COME IL LATTE PRENDE FORMA

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presidente di Albalat S.c.a.

Nel 2011, Albalat ha trasformato 182.216 quintali di latte in 33.996 forme di Parmigiano-Reggiano, che sono state commercializzate con il marchio Parmareggio, garanzia di qualità eccelsa, tant’è che nella prima pubblicità televisiva, il topolino ci teneva a precisare: “Il Parmigiano non è mica tutto uguale”. Che cosa fa la differenza?

La prima differenza la fa la stagionatura: il formaggio si può chiamare Parmigiano Reggiano a partire dai dodici mesi di stagionatura, ma il picco dei consumi si attesta intorno ai ventidue-ventiquattro mesi, quando il prodotto ha conquistato la sua qualità. Noi tendiamo ad arrivare a stagionature di oltre trenta mesi, che garantiscono un prodotto veramente eccezionale.

Con altri caseifici del comprensorio, facciamo parte del Consorzio Granterre, che commercializza il prodotto non solo in forma tradizionale, ma anche in sottilette, formaggini, snack per il consumo in ambito sportivo o abbinato ai crackers per la merenda dei bambini. Un altro contributo alla qualità è dato dal fatto che siamo una cooperativa. Ancora oggi, i caseifici sono strutture in cui i produttori si associano per aumentare i volumi e le competenze e percepiscono concretamente come si crea il loro reddito, mentre in altre realtà la partecipazione non è altrettanto diretta. Qui la lettura del bilancio è semplice: i produttori conferiscono il latte, noi tratteniamo i costi di trasformazione dai ricavi della vendita del formaggio e restituiamo ai produttori tutti gli utili, per remunerare il più possibile la materia prima. In pratica, facciamo l’esatto contrario di ciò che fa l’industria, che cerca di pagare il meno possibile la materia prima.

“Il Parmigiano-Reggiano non si fabbrica, si fa”, recita lo slogan del Consorzio e quello di Albalat “Il latte prende forma”. In entrambi i casi, il riferimento è a un processo che ha molta poesia (tra l’altro poiesis in greco voleva dire sia poesia sia fare), perché non bastano le competenze tecniche per ottenere un prodotto eccellente...

È un insieme di migliaia di comportamenti – dalla produzione alla costruzione del foraggio, dall’allevamento al caseificio – che spesso sono inconsapevoli e non codificati dagli stessi addetti, a dare il risultato, per cui è proprio un fare tutti i giorni in tradizione. Gli operatori non sanno perché devono fare in un modo anziché in un altro, ma si accorgono della differenza quando sbagliano. Il prodotto ha la sua riuscita nei comportamenti corretti, per cui in caso di problematiche cerchiamo di andare a ritroso per capire che cosa sia successo e vediamo che abbiamo fatto qualcosa di diverso senza darci peso.

Nel caseificio è ancora di primaria importanza la figura del mastro casaro, un po’ stregone e un po’ artista, che oggi si avvale di tutta una serie di collaboratori e di tecnologie moderne, ma rimane la figura cardine, quello che fiuta il latte all’arrivo, operazione essenziale, perché, dato che il Parmigiano-Reggiano non può essere aiutato con additivi chimici o conservazioni di freddo, deve stabilire se è idoneo per il prodotto. Per quanto il caseificio sia moderno, come nel nostro caso, le operazioni sono le stesse da nove secoli: per produrre il calore non usiamo più la fascina ma il vapore, al posto dello spino di legno per fare la cagliata ne usiamo uno d’acciaio, ma in fondo facciamo le stesse cose, con una sapienza che viene trasmessa alle persone che ruotano attorno al casaro, il vice casaro e gli uomini di fiducia, ritenuti idonei per le operazioni più delicate. I risultati sono figli dei comportamenti, quindi per noi è un valore aggiunto il fatto che le maestranze rimangono qui fino all’età del pensionamento, contribuendo così a costituire un patrimonio inestimabile.

Avete costruito anche un percorso di tracciabilità che vi consente d’intervenire in corso d’opera…

Indipendentemente dalle disposizioni dell’USL, della legislazione o del Consorzio, ci siamo dati una serie di regole che ci permettono, quando diamo un pezzo di formaggio al consumatore, di dire quale latte ha partecipato a produrlo, da quale allevamento proviene, da quanti e quali animali, cosa hanno mangiato quel giorno, chi ha svolto quell’operazione, a che ora, con quanto calore, quanto caglio, quanto siero e tutta una serie di informazioni che non hanno mai avuto lo scopo della tracciabilità verso il consumatore, ma verso il nostro sistema di controllo interno, perché sapere quello che abbiamo fatto ci aiutava a risolvere i problemi nel caso si fossero presentati.

Il risultato non si misura solo se il prodotto è a norma dal punto di vista legislativo o della perizia del Consorzio, ma nel riconoscimento del consumatore, che identifica nel nostro Parmigiano-Reggiano uno fra i migliori sul mercato.

Per questo monitoriamo una serie di parametri che vanno dalla qualità del foraggio a quella del latte: ogni quindici giorni facciamo un prelievo che misura non solo i contenuti di grasso e caseina ma anche la carica batterica e tutti gli altri parametri caseari, facciamo prelievi settimanali dalle caldaie, analisi sul prodotto fuori sale, perizie sul prodotto per un’analisi precoce sia a tre mesi con macchine apposite sia col martello a sette-otto mesi, prima del Consorzio, tutta una serie di controlli che ci dicono se siamo sulla retta via.