I MATERIALI COMPOSITI: INNOVAZIONE EMILIANA DAI RISULTATI PROVATI

Qualifiche dell'autore: 
amministratore e direttore tecnico di Ardea Progetti e Sistemi Srl, Bologna

A proposito dell’orgoglio emiliano evocato in più momenti durante questo convegno (Restituire l’Emilia in qualità, 25 ottobre 2013, Villa Cavazza, Bomporto), vorremo ricordare che l’introduzione delle tecnologie dei materiali compositi in Italia parte proprio dall’Emilia nel 1993, grazie all’impegno di Ardea e alla collaborazione con l’Università di Bologna. Citiamo un episodio emblematico dello stesso periodo, a Bologna con alcuni giapponesi, che già possedevano un’esperienza di applicazione di compositi su strutture edili in calcestruzzo e che, cercando di vendere le loro tecnologie, ne magnificavano l’applicazione ai loro grattacieli in calcestruzzo. Mostrando loro le Due Torri, esclamammo: “Vedete, questi sono i nostri grattacieli”, per spiegare in modo un po’ colorito che i nostri problemi erano di natura molto più complessa. Da quel momento, ci siamo messi a lavorare all’applicazione dei nuovi materiali su edifici storici e in muratura, che caratterizzano ogni centro cittadino italiano.

Il settore dell’edilizia è, a oggi, l’unico campo d’azione di Ardea che, in partnership con FTS Spa, Torino, produce i rinforzi e i tessuti. La profonda conoscenza del materiale e delle tecnologie produttive ci permette di progettare il rinforzo in funzione delle applicazioni, curandone con particolare attenzione l’aspetto tecnico-progettuale e applicativo. Oltre alla vendita del prodotto, mettiamo a disposizione dei nostri clienti soluzioni di qualità e, in modo complementare, l’assistenza tecnica e progettuale necessarie alla loro corretta ed efficiente applicazione: questo è il plusvalore che ci caratterizza rispetto ad altre aziende del settore e implica una precisa conoscenza dei materiali, che è molto importante nella progettazione dell’intervento. Troppo spesso capita d’imbattersi in progetti in cui le indicazioni dei materiali compositi da utilizzare, riportate nei capitolati, non è accompagnata da un’adeguata descrizione delle loro caratteristiche e delle procedure di messa in opera, ponendo la stessa impresa applicatrice davanti al problema di come realizzare il lavoro senza compromettere la riuscita globale dell’intervento con azioni non corrette. 

Citerò ora alcune nostre realizzazioni, nella zona emiliana più colpita dal sisma del 2012, dove queste tecnologie si sono dimostrate comunque sempre efficaci e in taluni casi risolutive, proprio nell’arginare i danni provocati dalle scosse. 

Il primo esempio riguarda il campanile di Ganaceto, dove persisteva un grave problema strutturale sulla facciata a pietra-vista. L’intervento è stato eseguito con tiranti verticali in carbonio, applicati per tutta l’altezza del campanile, mettendo la struttura in precompressione: un’operazione ardita che tuttavia ha permesso di conservare in toto l’aspetto originario della costruzione. Ugualmente positiva negli esiti l’esperienza sul campanile di Lesignana, su cui eravamo intervenuti esternamente e internamente prima del sisma, a seguito del quale abbiamo potuto riscontrare una grande stabilità nella struttura, che ha superato la prova senza subire alcun danno. 

In ambedue i casi la progettazione dell’intervento era stata eseguita dall’ingegnere Augusto Gambuzzi, attuale Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Modena, che ancora desideriamo ringraziare per l’importante contributo dato.

Nel 2003, a San Pietro in Casale, siamo intervenuti in modo massivo su un capannone al limite dell’agibilità per ancorare i muri perimetrali di tamponamento alle strutture portanti. Il primo sopralluogo da noi eseguito dopo il terremoto è stato proprio in quella struttura, riscontrandone la perfetta integrità.

Fra gli interventi successivi al sisma, è significativo citare quello eseguito a pochi giorni dall’evento su un imponente palazzo, il cosiddetto grattacielo di Cento, che ospitava 54 famiglie, costrette a sfollare per inagibilità della struttura. Il nostro studio tecnico ha seguito tutta la fase progettuale e, in un solo mese di lavori, il grattacielo è stato reso nuovamente fruibile, in sicurezza, con rientro nella propria abitazione dalle famiglie residenti. Un grande risultato, sia per i cittadini sia per l’amministrazione comunale, che evidenzia il grande potenziale di queste tecnologie in situazioni così drammatiche. 

È evidente, da simili esempi, come le tecnologie dei materiali compositi offrano vantaggi concreti e misurabili, grazie ad alcuni loro attributi vincenti quali la grande leggerezza e la resistenza, abbinate alla capacità d’inserirsi nel contesto architettonico in modo assolutamente non invasivo. Quest’ultima caratteristica è anche frutto della ricerca più recente, volta alla riduzione totale dell’impatto visivo dei nostri sistemi, risultato che consideriamo raggiunto grazie all’utilizzo delle fibre di carbonio e di vetro direttamente all’interno delle malte. Questo risultato viene ottenuto attraverso una nuova resina a base acqua, “Betontex ® IPN”, frutto di alcuni anni di ricerca condotti anche in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio Emilia: una novità assoluta nel settore. Questa nuova tecnologia offre grandi vantaggi, dovuti all’elevata adesione fibra/matrice, che si estrinsecano a livello di efficienza meccanica, traspirabilità, ottima resistenza termica (150/160°) e al fuoco (non brucia). La sua base all’acqua permette inoltre l’utilizzo delle fibre con le matrici a base cementizia e a base calce. 

Un’altra bella dimostrazione di sintonia tra la nostra ricerca e le necessità reali del nostro patrimonio architettonico è il metodo di rinforzo che abbiamo studiato appositamente per le pareti faccia-vista, così frequenti nei centri storici del nostro paese. Attraverso un sistema di cavi in carbonio inseriti nei corsi di malta delle murature, resi adesivi con continuità sulla struttura mediante resine epossidiche e successivamente ricoperti da una stuccatura, si riesce a stabilizzare la struttura, senza modificarne in alcun modo l’aspetto. I cavi, poi, possono essere utilizzati come base per l’applicazione di ulteriori tipologie di rinforzo con malte a base calce, in aggiunta a carbonio o vetro. 

Per concludere, vorremmo dire ai rappresentanti delle istituzioni presenti a questo convegno, che siamo a disposizione per promuovere una formazione accurata dei loro tecnici e ingegneri, attraverso appositi corsi di aggiornamento sull’utilizzo competente e corretto di queste nuove tecnologie, così utili per il consolidamento delle strutture, il restauro degli edifici storici e la valorizzazione dell’immenso patrimonio architettonico delle nostre città.

*** L'articolo di Lino A. Credali e Gianluca Ussia è tratto dall'intervento al tavolo di lavoro Restituire l'Emilia in qualità, (Villa Cavazza, Bomporto, 25 ottobre 2013), organizzato da ANCE Modena, Ardea Progetti e Sistemi, Confcommercio Imprese per l’Italia Regione Emilia Romagna, “La città del secondo rinascimento”.