LA SIRIA: PRIMAVERA O INVERNO ARABO?

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imprenditore, presidente dell’International Business Centre

Prima di entrare nel vivo dell’attuale situazione siriana parto da quella mondiale. Nei vari paesi, compresa l’Italia, non abbiamo una libertà assoluta, perché le potenze militari ed economiche si spartiscono il pianeta: oggi la Cina sta combattendo economicamente con gli Stati Uniti, è in corso una guerra tra i gruppi finanziari cinesi, alleati con la Russia, l’Iran e la Siria, e i gruppi finanziari americani, alleati con l’Europa occidentale, Israele e i paesi arabi del Golfo. Anche il mondo arabo è diviso tra paesi alleati con gli Stati Uniti e l’occidente e paesi alleati con Russia e Cina. Ma in seguito agli sconvolgimenti politici della primavera araba le cose stanno cambiando. La cosiddetta “primavera araba” sarebbe giusto che fosse definita “autunno” o “inverno arabo”. Sappiamo che lo stato di Israele è stato creato al centro del mondo arabo. Noi non siamo contro la religione ebraica e contro nessuna religione e nessuna etnia, anzi, per noi musulmani gli ebrei sono nostri cugini, perché discendono da Abramo, come noi. Ma la zona dove vivevano pacificamente ebrei, cristiani e musulmani fu occupata dagli ottomani per quattrocento anni, fino alla fine della prima guerra mondiale. I vincitori della guerra, gli inglesi e i francesi, hanno aiutato gli arabi a liberarsi dagli ottomani, ma poi hanno occupato i loro territori, dividendo il mondo arabo secondo l’accordo Sykes-Picot che impose l’attuale geografia politica degli stati arabi. Infatti, alla fine della prima guerra mondiale, il 2 novembre 1917, il ministro degli esteri britannico, Arthur James Balfour, amico del leader del movimento sionista ebreo in Inghilterra Lord Rothschild, promise agli ebrei di creare lo stato di Israele sulla cosiddetta terra promessa in Palestina. Al termine della seconda guerra mondiale, durante la quale gli ebrei furono cacciati dall’Europa, gli inglesi favorirono l’emigrazione ebraica in Palestina e, prima di lasciare la Palestina e il Medio Oriente, diedero l’ultimo aiuto agli ebrei: nel 1948, le Nazioni Unite crearono lo stato di Israele in Palestina. Ma, anche se la risoluzione dell’Onu parlava della creazione di due stati, quello di Israele e quello palestinese, il secondo fino a oggi non è ancora nato.

Da allora, il mondo fu diviso tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Gli arabi erano sostenuti dalla seconda e gli israeliani dai primi. Nel ‘67, tramite la guerra dei Sei Giorni, Israele riuscì a occupare la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, territorio della Giordania, il Sinai, territorio egiziano, e le alture del Golan, territori siriani. Questi confini sono rimasti tali. A causa di ciò nacque l’idea, per la sicurezza di Israele, di immobilizzare gli eserciti dell’Egitto e della Giordania e di distruggere quelli dell’Iraq, della Siria e del Libano. Con i cosiddetti accordi di pace, è stata trovata un’intesa con l’Egitto e la Giordania; con la guerra e l’occupazione dell’Iraq da parte degli americani e degli alleati, è stato eliminato l’esercito iracheno. Quindi sono rimasti gli eserciti della Siria e del Libano, come fronte di opposizione all’occupazione israeliana dei territori siriani e libanesi, perché i due governi non sono riusciti a portare avanti il processo di pace. Anzi, nel 1982, c’è stata l’occupazione israeliana del sud del Libano, che ha fatto nascere il movimento degli Hezbollah, per la liberazione dei territori occupati. Attraverso una lunga guerra indiretta di milizie e di resistenza, questi scontri hanno portato nel 2000 alla ritirata di Israele dal sud del Libano. Anche nella guerra del 2006 tra Israele e Hezbollah (Libano), la linea di alleanza tra Siria, Libano, Hezbollah e Iran è servita a resistere e respingere di nuovo le truppe di Israele. A questo punto, dal 2006, sono cominciate le pressioni da tutto il mondo occidentale perché il presidente al-Assad rompa l’alleanza con gli Hezbollah e con l’Iran. Ma la Siria non può rompere questa alleanza – avendo ancora oggi territori occupati da Israele –, senza mettere in grave pericolo la sua indipendenza e sovranità e senza rischiare la propria dissoluzione, che evidentemente Israele e alcuni paesi occidentali si augurano. Purtroppo, le democrazie occidentali, che si contrappongono all’idea di uno stato come l’Iran, dominato da una religione, fanno eccezione solo per lo stato ebraico, che fino a questo momento non ha i confini definiti presso l’ONU e che non ammette la presenza di altre religioni nel suo territorio, per cui mira a espellere tutti gli arabi che vivono ancora in Israele. La primavera araba è cominciata in Tunisia, dove il presidente era filoccidentale. Purtroppo, le rivolte hanno consentito che subentrassero al potere i partiti dei Fratelli Musulmani, proibiti da tutti i governi del mondo arabo, che sono il vero pericolo sia del mondo arabo sia di quello occidentale. Oggi l’occidente sbaglia ad appoggiare i cosiddetti “rivoluzionari”, sono tutti strumentalizzati dai Fratelli Musulmani che stanno prendendo il potere: in Tunisia, in Libia, in Egitto, in Yemen. E in Siria? Mi auguro di no. Nel mio paese, coloro che stanno facendo più confusione, agendo in modo violento e incivile, ma anche guadagnando più consensi, sono proprio i Fratelli Musulmani, perché pescano nelle acque torbide dell’analfabetismo, della povertà e dell’ignoranza diffusi in particolare nei villaggi e nelle periferie delle città. Oggi l’esercito e il governo siriano stanno cercando di gestire una situazione difficilissima. La Siria è sottomessa a un complotto internazionale. C’è uno scontro armato tra ribelli armati organizzati, appoggiati dai paesi arabi del Golfo filoccidentali, e l’esercito regolare. Quando questi due gruppi si scontrano, sfortunatamente rimangono colpiti anche innocenti cittadini civili. Quando un gruppo di ribelli armati circonda e occupa un quartiere o un piccolo villaggio e impone le sue regole, l’esercito non può non intervenire, ma per la paura di colpire erroneamente i civili circonda le città e limita il rischio. Tutti i conflitti sono avvenuti in zone di confine con la Giordania, con il Libano e con la Turchia, perché proprio da questi confini si fomentano gli animi e arrivano armi, munizioni e uomini per le rivolte e i conflitti interni. 

Non appartengo a nessun partito, sono un testimone oculare di quanto sta succedendo in Siria e non trovo conferme di ciò che trasmette la televisione e scrivono i giornali italiani. La Siria era sulla buona strada, stava facendo piccole riforme in direzione della civiltà, dello sviluppo economico industriale e dello scambio internazionale. Dopo l’inizio della rivoluzione, il governo ha promesso un cambiamento radicale nel sitema politico e ha chiesto tempo per i cambiamenti necessari, il presidente stesso ha ammesso che le richieste dei manifestanti sono giuste, ha tolto la legge marziale, ha cambiato la costituzione, ha ammesso la creazione di nuovi partiti. Sono concluse da poco le elezioni per una nuova legislatura parlamentare in Siria, ma è molto duro lavorare in questi ambienti, e il governo è in difficoltà di fronte alla strumentalizzazione del malcontento della gente a opera dell’occidente e dell’opposizione, perché non possiamo dimenticare che c’e una grande parte del popolo all’interno del paese che sostiene il governo.

Io chiedo al governo italiano di non voltare le spalle alla Siria, storico alleato economico e sociale. L’Italia è considerata il primo paese europeo per gli scambi commerciali con la Siria, per questo chiedo al governo italiano di essere un intermediario per la pace, per il dialogo tra le parti e di non essere di parte né di appoggiare una parte a scapito dell’altra, di non versare benzina sul fuoco, ma di portare la pace in Siria, per il bene di tutti i paesi del Mediterraneo. 

**L'articolo di Suleiman Mahmalat è tratto dall'intervento al dibattito Siria, dove vai?, che si è tenuto nella Libreria Il secondo rinascimento di Bologna, il 7 maggio 2012.