PER UNA NUOVA POLITICA INDUSTRIALE DEI RIFIUTI

Qualifiche dell'autore: 
amministratore delegato di Alfarec S.p.A., Bologna

La vostra esperienza ultratrentennale nei servizi ambientali vi consente di fornire un panorama preciso di quello che sta accadendo nel settore, anche attraverso un’indagine comparata con altri paesi europei. In che modo, a seguito della nuova normativa in materia, avete rilanciato e qualificato la vostra pratica?
Alfarec è l’interlocutore principale delle aziende per i servizi di raccolta, trasporto, stoccaggio, recupero, smaltimento e analisi di rifiuti industriali, bonifiche e ripristini ambientali. Spesso il volume maggiore dei rifiuti prodotti è costituito prevalentemente da una sola tipologia, che normalmente attira l’interesse degli impianti finali di trattamento. Poi però c’è una serie di altri rifiuti, cosiddetti secondari, che possono derivare anche da attività non caratteristiche dell’azienda e costituiscono una parte non trascurabile del totale prodotto, ma non è gestita o viene smaltita a costi tali da impegnare economicamente molto più dei rifiuti tipici del suo core business.
Sono tante le aziende che si rivolgono a noi per lo smaltimento della gran parte dei rifiuti principali perché offriamo un servizio completo, volto a curare anche gli aspetti non prettamente legati ai rifiuti, come quelli relativi alle emissioni dell’azienda, ad esempio gli scarichi idrici. Inoltre, provvediamo anche alle attività di dismissione, demolizione e rimozione di Eternit, di asportazione di serbatoi interrati e bonifiche di aree industriali e civili.
Abbiamo sempre scelto di servire al meglio i nostri clienti, salvaguardare i collaboratori e garantire i fornitori. Anche per questo abbiamo investito molto nella formazione dei nostri dipendenti e nell’informazione tecnica dei nostri clienti, facendo una serie di corsi gratuiti in cui spieghiamo come deve essere applicata la normativa SISTRI, del Sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti, che ha implicazioni di carattere penale per chi non vi si attiene. Abbiamo anche distribuito un manuale operativo a chi deve adottarla così com’è stata sottoscritta dal Ministero dell’Ambiente, a differenza di altri, che invece la interpretano con la depenalizzazione di errori e imprecisioni che possono accadere nell’esecuzione delle procedure, derogando in toto alla norma.
La nostra politica è stata anche quella di impegnarci con contratti importanti con impianti di smaltimento esteri fra i più qualificati, in particolare di Germania e Francia. In Italia, questi impianti non ci sono perché il Nimby – acronimo di “Not In My Back Yard”, che indica l’atteggiamento di protesta di chi contesta la costruzione di opere pubbliche nel timore possano avere effetti negativi sul territorio – ne ha impedito lo sviluppo. In Germania ci sono sempre stati perché la politica industriale dei rifiuti ha consentito di razionalizzare la loro gestione. Si tratta di impianti che producono vapore, energia elettrica a costi molto ridotti e scaldano intere città, tanto che, quando è stato rilevato il loro alto numero, piuttosto che chiuderli li hanno aperti al mercato estero. Inoltre, le aziende italiane che li utilizzano risparmiano perché il costo di trasporto è assorbito da una maggiore efficienza delle piattaforme di trattamento estere. La politica degli impianti italiani ha condizionato la loro esistenza al vincolo della produttività, nella convinzione che quanto più erano piccoli, tanto più implicavano un ridotto impatto ambientale. Tuttavia, è vero il contrario, quanto più gli inceneritori sono piccoli tanto più hanno proporzionalmente un impatto maggiore. In altre parole, la validità o meno di un impianto è data dalla sua efficienza. La Germania ha impianti enormi e efficienti, per questo può investire in sistemi molto sofisticati di abbattimento dei fumi e di controllo delle ceneri al punto da essere concorrenziale nella produzione di energia, una nazione peraltro dotata di centrali nucleari, e quindi in un mercato che ha tariffe notevolmente ridotte. La politica del rifiuto in Germania e in Francia è molto più avanzata della nostra.
Cosa si potrebbe fare in Italia per migliorare la situazione?
Il paese è pronto, sia a livello industriale sia da parte delle istituzioni ad impiantare nuove realtà per lo smaltimento, ma in Italia ci sono i vincoli posti da comitati ambientalisti e da una volontà popolare che viene facilmente manipolata da ideologie neonaturalistiche che nei fatti poco giovano all’ambiente. In Italia, anche quando c’è la volontà di modernizzare un impianto, si frappongono tali e tanti vincoli burocratici, e non solo, che ne impediscono l’aumento delle potenzialità. In questo modo continua l’attività delle discariche.
Quali vantaggi si possono ottenere da un’attenta gestione dei propri rifiuti?
I vantaggi sono di ordine economico innanzitutto e poi legale. Nelle pratiche di smaltimento dei rifiuti ci sono fasi che contribuiscono a ridurre i costi di gestione, sia nel momento del trattamento finale, sia nell’organizzazione interna all’azienda produttrice. I rifiuti sono un argomento estremamente delicato, per questo abbiamo cura di garantire assoluta privacy e segretezza di tutti i dati che ci vengono comunicati. Sulla base di questi e delle analisi effettuate nel laboratorio interno all’azienda, siamo in grado di fare proposte tecniche ed economiche rispetto ai criteri di smaltimento senza alcun vincolo. In particolare, noi non chiediamo mandati preventivi per fare analisi, che comporterebbero ulteriori costi per l’azienda cliente. Inoltre, abbiamo operato precise scelte come quella di non lavorare con determinati paesi che non sono aderenti alle normative europee in materia, indipendentemente da criteri di opportunità economica. La nostra esperienza è certificata prima di tutto dalle oltre millecinquecento aziende di diverse dimensioni e categorie che da anni si rivolgono a noi.