LA BIOCOSMESI: COS’È E COME SI CERTIFICA

Qualifiche dell'autore: 
presidente ICEA (Istituto per la certificazione etica e ambientale)

Icea è il principale organismo italiano di controllo del biologico. La sua attività di certificazione si estende a molti settori, oltre quello alimentare.

Dalla cosmesi al tessile, dai materiali per la bioedilizia ai servizi turistici, Icea fornisce alle aziende la garanzia che i loro prodotti o servizi rispondano ai requisiti più avanzati di sostenibilità per l’ambiente, la persona e il sociale. Nata con questo obiettivo, nel 2000, dalla crisi organizzativa e gestionale del sistema di controllo AIAB, Icea è frutto di un’operazione di rilancio molto complessa, che annovera nella sua compagine societaria enti provenienti da ambiti differenti: ACU (Associazione dei consumatori), ANAB (Associazione di bioarchitettura), Banca popolare etica e Fair Trade Italia (commercio equosolidale), oltre a una serie di società tecniche per i controlli a livello regionale.

La dimensione internazionale (diciassette sedi italiane, dieci filiali all’estero e personale ispettivo operante in varie aree del pianeta) consente il riconoscimento delle sue certificazioni nei paesi importatori del biologico italiano.

La cosmesi biologica è un settore apparentemente ancora in via di definizione. A che punto è la normativa e come un cosmetico biologico risponde agli indispensabili requisiti di qualità?

In termini generali, la certificazione del biologico fa riferimento alla normativa europea, soprattutto per l’agricoltura e l’ecolabel, e ai protocolli stabiliti da enti privati, come Icea, poi resi pubblici.

I protocolli Icea si definiscono nel confronto con la base produttiva e nel riferimento all’obiettivo della sostenibilità e ai risultati tecnologici e scientifici più recenti.

Un altro modo di procedere, ed è il caso della biocosmesi, è quello di confrontare le nostre norme con quelle vigenti in altri paesi europei e farne una sintesi. Per la cosmesi, il confronto tra Icea e i principali certificatori europei (Bdih, in Germania, Ecocert, in Francia, e Soil Association, in Inghilterra) ha portato alla definizione dello standard comune Cosmos. Occorre distinguere fra “cosmesi naturale”, a base di materie prime di origine esclusivamente naturale, e “cosmesi biologica”, le cui materie prime di origine naturale sono ottenute con metodo biologico certificato. Questo però non è sufficiente, perché nella preparazione di un cosmetico o di un detergente la materia prima subisce un processo di trasformazione chimica con cui perde un po’ la sua “naturalità”. Un esempio è dato dal sapone di Marsiglia, risultato della reazione chimica tra un grasso, che può essere di origine biologica, e la soda, sostanza chimica molto aggressiva. Una crema di origine naturale può facilmente fermentare, quindi alterarsi, e l’aggiunta di conservanti, di antibatterici e di altre sostanze disinfettanti comporta il rischio di un’ulteriore alterazione, perché questi additivi non sono sempre salutari. Ecco perché noi parliamo di bioecocosmesi. Per stabilire il suo standard abbiamo esaminato le decine di migliaia di ingredienti chimici solitamente utilizzati, sottoponendoli a un vaglio estremamente selettivo. Ne abbiamo eliminati moltissimi, pur riscontrando la loro utilità nella produzione di un buon cosmetico o detergente. Pensiamo a un detersivo per lavare i pavimenti: per essere efficace, deve pulire; se non pulisce, anche se è di origine naturale, non serve a niente.

Hanno superato il vaglio solo quei pochissimi ingredienti innocui per la pelle e per l’ambiente, che rispondono al requisito etico di non essere stati testati su animali vivi. Il loro utilizzo nella cosmesi bioecologica, in aggiunta alle materie prime di origine naturale, migliora l’efficacia del prodotto.

In relazione all’efficacia, è importante considerare la dose. Ad esempio, i nostri test per i detergenti puntano a stabilire la loro giusta dose di utilizzo. Un prodotto ultraecologico, usato in dosi abbondanti, finisce per avere un impatto ambientale negativo. Viceversa, un prodotto estremamente aggressivo dal punto di vista ambientale, se viene diluito nell’acqua in quantità minima, non crea problemi.

Nel sito www.icea.it si può effettuare l’Icea Cosmetics Check, un test di ammissibilità degli ingredienti di qualsiasi detergente o cosmetico (comprese le creme più sofisticate). Basta inserire il nome dell’ingrediente (per esempio, sodium laureth sulfate), stabilito dalla codifica INCI internazionalmente riconosciuta, per sapere se risponde al nostro standard. Da qui, il valore del prodotto certificato come biocosmesi: è sicuro che tutti i suoi ingredienti risulteranno ammessi. Il test è accessibile a chiunque desideri verificare se un prodotto venduto come naturale è veramente biologico. Purtroppo, c’è una grande confusione in materia, così insieme all’ACU stiamo aprendo un sito, www.biofurbi.it, per denunciare i prodotti pubblicizzati come naturali, che però non hanno nulla di biologico.

Anche negli altri settori manteniamo molteplici aspetti di riferimento. A volte, le certificazioni ecologiche per il turismo riguardano solo l’utilizzo dei diffusori per evitare lo spreco dell’acqua, ma non è l’unico aspetto da considerare per l’impatto ambientale. Anche la cura della persona è importante e l’assenza di residui di veleni conta per l’alimentazione come per il tessile. Non è sufficiente che il cotone sia biologico se, prima di diventare una t-shirt, viene lavato, trattato chimicamente e colorato con sostanze altamente aggressive per l’ambiente e per le persone che lo lavorano: quando arriva sulla nostra pelle è già alterato. Per questo abbiamo selezionato i materiali utilizzabili durante la lavorazione in modo che il capo finito risponda ai requisiti di compatibilità.