SIARE: QUARANT’ANNI DI INNOVAZIONE NELLE PATOLOGIE RESPIRATORIE

Qualifiche dell'autore: 
presidente di Siare Engineering International Group, Bologna

In quarant’anni di impegno costante nella ricerca per ottenere ciascuna volta la qualità assoluta nella sicurezza e nella tecnologia, il vostro Gruppo è attualmente presente in oltre cento paesi del mondo, nei più diversi settori, con la produzione di apparecchiature medicali utilizzate nell’anestesia, nella rianimazione e nella terapia intensiva. Tra l’altro, lei ha contribuito alla nascita di queste nuove discipline, di cui oggi è uno dei massimi esperti nel pianeta…

Nei primi anni sessanta vivevo a Milano e, per mantenermi agli studi, svolgevo svariati lavori, ma ero particolarmente attratto da quelli che avevano attinenza con il campo dell’elettricità. Ero tanto appassionato dell’elettronica – all’epoca la nuova frontiera –, che la sera non vedevo l’ora di terminare lo studio per dedicarmi alla riparazione degli apparecchi più disparati per alcuni negozi di elettrodomestici. Quando raggiunsi la maggiore età, decisi di lavorare all’estero, formandomi per alcuni anni all’interno di un’importante multinazionale. Rientrato a Milano, fui assunto come capotecnico in un’azienda che produceva i primi apparecchi per anestesia e che stava aprendo nuove filiali in Piemonte e in Emilia Romagna. Fu così che arrivai a Bologna, dove mi venne affidata la direzione commerciale della filiale, a cui si aggiunse presto quella delle Marche, dell’Abruzzo e di tutta la costa Adriatica fino alla Puglia. Era il 1967 e io attraversavo l’Italia in lungo e in largo con la mia automobile, per insegnare ai medici a utilizzare la macchina per l’anestesia e la rianimazione. Nelle riunioni che si tenevano periodicamente a Basilea, dove si confrontavano i dati delle filiali europee della multinazionale, l’Italia che rappresentavo eccelleva sempre nei fatturati rispetto agli altri paesi.

Quando ho incominciato a lavorare nel settore, la rianimazione era applicata appena in qualche policlinico. La figura del rianimatore è sorta solo nei primi anni settanta, mentre prima se ne occupava il chirurgo, così come dell’anestesia. Un giorno, dopo una visita all’ospedale di Mirandola, passai davanti alla Dasco, un’azienda all’avanguardia che operava nel biomedicale. Dopo qualche giorno un amico mi fece incontrare il fondatore, Mario Veronesi, il quale mi propose subito di seguire una loro nuova linea di prodotto per anestesia e rianimazione. Allora aprii un distaccamento a Bologna e organizzai la rete vendita. In poco tempo quell’azienda maturò un fatturato strabiliante, con innegabile soddisfazione di Veronesi.

Nel febbraio 1974, il ramo d’azienda in cui lavoravo chiuse la sede principale americana, così colsi l’occasione per mettermi in proprio. In questo passaggio raccolsi la stima e il sostegno degli allora titolari italiani che furono generosi nella liquidazione e mi consentirono l’acquisto di alcuni macchinari, con cui avviai la nuova avventura. Nasceva così la Siare, Società Italiana di Anestesia e Rianimazione Emiliana, di cui ero l’unico dipendente: facevo tutto da solo, dalla contabilità fino a scaricare la merce dai camion. L’azienda registrò un aumento di fatturato costante e ben presto divenni il più importante produttore dell’Emilia Romagna. Ho lavorato diversi anni con questi ritmi, sempre da solo, qualche volta avvalendomi dell’aiuto di un ragazzo come fattorino. Occupandomi anche dell’aspetto commerciale, avevo incontrato diversi interlocutori che divennero miei amici e che spesso mi chiedevano di produrre per loro alcune macchine. Così, nel 1979, incominciai a inventare e produrre alcuni prototipi, di cui detengo il brevetto. All’epoca, le macchine più avanzate in Italia erano quelle dismesse dagli Stati Uniti. Per questo decisi di  avviare la produzione nel nostro paese. Negli anni sessanta e settanta, il primato spettava agli inglesi, ma non avendo saputo rinnovarsi, gli Sati Uniti avevano guadagnato un ruolo di primo piano. Negli anni ottanta, però, l’Europa ha incominciato a mettere sul mercato produzioni molto avanzate e adesso è leader in tutti i settori del biomedicale. Attualmente, le aziende tedesche sono i più importanti produttori mondiali del biomedicale, soprattutto grazie alla loro specializzazione nella meccanica e nell’elettronica. Le prime macchine che incominciai a produrre furono subito molto richieste. Ero riuscito a realizzare macchine che non avessero problemi: l’esperienza in sala operatoria mi aveva insegnato che il malfunzionamento di una macchina durante un intervento comportava complicazioni serie, perciò chi acquistava dispositivi inventati e prodotti da Siare doveva essere sicuro che fossero assolutamente affidabili. Avevano perfino soprannominato le mie macchine “le Cadillac”, alludendo alla solidità delle prestigiose automobili della General Motors dell’epoca.

In Italia, i nostri macchinari erano i più richiesti, ma ad un certo punto mi domandai che cosa mi sarebbe rimasto in tasca: avevo molti crediti e pochi soldi, poiché gli ospedali solitamente non pagavano e, quando lo facevano, corrispondevano ordini per importi maggiori rispetto a quelli appena pagati. Questa situazione mi convinse a investire all’estero per dare modo all’azienda di crescere e di avere fortuna anche in tanti altri settori, fra cui quello edilizio e immobiliare.

Il vostro Gruppo è forse l’unico nel medicale ad avere una dimensione familiare, malgrado la concorrenza di diverse multinazionali. Quali sono i vantaggi?

A parte per i criteri di produzione che seguiamo nella costruzione certificata ISO 9000 delle nostre macchine, come qualsiasi grande azienda, la dimensione non è rilevante in sé. Anche l’azienda di tipo tradizionale deve confrontarsi con il mercato internazionale, i costi oggi sono talmente elevati che occorre avere un ottimo prodotto e mantenere costante l’investimento in ricerca e sviluppo.

A differenza del resto d’Europa (in particolare in Francia, Germania e Belgio), dove sono presenti grandi aziende, in Italia c’è un tessuto costituito da una miriade di piccole imprese. Purtroppo, dobbiamo constatare che molte delle aziende che hanno chiuso recentemente non erano più in grado di proseguire non tanto perché erano piccole, ma perché non hanno compiuto il salto di qualità che occorreva. Le eccellenze che hanno consentito al paese una tenuta nel momento più difficile sono soltanto quelle che si sono date una buona organizzazione, questo ha fatto la differenza. Noi, per esempio, progettiamo e assembliamo a Bologna e in Emilia Romagna i diversi componenti dei macchinari, grazie alla presenza di un indotto manifatturiero molto avanzato. Siamo convinti che occorra investire il massimo delle risorse finanziarie in ricerca e sviluppo. Scommettere su ricerca e sviluppo significa avere prodotti all’avanguardia, che orientano il mercato. Se l’azienda non investe, il mercato la abbandona subito, non calano solo le vendite, ma il mercato rifiuta quel prodotto. Noi siamo talmente avanzati nella ricerca tecnologica che abbiamo già prodotto eccellenti macchinari che metteremo in commercio nei prossimi anni. Dal momento della progettazione a quello della produzione di una nuova macchina occorrono quattro anni. Una volta, una macchina veniva sostituita dopo dieci anni e nel frattempo si preparava il nuovo prodotto. Adesso, dopo tre anni di operatività, è già obsoleta, anche perché le case produttrici sono in competizione costante nell’innovazione di prodotto.

Dunque, investire in ricerca e sviluppo è imprescindibile. Noi siamo rinomati nel settore proprio per questa attitudine: abbiamo in produzione ben ventisette tipologie di apparecchiature, mentre qualsiasi azienda in genere si limita a due. La differenza tra noi e una ditta concorrente è che può competere per un prodotto innovativo, mentre noi ne mettiamo in gioco altri ventisei. Questa grande diversificazione della gamma consente una maggiore distribuzione del rischio – puntando su prodotti differenti a seconda del paese e del momento –, oltre che la possibilità di avere un’idea globale del mercato.

I suoi figli lavorano in azienda con lei…

I miei figli sono nati nell’azienda, anche le loro vacanze scolastiche le trascorrevano in azienda e in casa sentivano parlare della vita dell’azienda in ogni sua sfaccettatura, per cui forse non era facile cambiare argomento di conversazione. Oggi, ciascuno di loro è responsabile di un ambito differente. Io sono appassionato talmente tanto al mio lavoro che in questi quarant’anni di attività mi ha dato la possibilità di approfondire la ricerca in diversi settori, come la chirurgia non invasiva, che ho letteralmente visto nascere.

Quanto è importante la macchina per la rianimazione?

La rianimazione interviene sulla linea di confine tra la vita e la morte. Nella macchina per la rianimazione intensiva, in particolare, utilizzata nei casi più gravi, la qualità è essenziale. Oltre che nei macchinari per la sala operatoria, siamo all’avanguardia anche nella produzione delle diverse apparecchiature per uso domiciliare, come le macchine per la terapia intensiva per i malati gravi che non sono trattenuti in ospedale e i ventilatori per insufficienza respiratoria, che sostituiscono i polmoni e consentono alle persone di vivere per diversi anni, utilizzando un semplice apparecchio posizionato sul comodino. Inoltre, produciamo le macchine utilizzate nel soccorso dei feriti sulla strada. Laddove la mano del medico non arriva, interveniamo con il cervello artificiale dei nostri dispositivi medicali, che tutto il mondo acquista da noi. E questo è anche il nostro modo di dare un contributo intellettuale all’impresa del terzo millennio.