L’EBRAISMO, LA RUSSIA, L’UCRAINA

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docente di Letteratura russa all’Università di Bologna

Lo scrittore Anatolij Krym è stato per me una piacevole scoperta. Leggendolo, ho sentito subito note familiari, che mi hanno ricordato altri grandi autori nati in terra ucraina, come Bulgakov, Gogol’ e Babel.

Aneddoti e barzellette sono fra le principali forme di comunicazione sociale dei russi, in particolare degli ebrei russi. Krym racconta che quando era giovane, nel 1972, andò in vacanza con la moglie e il suo bambino in una cittadina della Crimea, ma non aveva prenotato. Arrivò a un albergo che si chiamava Krym, che vuol dire proprio Crimea, come il suo cognome, ma gli risposero che non c’era posto. Lui si arrabbiò ed esclamò: “Io sono Crimea e devo stare nell’albergo Crimea, è mio diritto!”. Così gli diedero la stanza e poté fare le sue vacanze. Questo episodio fa capire un po’ chi è quest’uomo, che è arrivato a dire: “Ho sempre cercato di raggiungere il mio scopo, e ritengo che non ci sia niente d’impossibile per l’uomo”. E in effetti Anatolij Krym è un uomo che è riuscito a ottenere molto nella sua vita e che ha cambiato anche molti mestieri. Quando era giovane suonava il violino ed era una promessa della musica classica. In seguito ha fatto il servizio militare, cosa che in Unione Sovietica non era uno scherzo. Negli anni novanta si è dedicato anche al business, perché la letteratura, in quel periodo, non offriva più risorse sufficienti per il sostentamento della famiglia. Così per una decina di anni ha pensato solo a “fare soldi” e, come afferma con orgoglio, la sua azienda ha creato almeno duecento posti di lavoro pagando tasse per più di un milione di grivne (la grivna è la moneta ucraina). Anatolij Krym è molto fiero di avere sempre saputo adattarsi alle circostanze traendo il meglio da quello che gli veniva offerto.

Ma da dove proviene quest’uomo? Da Vinnica, città dell’Ucraina occidentale tristemente nota per diversi motivi. Nell’epoca zarista era tra le zone in cui risiedevano obbligatoriamente gli ebrei che in quel periodo non potevano, se non in piccole quote, abitare nelle grandi città. In seguito, durante il periodo stalinista, vi furono uccisi con un colpo alla nuca almeno quindicimila cittadini ucraini di cui solo in tempi recenti sono state ritrovate le fosse comuni. Quando poi Vinnica fu occupata dalle truppe naziste, furono uccisi circa venticinquemila ebrei, sterminando quasi tutta la popolazione ebraica. I nonni di Krym morirono in un lager. Anche la madre, da bambina, fu rinchiusa in un lager nazista. Quindi le radici ebraiche di questo scrittore sono molto sofferte e la memoria della Shoah è anche sua memoria personale.

Anatolij Krym, nato nel 1946 nell’Ucraina occidentale, scrive in russo, si è formato ed è a lungo vissuto in Unione Sovietica, quando l’Ucraina era una delle quindici repubbliche “sorelle” che componevano l’URSS. In sé, dunque, questo scrittore unisce radici molto differenti: quella ebraica, quella ucraina e quella russa. Sono radici che si sono fortemente intersecate tra loro ed è molto difficile districarle e stabilire dove finisca l’una e dove incominci l’altra. Con la dissoluzione dell’URSS, Krym ha dunque vissuto una triplice frattura. Innanzitutto quella con il glorioso passato della grande potenza mondiale, un trauma condiviso con la maggior parte dei cittadini sovietici. Poi, come scrittore di lingua russa in Ucraina, ha vissuto anche il dilemma di essere in un paese che, soprattutto negli ultimi anni, si è rifugiato in una visione e in una politica linguistica nazionalistica, che ha portato nell’ultimo decennio a un’azione di “re-ucrainizzazione” in tutte le sfere pubbliche, stabilendo l’ucraino come unica lingua ufficiale. Il recente tentativo di reinserire il russo come seconda lingua ufficiale nel paese ha causato conflitti e disordini in alcune zone della repubblica. Krym si è quindi trovato in una condizione particolarmente anomala e difficile: è un ebreo che parla russo e scrive in russo in una cittadina dell’Ucraina occidentale, in una delle zone in cui maggiore è il senso di ostilità nei confronti della Russia e della lingua russa. Infine, Vinnica è anche una delle zone-crocevia della storia dell’Europa centro-orientale, in cui coesistono altre culture, come quelle polacca, lituana, turca, cosacca, tàtara, solo per citarne alcune. Questa situazione di mescolanza, di complessità e di contraddizione è condivisa da Krym non soltanto dunque per le sue radici ebraiche, ma anche perché proviene proprio da questa specifica zona dell’Europa, crocevia di tanta storia e di tanti conflitti.

Ma adesso veniamo alla produzione letteraria di Krym. Sono stata colpita, anche per il mio interesse per la letteratura femminile e di genere, dalla lettura della sua pièce teatrale, Nelegalka, ovvero La clandestina. Mi ha colpito proprio per la descrizione della donna ucraina che si trova in condizione di clandestinità in Italia, come altre venute per lavorare, ma che talvolta finiscono in brutti giri di prostituzione e schiavitù. Soprattutto l’Ucraina occidentale è stata devastata da questo fenomeno che ha visto le donne più giovani partire in massa, lasciando a casa gli uomini, i vecchi e i bambini spesso soli.

A proposito di bambini rimasti soli, va detto che Anatolij Krym si è molto impegnato per alleviare questa piaga sociale. In Ucraina ci sono oltre duecentomila bambini senza genitori, senza adulti che si occupino di loro, addirittura più di quanti non ce ne fossero subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Anatolij Krym ha perciò deciso di devolvere tutti i fondi che raccoglie dalla messa in scena della sua pièce Da dove vengono i bambini per creare strutture di sostegno all’educazione, oltre che raccogliere libri da distribuire alle biblioteche scolastiche.

La tragedia dell’Ucraina occidentale, che purtroppo va avanti da vent’anni, è questo continuo depredare il bene pubblico e abbandonare le persone al loro destino. E, dunque, soprattutto le donne sono partite, spesso rendendosi schiave per mantenere le proprie famiglie, ma anche quando ritornano, paradossalmente, si ritrovano in patria nella stessa condizione di marginalità e di sfruttamento. Dice Nina, la protagonista della Clandestina: “Io non esisto! Sono stata cancellata! Non sono nessuno! Sono la folla! Nessuno viene a chiederci come viviamo, ci tolgono i figli, il lavoro, la casa, si ricordano di noi ogni quattro anni per prendersi i nostri voti… Perché siamo clandestini. Viviamo in un’unica immensa discarica! Non possiamo fermarci, non possiamo fare a meno del nostro immondezzaio, per noi il fetore ha sostituito l’aria fresca. Che faremo se nel mondo ricompariranno la bontà, l’onestà, la correttezza? Moriremo! Perché non sapremo più cosa farcene”.

Di questo senso di dolore profondo si fa portavoce Nina, che in Italia vediamo contesa tra due amanti e poi, tornata in Ucraina, alla ricerca disperata della figlia che il destino le ha strappato. È una donna che lotta per mantenere un briciolo di dignità ma che è, comunque, capace d’ispirare e di provare amore, nonostante tutte le privazioni. Penso che Krym in questa pièce dimostri una sensibilità autentica e profonda per la problematica dell’emigrazione femminile e riesca a esprimere con questa dolorosa figura di donna il suo messaggio di sofferta e amara speranza in un futuro migliore anche per il suo paese, che non riesce a uscire dalle sabbie mobili in cui si è venuto a trovare dalla fine dell’URSS, frammentato com’è, sia linguisticamente sia culturalmente. È significativo a questo proposito che Anatolij Krym abbia ricevuto uno dei suoi ultimi premi da una giuria tutta femminile, quella dell’Associazione ADEI-WIZO.

Krym tuttavia non è un ingenuo ottimista e vive la situazione attuale dell’Ucraina con ironia e sarcasmo, come dimostra anche il suo ultimo libro, Tubà, Il tubo. Un oggetto dal duplice significato: da una parte è la satira spietata di un’élite politica incompetente e corrotta che porta tutto alla distruzione. Dall’altra, come in Gogol’, attraverso il riso e la satira spietata, nonostante tutto, s’intravvede la luce alla fine del tubo, del tunnel. E quest’ultimo suo libro, significativamente, si è guadagnato il giudizio molto positivo di Viktor Erofeev, un altro scrittore russo ferocemente critico della sua epoca, di cui Spirali ha pubblicato in Italia il libro Enciclopedia dell’anima russa.

 

 

**L'articolo di Gabriella Imposti è tratto dal dibattito dal titolo La scrittura della felicità, intorno ai libri di Anatolij Krym pubblicati da Spirali, che si è tenuto il 15 novembre 2012 a Bologna.