LE NUOVE RESINE IPN PER I RINFORZI IN FIBRE DI CARBONIO

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Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari”, Università di Modena e Reggio Emilia

Questo intervento descrive le caratteristiche di nuove resine IPN (Interpenetrated Network), che il nostro Dipartimento d’Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha iniziato a sperimentare in collaborazione con Ardea Progetti e Sistemi Srl per l’applicazione in edilizia delle tecnologie dei materiali compositi. L’esigenza nasce dal fatto che le resine epossidiche finora impiegate, per quanto estremamente prestanti, hanno scarsa resistenza al fuoco, sono impermeabili all’aria e all’umidità, con possibili problemi se applicate su murature, in particolare con riferimento a interventi su edifici storici dove la compatibilità tra materiali troppo diversi fra loro può essere facilmente criticabile. 

Le resine IPN sono sistemi di componenti interpenetrati, costituiti da due o più fasi polimeriche organiche e una fase inorganica cristallina attiva, in cui i componenti s’intrecciano fino a creare un unico materiale. La loro morfologia è stata caratterizzata mediante microscopia elettronica a scansione, che permette di vedere la struttura dei materiali e capire quali sono le prestazioni che possono offrire nel prodotto finito (costituito dalla matrice e dal rinforzo fibroso). 

Abbiamo constatato che queste resine sono fortemente porose, e questo garantisce una grande traspirabilità, diversamente dalle resine epossidiche che sono estremamente compatte. Andando più nel dettaglio, vediamo che il sistema è caratterizzato dalla formazione di cristalli di dimensioni micrometriche, con un rapporto di forma particolarmente importante ai fini strutturali, perfettamente interconnessi, saldati l’uno con l’altro e annegati nella matrice, la resina polimerica IPN, che li circonda e li tiene uniti fra loro. Essendo sistemi all’acqua, sono estremamente semplici da utilizzare, non danno problemi di smaltimento e non richiedono solventi per la pulizia degli attrezzi, come le resine epossidiche o altri materiali polimerici.

Osservando un termogramma delle resine IPN, notiamo la loro eccezionale resistenza termica, che è stabile quasi fino a 180 gradi: superata tale temperatura, il materiale incomincia a perdere peso, con cessione di acqua di cristallizzazione attraverso un processo endotermico, quindi con assorbimento di energia, conferendo al materiale una grande resistenza al fuoco. 

Lo stesso test, effettuato a distanza di due anni su una resina invecchiata e sottoposta a invecchiamento (weathering: cicli di gelo, disgelo, pioggia, umido, secco, sole, intemperie), ha dimostrato che le caratteristiche rimangono perfettamente inalterate. E questo non è secondario per un materiale da cui ci si aspettano diversi anni di esercizio. 

Un altro aspetto particolarmente importante che abbiamo indagato è l’adesione tra la matrice e la fibra che si utilizza per il rinforzo: nei materiali compositi, le fibre che si utilizzano per il rinforzo svolgono bene il loro lavoro soltanto se si riesce a trasferire loro completamente il carico per il quale sono state impiegate, ma questo si verifica soltanto se sussiste una connessione molto forte e salda fra le fibre e la matrice che deve inoltre aderire bene alla muratura, al cemento armato o alla struttura lignea da rinforzare. 

In un campione rotto appositamente per essere analizzato al microscopio elettronico, si vede che la resina riesce a penetrare bene all’interno del filo formato da migliaia di singoli filamenti molto sottili (7-8 micron di diametro), consentendo a ciascun filamento di contribuire a sostenere i carichi. Non solo, ma la matrice risulta molto bene adesa alla fibra, tant’è che, anche nel cuore del campione visibile in seguito alla rottura, la fibra risulta ancora sporca della matrice utilizzata. 

In una prova di applicazione di un laminato su una trave di cemento armato, sottoposta a flessione in quattro punti, fino a completa frattura e delaminazione, abbiamo constatato che il laminato si è staccato dalla trave strappando il calcestruzzo, per rottura a taglio del calcestruzzo, indice di un altissimo grado di adesione.

Nelle prove a cicli umido-secco, con metodi d’invecchiamento accelerato, abbiamo visto che, a distanza di tre settimane, modificando ogni dodici ore le condizioni di esposizione (40 gradi con 100 per cento di umidità relativa o 60 gradi con 10 per cento di umidità relativa), i compositi ottenuti con le resine IPN hanno dimostrato una grande stabilità da un punto di vista sia estetico (erano assenti macchie o variazione del colore), sia strutturale (non erano presenti sbriciolamenti, fessurazioni o distacchi dal supporto). 

Infine, in prove di trazione per verificare l’adesione di tessuti in fibra di carbonio o di vetro in malte cementizie, abbiamo visto che l’utilizzo della resina IPN porta a un notevole aumento del carico di rottura delle fibre rispetto a fibre non trattate con queste resine; per di più, il materiale composito in questo caso non cede tutto in un colpo, ma permette tramite segnali visivi e sonori di programmare l’intervento necessario.

**Il testo di Elena Fabbri è tratto dal suo intervento al convegno La forza della leggerezza (Mirandola, 18 settembre 2012, organizzato da Ardea Progetti e Sistemi, Bologna)