CRESCITA E QUALITÀ DELLA VITA

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presidente del Gruppo Termal, Bologna

Da sempre attento alle politiche sull’energia, fin dagli anni ottanta il Gruppo Termal ha avviato la propria ricerca verso un’economia sostenibile a favore dell’ambiente e della salute del cittadino…

Lo slogan “Prevenire è meglio che curare” è una grande verità, soprattutto quando si parla di energie alternative. L’energia che oggi utilizziamo è principalmente connessa al ciclo del carbonio, quindi ha un peso rilevante nella gestione delle risorse e nell’inquinamento ambientale. La green economy, il cui modello di sviluppo prevede l’utilizzo di energie rinnovabili, rappresenta una modalità d’intervento efficace in questa direzione, poiché contribuisce alla difesa dell’ambiente e alla domanda di salute, migliorando la qualità della vita. Il “Pacchetto clima-energia 20-20-20”, varato dall’UE e valido dal 2013 al 2020, ha stabilito un programma per ridurre del 20 per cento le emissioni di anidride carbonica, raggiungere il 20 per cento di risparmio energetico e ottenere il 20 per cento di produzione di energia da fonti rinnovabili. Ciascun paese in Europa fino al 2020 ha un target da raggiungere suddiviso nei tre macrosettori di utilizzo dell’energia: produzione di energia elettrica, consumi di energia per la climatizzazione invernale/estiva degli edifici, impiego di energia per i trasporti. I risultati raggiunti dall’Italia in questo contesto sono sorprendenti: l’obiettivo posto dall’Europa al nostro paese di ottenere il 26,4 per cento dei consumi di energia elettrica da fonti rinnovabili entro il 2020 è stato già raggiunto e superato alla fine del 2012 con una quota di rinnovabili sui consumi totali del 28 per cento, con la previsione di superare il 30 per cento nel 2013. È un risultato che va oltre ogni aspettativa, considerando che nel 2009 l’Italia aveva solo il 18,8 per cento nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in rapporto ai consumi. Un vero miracolo realizzato dalla piccola e media impresa, che è intervenuta con decisione nel fotovoltaico, nell’eolico, nelle biomasse, utilizzando gli incentivi statali ma impiegando anche centomila persone in un momento di grave recessione. È uno dei rari casi in Italia in cui una sovvenzione pubblica ha prodotto risultati, anziché sprechi e clientelismo, con un’applicazione rispettosa delle logiche di mercato. Per valutare l’entità di questo esito basti dire che la produzione totale di energia dal sole e dal vento nel 2012 ammonta a 31 mila GWh, pari circa alla produzione annuale delle quattro centrali termonucleari da mille MW previste dal piano energetico nazionale prima del referendum abrogativo del 2011. Questo 30 per cento di corrente elettrica non prodotta nel ciclo del carbonio, ma con energia rinnovabile, incide favorevolmente sull’ambiente e sulla salute riducendo inquinamento e malattie polmonari.

La rivoluzione verde nella produzione elettrica si sta indirizzando anche su altri settori per divenire una rivoluzione globale. Il settore dei trasporti, per esempio, sta entrando nell’era del plugin: il 2013 segnerà l’ingresso di nuovi sistemi ibridi ricaricabili alla presa del proprio garage, che risolveranno la problematica delle colonnine stradali e dell’autonomia (l’elettrico non sostituisce integralmente ma si abbina al combustibile tradizionale). Considerando di sette, otto anni la vita media delle auto, si potrebbe ipotizzare una potenziale riduzione del 30-40 per cento dei consumi di derivati petroliferi del settore entro un decennio. Il percorso medio giornaliero di un’auto non supera i 50 chilometri, alla portata delle attuali batterie.

L’altro intervento è nel settore dell’edilizia, in particolare nella climatizzazione degli edifici. Dal 2020, le nuove direttive europee sulle case “Zero Energy Building” (ZEB) prevedono che ogni casa di nuova costruzione non dovrà avere necessità di apporto energetico esterno. Anche le aziende del Gruppo Termal partecipano ad alcune realizzazioni di case ZEB, in anticipo sull’agenda europea. La tecnologia è ormai matura e offre soluzioni fino a ieri inimmaginabili. A titolo di cronaca industriale, abbiamo recentemente introdotto una macchina in grado di estrarre energia dall’aria fredda a -25° C per renderla sotto forma di acqua calda a 90° C: si chiama “Q-ton” ed è un brevetto giapponese di Mitsubishi Heavy Industries del 2011. Assorbe meno di un quarto dell’energia che sarebbe stata necessaria con il ciclo del carbonio.

Nell’arco di questo decennio con la green economy sono state messe in campo iniziative che cambiano completamente lo scenario ambientale, oltre alla geopolitica mondiale.

L’impresa non deve favorire la decrescita, come vorrebbe l’economista Serge Latouche, ma comporta l’aumento. In che modo l’impresa evita la decrescita, per aumentare le risorse e il benessere ambientale e sociale?

L’impresa è uno strumento che favorisce l’innovazione. L’impresa crea e, nella creazione, c’è sempre l’addizione della novità, quindi la crescita. Ogni volta che inventa qualcosa, si pone il problema che sia migliore di quella che c’era prima. Questo processo è costitutivo dell’impresa perché l’efficienza e l’innovazione producono profitto. È falso il sillogismo produzione uguale inquinamento. Se opportunamente indirizzata, come dimostra il caso delle energie rinnovabili, l’impresa è in grado di dare un contributo rilevante anche alla salute. Chi teorizza la decrescita propone un arretramento dei livelli di vita inaccettabile e insano per la società. Se eliminassimo l’inquinamento semplicemente non utilizzando il petrolio, senza inventare tecnologie che lo sostituiscono, dovremmo ritornare all’approvvigionamento di legna come a metà del secolo scorso. Ma oggi la popolazione mondiale è doppia e nessuno si accontenta di riscaldare solo un ambiente per abitazione. In breve tempo avremmo una deforestazione del pianeta con un aumento di CO2 (non più assorbita dal mondo vegetale) ben maggiore rispetto al ciclo petrolifero attuale.

L’ ideologia che vede nella decrescita il modo per bloccare i presunti mali del mondo, fra cui anche l’impresa (che produce innovazione e crescita), ritiene che rallentare la curva dello sviluppo consenta di trovare il miglioramento delle condizioni di vita. Lo sviluppo diventa quindi un elemento negativo per la qualità della vita. L’operosità della gente che lavora nel contesto imprenditoriale è invece essenziale. Sospendere o ridurre questa operatività, in un’ottica di decremento della produzione, significa mettere sulla strada milioni di persone, creando tensioni sociali devastanti ed ingovernabili.

La decrescita crea un’altra problematica fondamentale per l’organizzazione della convivenza: la necesità che qualcuno stabilisca i criteri di suddivisione del minore prodotto disponibile, che stabilisca chi e quanto deve fruirne. Una logica come questa porterebbe all’autoritarismo. Favorire la crescita, invece, porta un incremento della produzione e della qualità e dunque un miglioramento generale che è una conquista di civiltà.