contributo delle donne allo sviluppo e alla riuscita delle attività che il Gruppo Lameplast ha intrapreso dal 1976 a oggi è stato fondamentale, e non solo perché rappresentano oltre il 90 per cento del personale, con ruoli e funzioni essenziali nei vari settori, soprattutto nelle posizioni chiave. Può darci la sua testimonianza, in particolare come responsabile del marketing e dell’immagine aziendale? Qual è l’approccio che avete adottato per valorizzare al massimo l’apporto di ciascuno?

Credo che uno dei meriti di Giovanni Ferrari sia stato quello di dare l’opportunità di esprimersi a persone giovani, in particolare donne: ha sempre scommesso nella capacità di ciascuno d’inventare e di guardare oltre, affidandoci ruoli che in altre aziende sono ricoperti da persone più anziane. E questo è impagabile in un’azienda che ha fatto dell’innovazione il suo cavallo di battaglia, tanto da essere premiata non solo dal mercato – ricordiamo che Lameplast è partner di alcuni fra i più importanti gruppi internazionali dei settori farmaceutico e cosmetico –, ma anche attraverso i riconoscimenti ufficiali ottenuti: ben nove Oscar dell’Imballaggio, di cui molti a livello mondiale.

Ciò non toglie che egli non ci abbia sempre insegnato a prenderci le nostre responsabilità, anzi, il confronto e il coordinamento costante fra differenti gruppi di lavoro è molto più proficuo se ciascuno deve prendere anche decisioni importanti. Il confronto è fondamentale per coordinare e mantenere i collegamenti tra le varie funzioni aziendali, ma alla fine, da sempre, nella nostra azienda, la responsabilità cade su ciascuno. Allora il lavoro in team diventa molto più stimolante perché impedisce che qualcuno creda di avere raggiunto il massimo e di avere valutato tutto ciò che si poteva valutare: solo attraverso il confronto ci si accorge che qualcosa è sfuggito, com’è normale quando si lavora da soli. Credo che anche questo sia un elemento di crescita indispensabile per un’azienda che vuole sempre aumentare le proprie performance a livello internazionale.

Nel suo lavoro di coordinamento fra la produzione e la comunicazione verso il cliente, quali sono le difficoltà e le differenze che avverte lavorando con uomini e donne?

Le donne in genere sono più competitive e tendono a manifestazioni del proprio carattere più marcate rispetto agli uomini. Soprattutto ai vertici, nelle donne c’è la tendenza a primeggiare, che spesso comporta difficoltà di comunicazione, ma se si riescono a superare queste difficoltà, lavorare in team con donne ha un valore aggiunto notevole, perché ciascuna si occupa di un progetto o di un prodotto con la stessa cura e attenzione che presterebbe per far crescere un bambino, provando la stessa soddisfazione nel vederlo vivere e mettendo il massimo impegno perché possa raggiungere il più alto livello di qualità. Non a caso, nel nostro Gruppo le donne hanno ruoli in cui sono chiamate a prendere decisioni importanti e delicate e ad affrontare le situazioni più complesse per la vita dell’azienda. Le donne assumono le questioni sempre come se l’azienda fosse propria, non hanno un approccio settoriale e non si lamentano se sono chiamate a fare qualcosa che apparentemente non è di loro competenza, in breve, sono più multitasking degli uomini, che tendono a fare bene una sola cosa.

Forse per questo le donne vivono l’azienda come se fosse propria, perché sono multitasking, come dovrebbe essere ciascun imprenditore, perché l’impresa ha sempre vari cantieri aperti, che devono essere seguiti nella loro simultaneità…

Sicuramente è una dote che constatiamo nel caso del nostro presidente, che per far crescere il Gruppo deve confrontarsi ciascun giorno con i problemi più disparati. Ma credo che, in generale, egli sia assolutamente contrario ai compartimenti stagni, tant’è che ha sempre favorito i dispositivi di parola, anche se è difficile far parlare tra loro realtà aziendali che si occupano di aspetti molto differenti. Eppure, ha sempre preferito il confronto, anche a rischio che si tramuti in scontro, per abituarci a essere critici e notare, nella maniera più ampia possibile, l’effetto che ha tutto ciò che diciamo e facciamo.

Nel lavoro di comunicazione, quanto incide la cura linguistica?

Se parliamo della comunicazione scritta o verbale, oltre a controllare l’esattezza dei dati che vengono trasmessi, per esempio su un nuovo prodotto, e la forma con cui sono resi disponibili, a me sta molto a cuore il linguaggio. Il linguaggio con cui è redatto un comunicato stampa di un’azienda come la nostra è anche una descrizione dell’azienda stessa, dice a chi lo legge se l’azienda ha idee chiare e che tipo di atteggiamento ha nei confronti del cliente e del mercato.

Poi, non dimentichiamo che noi ci occupiamo di packaging, ossia della “faccia” con cui le aziende nostre clienti si presentano al mercato, perché un contenitore non è solo l’involucro che protegge un prodotto. Allora, se noi siamo responsabili dell’immagine di un’azienda, la cura verso il dettaglio dev’essere proprio come quella che il poeta o lo scrittore hanno nella ricerca delle parole più adatte alle loro opere, e nulla è indifferente o secondario.

Il vostro Gruppo ha il merito di avere valorizzato cervelli che altrimenti avrebbero arricchito il patrimonio intellettuale di altri paesi…

Come dicevo all’inizio, l’innovazione è il nostro cavallo di battaglia, perché abbiamo assunto la sfida di rispondere alle esigenze dei clienti immediatamente, spesso prima che siano percepite. Nel processo d’innovazione, il contributo dei giovani è straordinario, ma, diversamente da quanto si crede, la creatività non è frutto del lampo di genio del singolo. I creativi possono progettare bellissimi contenitori, ma poi per rispondere alle esigenze pratiche di un oggetto d’uso quotidiano, l’idea deve essere arricchita dall’esperienza di chi conosce materiali plastici e processi produttivi e di chi si confronta ogni giorno con i clienti. I nostri gruppi di lavoro sono fucine d’idee, dove non c’è un vero autore dell’invenzione, che nasce, ancora una volta, dall’incontro e dal confronto di cervelli allenati ad assumere responsabilità e a prendere decisioni, ma anche a esporsi alle critiche e alle obiezioni, proprio come credo avvenisse nelle botteghe del Rinascimento, che non si può dire non possa vantare la maggiore concentrazione di creativi di ogni epoca e area geografica.

A proposito di innovazioni, qual è la novità che avete presentato al Cosmoprof di Bologna quest’anno?

Lostrip multistrato: l’ultima frontiera del monodose. Una tecnologia innovativa che consente di utilizzare diversi materiali plastici all’interno di un singolo monodose, per chi non si accontenta di un solo strato. Dopo diversi anni di ricerche, i nostri laboratori R&D oggi sono in grado di sfruttare al meglio diverse materie plastiche (tra cui polietilene e polipropilene) e di associarle ad altri polimeri plastici. Il multistrato apre nuove e interessanti opportunità per esibire e proteggere i prodotti del settore farmaceutico, cosmetico e dei dispositivi medici. A differenza dei normali strip monostrato, i multistrato sono forniti di uno strato esterno – ed eventualmente di uno intermedio – in aggiunta allo strato interno a contatto col prodotto. Ogni strato può essere scelto in base a specifiche esigenze di marketing, ad esempio per aumentare le proprietà barriera, per migliorare la comprimibilità del monodose o per giocare con le tonalità senza interferire con il contenuto.