PRODUZIONE E NUOVE ESIGENZE AMBIENTALI

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presidente di CSAI Srl, Bologna

 

 Se nel 2008 l’Istat certificava l’aumento dell’investimento nella tutela dell’ambiente da parte delle aziende italiane, con una netta preferenza in "end-of-pipe" – le tecnologie che intervengono sul trattamento dell’inquinamento dopo che è stato prodotto –, solo qualche anno più tardi, nel 2010, registra invece una flessione del 7,2 per cento. In particolare, la spesa maggiore risulta quella delle industrie della fabbricazione di coke e prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio (circa il 20 per cento), delle industrie della fabbricazione dei prodotti chimici (12,09 per cento) e dalla metallurgia (10,09 per cento). Emerge quindi il dato che le industrie si impegnano a rimuovere l’inquinamento intervenendo alla conclusione del processo produttivo, anziché integrando i propri impianti con tecnologie cosiddette "pulite"...

Nella mia attività ultraventennale nei settori dell’ambiente, della sicurezza sul lavoro e della qualità aziendale, constato che l’impresa, la produzione e l’ambiente sono spesso intesi come contrapposti. L’attenzione all’ambiente, di cui oggi sentiamo dire in ogni ambito, sembra quasi un monito per la bonifica dagli effetti negativi del processo produttivo. Credo che sia un grande equivoco e un grave errore pensare che la produzione industriale sia a priori da considerare come il nuovo male della società. L’effetto è inevitabilmente poi quello di intendere l’impresa come sinonimo di degradazione dell’ambiente. Talvolta è vero che alcune industrie hanno praticato politiche industriali sorde alle nuove esigenze ambientali, anche se in questo sono state supportate da accomodanti politici locali. Più spesso, invece, e i dati Istat lo dimostrano, sono state tante le imprese che hanno investito e praticato politiche più salutari per l’ambiente senza rinunciare a una produzione sempre più avanzata. Questo è ancora più importante di quello che si possa pensare, considerato che fare innovazione richiede prim’ancora fare investimenti in ricerca. Queste attività sono le più tassate negli ultimi anni e molte imprese, per non chiudere, hanno dovuto praticare tagli ai costi essenziali, compresi quelli su ambiente e sicurezza. Non è quindi una questione di cattiva volontà da parte delle imprese il non avvalersi di tutte le risorse tecnologiche per non nuocere all’ambiente. Si tratta piuttosto di studiare le condizioni per politiche più attente alla produzione, quindi all’esercizio d’impresa.

A cosa si riferisce? Sembra che mai come ora la politica, o addirittura la magistratura, si interessino alla questione ambientale...

Mi riferisco, in particolare, ai non rari casi di aziende che, anche quando si attivano per predisporre diverse modalità di produzione più rispettose dell’ambiente, si trovano ostaggio di burocrazie e rigidità da parte delle istituzioni, che di fatto sviliscono le risorse, anche economiche, dell’impresa. Il problema non si affronta moltiplicando le normative, o intervenendo con sequestri di aziende, ma con un incremento della formazione e degli incentivi.

Inoltre, non sono secondari i casi di imprenditori che non conoscono le nuove opportunità offerte dalle moderne tecnologie per produrre senza inquinare e le normative più aggiornate in materia. Non è che l’impresa di per sé inquini e tanto meno sia indifferente verso una produzione più verde. Si tratta, più spesso, che deve operare con strumenti non sempre aggiornati alle nuove esigenze ambientali, vessata com’è da decine di adempimenti burocratici, che la costringono necessariamente a rinunciare a qualcosa.

Il nostro compito è quindi quello di fare cultura della sicurezza e dell’ambiente, in modo da non ridurre la produzione, ma di incentivarla secondo gli strumenti legislativi e amministrativi che si possono utilizzare, evitando anche il rischio di pesanti sanzioni che incidono poi in modo determinante sul proseguimento dell’impresa. E questo sarebbe un danno altrettanto grave per l’ambiente che è fatto anche di cultura, invenzione e produzione di nuove risorse per le città e i loro abitanti.

Mediando fra istituzioni pubbliche e imprese private, CSAI mira a consentire che l’impresa continui a produrre profitto per la città, senza l’ostacolo di burocrazie, che rischiano invece di svilire l’attività fino a spegnerla. Se l’impresa non produce, inevitabilmente deve chiudere. Per noi è importante avviare un processo per l’utilizzo degli strumenti anche legislativi utili alla formalizzazione della ricerca perché l’impresa giunga a un profitto scientifico e ambientale. L’ambiente, la sicurezza sul lavoro e la qualità aziendale, sono temi che un imprenditore deve considerare come strategici, non solo per obblighi normativi, ma anche perché rappresentano sempre di più il termine qualitativo della produzione.